di Paolo Pagliaro
Nei prossimi anni tra le famiglie abbienti passeranno da una generazione all’altra 180 miliardi di euro. E da qui al 2033 si arriverà a 300 miliardi. Il dato viene dall’associazione italiana private banking e riguarda le famiglie con una ricchezza finanziaria superiore ai 500mila euro. E’ posseduto da loro un terzo del patrimonio finanziario complessivo. Gli eredi dirotteranno una minima quota di questa ricchezza verso l’economia reale, per il resto – grazie agli investimenti finanziari curati dalle banche – il denaro servirà a creare altro denaro.
Anni fa l’economista Thomas Piketty fece molto discutere con la sua proposta di introdurre un’imposta sul patrimonio, a livello mondiale, per contrastare la crescita della diseguaglianza nella ricchezza. L’imposta di Piketty prevedeva un livello esente, ad esempio fino al milione di euro, e successivamente due scaglioni, con aliquote dell’1% fino a cinque milioni e del 2% dai cinque milioni in su. Niente che potesse mandare in rovina i ricchi, ma abbastanza da rianimare i servizi di welfare.
Come sappiamo l’Italia è tra i pochi paesi in cui le imposte di successione sono irrisorie. Nel resto d’Europa le soglie di esenzione sono di gran lunga più basse e le aliquote più elevate. Nel suo libro “Il capitale nel XXI secolo”, Piketty aveva previsto che la ricchezza passata in eredità avrebbe riacquistando importanza, tornando ai livelli dell’Ottocento. E’ quello che sta accadendo, e non è una buona notizia per chi pensa che la ricchezza debba premiare i più intraprendenti, i più meritevoli e i più utili.