“L’Esercito deve essere rivisto sotto diversi profili. Sono cambiati gli scenari, le minacce e, quindi, le esigenze, anche degli altri Paesi Nato. Vanno rivisti soprattutto i principali sistemi d’arma, potenziati gli strumenti, adeguate le strutture e le procedure d’impiego. Bisogna sbrigarsi, perché non sappiamo cosa accadrà. Mentre politica e diplomazia fanno il loro lavoro, noi dobbiamo impegnarci a farci trovare pronti, sperando di non dover mai entrare in azione: l’Italia deve diventare una nazione con una capacità di deterrenza reale e credibile”. Lo afferma Il generale di corpo d’armata Carmine Masiello, da febbraio capo di Stato Maggiore dell’Esercito - il primo proveniente dai paracadutisti della Folgore – in una intervista al Corriere della Sera, alla vigilia del 163mo anniversario della creazione dell’Esercito italiano, il 4 maggio 1861, nel giorno della cerimonia ufficiale, oggi a Tor di Quinto, a Roma. La guerra in Ucraina, sottolinea, “ha cambiato i paradigmi sul campo: siamo tornati al confronto fra unità meccanizzate e corazzate, all’uso delle artiglierie, carri armati, macchine specializzate per la mobilità e contro-mobilità. Perfino alle trincee. Per noi europei, che veniamo da anni di missioni di pace, è stato dirompente. A ciò si uniscono l’uso massiccio di droni e l’importanza dei nuovi domini, della guerra cibernetica, della disinformazione per orientare le opinioni pubbliche e il morale dei combattenti. Scambiare informazioni con l’Intelligence è fondamentale, bisogna attrezzarsi per i grandi cambiamenti nel modo di combattere”. E aggiunge: “Non siamo in guerra, ma in una competizione ‘sotto soglia’, senza superare mai certi limiti, un confronto ibrido che usa ogni possibilità, non solo militare, per danneggiare alcuni Paesi e agevolarne altri, che possiamo meglio affrontare con un quadro normativo e strumenti giuridici diversi rispetto agli attuali. A oggi però l’organico non è sufficiente, i due scenari di guerra - Ucraina e Striscia di Gaza - ci insegnano che serve la massa, perché le forze si logorano e vanno rigenerate: un problema che si affronta con un incremento anche modesto delle consistenze delle singole forze armate - servono almeno 10 mila soldati in più, come affermato dall’ammiraglio Cavo Dragone, Capo di Stato Maggiore della Difesa -, a cui bisogna inevitabilmente affiancare riserve, per aumentare gli organici all’esigenza”. E sottolinea: “Fra le tecnologie più urgenti quelle sull’integrazione delle capacità collegate al dominio cibernetico e alla gestione dello spettro elettromagnetico per consentire alle nostre unità di essere protette dalla minaccia proveniente dalla terza dimensione, con droni e munizioni ‘intelligenti’: noi la chiamiamo ‘bolla tattica’. Ma penso anche alla difesa aerea del territorio nazionale, come in Israele”. (3 mag - red)
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