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Oltre 3000 chilometri in handbike attraverso l’Arabia Saudita, dal Golfo Arabico al Mar Rosso, nel segno dello sport, dell’inclusione e della ricerca scientifica: è questa l’impresa che Matteo Parsani, docente di Matematica Applicata e Scienze Computazionali – Ingegneria Meccanica alla King Abdullah University of Science and Technology (KAUST), è pronto a compiere. “L’obiettivo è quello di raccogliere soldi per bambini disabili, per fornire loro sedie a rotelle, biciclette per fare attività sportiva, strumentazione per fare riabilitazione”, racconta a 9colonne Parsani, anche lui costretto su una sedia a rotelle a causa di una lesione spinale incompleta seguita a un incidente stradale di cui è stato vittima nel 2017. “Percorrerò in tutto 3028 km”, racconta il professore, che grazie allo sport ha trovato la forza di andare avanti. “Lo sport e i miei bambini, Yara e Thomas, mi hanno salvato”, rivela commosso. Athar - East to West, è questo il nome del viaggio in handbike dello studioso, è un'impresa davvero eroica che inizierà il 17 dicembre: “Percorrerò 150 km al giorno con la mia handbike. Durante questa traversata indosserò dei sensori di nuovissima tecnologia che sono stati sviluppati dai miei colleghi in Arabia Saudita ma non sono ancora commercializzati. Questi sensori manderanno dei dati al dottor Franco Molteni, il direttore clinico del Centro di Riabilitazione Villa Beretta di Costa Magnaga, che li analizzerà”. “Inizialmente avevo pensato di dormire in una tenda, ma le temperature nella zona desertica che attraverserò in questa stagione sono molto rigide, scendono facilmente a 0°, e avrebbero effetti davvero importanti sui dolori neuropatici di cui soffro a causa della mia lesione spinale. E rischierei di tornare a casa dopo solo una settimana. Alla fine dormirò in una roulotte che mi seguirà durante il viaggio”, ci rivela Parsani. L’idea di questa impresa nasce dal desiderio di poter aiutare chi è meno fortunato: “Un giorno ho incontrato una bambina che, vedendomi su questa speciale bicicletta, si è messa a piangere. Mi è stato poi raccontato che veniva da una famiglia povera, aveva perso il papà e una sorellina in un incidente stradale e che un'altra sorella era rimasta sulla sedia a rotelle. Mi sono detto: ho una bicicletta che costa 20.000 dollari, mi siedo su una sedia a rotelle da 10.000 e me la posso permettere per mio il lavoro e l'assicurazione che abbiamo, cosa posso fare per chi è meno fortunato di me? Da lì è partita l'idea di questo viaggio”, spiega a 9colonne. Perché in Arabia Saudita? Perché è il Paese di adozione di Matteo, che dopo aver viaggiato molto per lavoro, ha scelto di mettere radici proprio nel Paese sul Mar Rosso. Dopo aver studiato al Politecnico di Milano, Parsani nel 2006 è andato in Norvegia, a Bergen, per il suo primo dottorato. “Sono però scappato per il clima: lì piove 200 giorni all’anno. Per fortuna la borsa di studio che avevo rifiutato all’Università di Bruxelles era ancora disponibile e così sono volato in Belgio. Dopo i tre anni e mezzo di dottorato, sono partito per l'Arabia Saudita e sono approdato all'Università dove sto anche ora. Nel mezzo però ci ho messo un’esperienza negli Stati Uniti, alla Nasa”. Oltre ad essere docente, Parsani lavora anche per la McLaren. Sono nel team che si occupa della parte aerodinamica della macchina di Formula 1. Sto anche sviluppando algoritmi per la simulazione dello sviluppo di temi tumorali, per vedere come si sviluppano e possono essere curati. Sono stati sviluppati dei virus in laboratorio che vanno ad attaccare non le cellule buone del nostro corpo ma quelle cancerogene e le uccidono. Questi potrebbero essere utilizzati per le cure del futuro. E mi occupo anche di aero-acustica per la diminuzione dei suoni all'interno delle città”. Matteo è molto orgoglioso di essere italiano. Ed è molto orgoglioso della considerazione che all’estero si ha dei nostri connazionali: “La nostra è una nazione piccola ma con tantissima storia e cultura. La preparazione che ci dà la nostra scuola è imbattibile e spero che resterà così anche nel futuro. Le nostre qualità sono molto apprezzate. Incontri tantissimi italiani nel mondo e trovi sempre qualcuno che ha fatto carriera anche all'estero ed è riuscito ad occupare posti apicali. Noi ci mettiamo l'anima e il corpo in quello che facciamo, e quando è il momento di rimboccarsi le maniche e dobbiamo metterci in gioco di certo non ci tiriamo indietro e sappiamo distinguerci in ogni settore”. (tis - 13 nov)