di Paolo Pagliaro
Di Silvio Berlusconi, nel trentennale della discesa in campo, in queste ore sono stati celebrati i meriti politici, primo fra tutti quello di aver reso possibile la nascita del centrodestra oggi vincente.
Più controverso è il bilancio dei trent’anni in cui il centrodestra creato da Berlusconi si è alternato con il centrosinistra nelle responsabilità di governo, talvolta condividendole.
Ha scritto Federico Fubini che malgrado le migliaia di imprese dinamiche e i milioni di professionisti eccellenti, in questi 30 anni l’Italia ha conosciuto un inesorabile declino economico, scivolando dallo status di Paese avanzato al rango di un Paese a reddito medio.
Le cifre sono eloquenti. Fra il 1995 e il 2023 la quota dell’economia italiana nell’ambito dell’ Unione europea è diminuita del 26% . Nel 1992 il reddito medio per abitante negli Stati Uniti era di appena il 9% sopra a quello dell’Italia, ora è più del doppio: 76 mila dollari contro 34 mila. Sono crollati gli investimenti esteri in Italia e quelli dell’Italia all’estero. Importiamo meno capitali produttivi, meno conoscenze e competenze dei processi e delle tecnologie, meno innovazione. La produttività non cresce: per produrre un bullone oggi occorre esattamente lo stesso sforzo in termini di lavoro e di capitale che serviva nel 1995. Tra tutti i paesi Ocse, il nostro è l’unico in cui i salari reali sono inferiori a quelli di 30 anni fa. In compenso sono aumentate le disuguaglianze tra i redditi e tra le ricchezze. E l’occupazione regge solo perché dilaga il part-time.
La classe dirigente del trentennio, ciascuno per la parte di responsabilità che gli compete, forse dovrebbe delle spiegazioni.