di Paolo Pagliaro
“Secretum”, il titolo del libro che nasce dal dialogo tra Massimo Franco e mons. Sergio Pagano, richiama l’antica denominazione dell’archivio vaticano e ha un evidente appeal commerciale. Ma va detto che questo titolo promette ciò che poi mantiene, perché in effetti il libro pubblicato da Solferino consente di accendere un faro su vicende importanti nella storia della Chiesa e della nostra civiltà, ma anche su pagine oscure e controverse E tuttavia “Secretum” è prima di tutto un saggio sul metodo della ricerca storica. Spiega quanto sia importante lo studio delle fonti, – quello che i tedeschi chiamano Quellenarbeit – per chi voglia occuparsi di storia, per studiarla, insegnarla, o scriverne. Per il vescovo Pagano lo studio delle fonti è decisivo non per un’astratta ragione accademica ma perché – spiega - la storia è verità e a differenza dei vivi le carte dei morti non mentono. C’è da dire che le fonti storiche non sempre – anzi: quasi mai - parlano da sole. Occorre saperle leggere e contestualizzare, ed è quello che sanno fare i migliori studiosi, un’elite a cui appartiene mons. Pagano. E’ stato lui a ricevere nel 1979 da Giovanni Paolo II il compito di studiare le carte del processo a Galileo Galilei per prepararne la tardiva riabilitazione. E lui, successivamente, ha gestito accortamente, senza reticenze né concessioni iconoclaste, il capitolo forse più ingombrante per il Vaticano: il fondo che raccoglie tutta la documentazione su Pio XII, il «pontefice dei silenzi» sui campi di sterminio nazisti. Dalla metà dell’Ottocento, e soprattutto dopo la Prima guerra mondiale, quello racchiuso nei 31 mila metri cubi e negli 86 chilometri lineari dell’Archivio è diventato sempre più un affresco del mondo intero. Scrive Massimo Franco che l’archivio segreto si potrebbe definire una sorta di sconfinato Purgatorio cartaceo, nel quale bene e male convivono, toccandosi e incrociandosi in continuazione nel corso dei secoli. Un giacimento sterminato di informazioni sull’umanità dei potenti e degli umili, sulle loro miserie e sui loro eroismi, sulla santità e la dannazione. Ci sono pergamene, sigilli d’oro e d’argento, ceralacche imperiali, preziosi manoscritti , ci sono i graffiti lasciati dai Lanzichenecchi, proprio come succede oggi con le scolaresche in visita a qualche monumento, ma c’è anche – nei faldoni dedicati alla beneficenza di Pio XII- uno spaccato formidabile della povertà nell’Italia nel dopo-guerra. Ci sono richieste di sussidi, di abiti, di cappotti per l’inverno, di breviari, di Bibbie. E poi ci sono le lettere di Giacomo Leopardi che chiede di non pagare le tasse, le relazioni delle spie antimoderniste sguinzagliate da Pio X, la riprovazione di papa Pacelli per il dongiovannismo di Mozart, le informative di Giulio Andreotti, l’attivismo del cardinale Spellman e l’irrompere della Chiesa americana, con le sue visioni geopolitiche e i suoi dollari, a un certo punto indispensabili persino per organizzare il conclave . È la prima volta che un ecclesiastico con il ruolo unico e cruciale di mons. Pagano accetta di aprire a un giornalista le porte dei sotterranei di un archivio un tempo segreto e ora, in omaggio alla trasparenza, ribattezzato apostolico . E’ una scelta felice, perché Massimo Franco fa buon uso della fiducia accordatagli. I 32 colloqui da cui nasce il libro sono altrettante tappe di un’indagine minuziosa, condotta dall’intervistatore con la sua curiosità informata, e la sua cultura solida e mai esibita. In Italia abbiamo molti misteri ancora irrisolti, molte domande in attesa di risposta. Chissà se l’apertura degli archivi e lo studio delle carte che li contengono ci potrà aiutare a trovarle, queste risposte. Intanto prendiamo atto che il Vaticano ha dato il buon esempio.