Gino Paoli, il miracolo italiano comincia nel 1958 con “Volare” di Modugno, e finisce nel 1963 con la sua “Sapore di sale”. “La scrissi in mezz’ora, come se qualcuno me la stesse dettando. Erano anni meravigliosi, anche gli operai avevano le 1500 lire per andare alla Capannina, e si pensava sarebbe durata per sempre. Io però vedevo già nuvoloni all’orizzonte”. E il primo segnale della crisi furono le dissonanze di pianoforte inserite da Ennio Morricone nell’attacco della canzone… “Un genio, allora non ancora famoso: per averlo dovetti litigare con la produzione. Ma l’inizio tambureggiante si deve alla chitarra basso del fratello di Little Tony” ricorda in una intervista al Corriere della Sera in occasione della presentazione del suo libro “Cosa farò da grande. I miei primi novant’anni” scritto a quattro mani con Daniele Bresciani che presenta oggi, alle 18, al Maxxi di Roma, con letture della figlia Amanda Sandrelli. Nell’anno in cui uscì la canzone forse più bella mai scritta da un italiano, tentò di suicidarsi… “Avevo tutto, e non sentivo più niente. Le due donne più belle d’Italia, Ornella Vanoni e Stefania Sandrelli, erano innamorate di me. In garage avevo una Porsche, una Ferrari e una Flaminia Touring. Cos’altro potevo avere? Volevo vedere cosa c’era dall’altra parte”. E afferma che il suicidio di Luigi Tenco fu “un colpo di teatro riuscito male: voleva fare come me, spararsi e restare vivo”. “La morte – spiega - non mi fa paura. Il mio amico della vita, Arnaldo Bagnasco, era semmai convinto che fossi depresso per l’incidente stradale in cui era rimasto ucciso un giovane musicista. Io invece penso che la molla decisiva sia stata la guerra… La consuetudine con la morte. Uno dei miei primi ricordi è la fila dei cadaveri allineati sul ponte di Recco. Eravamo sfollati in collina, e da lì assistemmo al bombardamento alleato che rase al suolo Recco, senza abbattere il ponte. Mio padre disse: tanto vale tornare a Genova. Prendemmo il treno, ma sul ponte dovemmo scendere e camminare. Odore di benzina, di ferro, di morte. La fila di gente con i piedi in avanti non la dimenticherò mai”. Nell’intervista diversi gli aneddoti – come quello di Tenco che gli telefonò “solo per dirmi: sono a letto con Stefania” (Sandrelli, ndr). E il legame con la Vanoni (“mi insegnò il sesso”) e la scazzottata con Felice Maniero: “Stava picchiando una donna. Lo fermai, e mi diede un cazzotto perfetto, bellissimo, dritto al mento. A quel punto gli dissi: andiamo fuori e regoliamo la faccenda. Fu arrendevole: ‘Quella donna è mia moglie, mentre ero in galera mi ha tradito con i miei amici. Se ora tu e io combiniamo casini, mi riportano dentro...’”. Obiettai che non poteva picchiare la moglie nel locale dove cantavo io; e finì lì. Ma la voce si sparse, Memo Remigi mi disse: ‘Sei matto Gino a fare a pugni con il capo della mala del Brenta?’. In galera invece sono finito io, ma un’altra volta: picchiai uno che stava bastonando un cane”. (15 dic - red)
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