di Paolo Pagliaro
Il sistema previdenziale italiano è in equilibrio perché l’occupazione tiene e funzionano le barriere contro i pensionsamenti anticipati. Ma è un equilibrio che può reggere solo a patto che le pensioni smettano di essere terreno di conquista di facili consensi e che l’Italia prenda consapevolezza di essere dinanzi alla più grande transizione demografica di tutti i tempi, senza una bussola che indichi la giusta direzione.
Questo dice in sostanza il Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano curato dal Centro Studi Itinerari Previdenziali e presentato oggi alla Camera. Il Rapporto fornisce molti dati e smentisce alcuni pregiudizi. Ad esempio: non è vero che l’onere delle pensioni ricada sullo Stato. Versano più contributi di quello che alla fine ricevono i lavoratori dipendenti, i commercianti, i lavoratori dello spettacolo, i parasubordinati, i liberi professionisti. Nei conti della previdenza obbligatoria c’è sì un disavanzo, ma è dovuto quasi esclusivamente alla gestione dei dipendenti pubblici.
Non è vero neppure che oltre metà dei pensionati non raggiunga i mile euro al mese, perché ogni pensionato riceve in media una pensione e mezza.
Vero è invece che i conti non tornano a causa delle politiche assistenziali, di cui l’Inps si fa carico. Qui non si incassano contributi ma si attinge alla fiscalità generale, cioè alle tasse che tutti dovremmo pagare. Il doeumento presentato stamane dal prof. Alberto Brambilla non propone di tagliare lo Stato sociale ma di arginare sprechi e imbrogli con controlli pù serrati, ad esempio, nei confronti di quei milioni di cittadini che superati i 35 anni di età non abbiano ancora presentato una dichiarazione dei redditi.
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