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BARTEZZAGHI: PARLA
DA ‘DONNA DEL POPOLO’

BARTEZZAGHI: PARLA <BR> DA ‘DONNA DEL POPOLO’

“Il linguaggio di Meloni è molto connaturato al suo personaggio e dice schiettezza”, “è il dispositivo che ha sostituito i modi da imbonitore e latin lover del grande federatore precedente”, “viene da lì. Come la modalità truce del modello Papeete di Salvini, che invece si è consumata velocemente”. Un linguaggio da "donna del popolo" che “risulta più efficace del linguaggio attento di Elly Schlein, che proprio perché attento appare paludato. Non è paragonabile ai segretari di un tempo, ma non è diretto come quello della leader di Fratelli d'Italia”. Così Stefano Bartezzaghi, scrittore, professore di semiotica della creatività all'università Iulm di Milano, decodifica in una intervista a La Stampa. Il linguaggio della premier, spiega, “è fatto innanzi tutto della ‘calata’ romana. Al di là di quello che dice, potrebbe leggere anche la Costituzione italiana, il romanesco è il suo tratto distintivo”, romanesco che “è diventato lo stile locutorio dominante in Italia. Tutte le prese in giro dei milanesi che non distinguono tra ‘sticazzi’ e ‘mecojoni’ discendono da questo: è la lingua di Zerocalcare, la lingua franca che tutti devono essere in grado di capire”. Ci sono anche precise scelte lessicali…. “Le parole nazione, patriota, ma direi che questo viene dopo. Prima ancora ci sono il tono e la mimica, le faccette, gli occhi. L'uso teatrale del corpo e della voce di Meloni è inclusivo. Non nel senso femminista o di genere, ma nel senso che si dà l'obiettivo di includere, di coinvolgere più persone possibili”, “a sinistra il famoso ‘ma anche’ di Walter Veltroni voleva essere questo. All'epoca della fondazione del Pd portò polemiche, ma era un intento sano. Solo che lì devi esplicitarlo, assume una forma verbale. In questo caso sono solo ammiccamenti. Quando la premier dice: sì vabbé diciamolo, siamo contro tutti i totalitarismi. Ma col tono di dover adempiere a qualcosa che le viene richiesto. Per non farselo chiedere più. E mentre lo dice, fa capire che le cose non stanno esattamente così”. E aggiunge: “La sua è una modalità da campaigner. Ammicchi e mossette servono nel momento in cui hai bisogno di una posa istituzionale, ma devi anche tranquillizzare i simpatizzanti di Forza Nuova dicendo col corpo: voi sapete chi è la vera Giorgia. Solo che se devi rappresentare tutti gli italiani, devi essere capace di rivestire una doppia identità”. E ricorda il discorso di Onna di Berlusconi: “E’ stato il momento in cui è riuscito a incarnare l'istituzione al di là di tutto quel che era stato fino ad allora. Non c'è ancora stata un'Onna di Meloni. Dovrebbe riuscire a essere schietta anche nel suo profilo istituzionale, ma è lì che le scappa la faccetta”. (30 apr - red)

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