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direttore Paolo Pagliaro

“RARA AVIS”: l’alta moda che s’ispira ai volatili

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

“RARA AVIS”: l’alta moda che s’ispira ai volatili

Si è alzato il sipario, dallo scorso 24 aprile, su “RARA AVIS - Moda in volo alle Uccelliere Farnesiane”, l’elegante mostra a cura di Sofia Gnoli allestita presso le Uccelliere Farnesiane, sul Palatino a Roma negli Orti Farnesiani, con l’organizzazione e la promozione del Parco archeologico del Colosseo. Abiti e accessori, esempi unici di haute couture provenienti dagli archivi delle più celebri maison di moda al mondo, verranno esposti fino al 21 luglio in uno dei luoghi più simbolici della Roma rinascimentale e barocca. Il percorso della mostra si snoda all’interno di due padiglioni ed è suddiviso in tre sezioni: “Il Mito”, “Caleidoscopiche Visioni” e “Le ALI, irreALI, reALI. La alata fantasia della ‘mitica’ Anna Piaggi”. Abiti piumati e accessori uccello fanno parte di un lessico allegorico dai molteplici significati, simbolo di contrastanti allusioni – paura, bellezza, prigione e libertà – che ha incantato nei secoli artisti e scrittori, scultori e fashion designer. Pappagalli, aquile, struzzi e pavoni hanno periodicamente affascinato cavalieri e regine, principesse e muse del gusto. Un esempio del Settecento è la regina Maria Antonietta, giocosamente soprannominata da suo fratello Joseph “Testa di piume”, che sfoggiava le sue altissime acconciature con uccellini imbalsamati e piccole gabbie create da Léonard, il suo parrucchiere personale. La mostra si rifà a questo immaginario attraverso uno stupefacente percorso che fa dialogare il mondo umano con quello animale. Da Christian Dior a Givenchy, passando per Dolce&Gabbana, Thierry Mugler, Donatella Versace, Jean-Paul Gaultier e Tiziano Guardini (a cui si aggiungono gli accessori “aviari” provenienti dall collezione di Anna Piaggi), sono tanti i grandi nomi della moda presenti nell'esposizione. La mostra, inoltre, è accompagnata da un catalogo edito da Marsilio Arte dove, accanto al testo di Sofia Gnoli, sono presenti saggi di Emanuele Coccia, Karen Van Godtsenhoven, Peter McNeil, Natsumi Nonaka e Simona Segre Reinach. “La nuova mostra in programma, ancor più che in altri casi, conferma la volontà del Parco archeologico del Colosseo di vivificare i suoi importanti complessi architettonici con eventi culturali che traggano la loro ispirazione dal genius loci, in dialogo con le energie creative che progressivamente emergono dalla società civile. Una successione di straordinari abiti-uccello e accessori piumati anima, infatti, sul Palatino, le Uccelliere Farnesiane - spiega Alfonsina Russo, direttore del Parco archeologico del Colosseo - Grande attenzione è stata riservata, oltre che alla scelta degli oggetti, anche all’allestimento della mostra, che è immersivo con proiezioni di un paesaggio idilliaco, dei suoni e dei rumori della natura per la voliera che ospita la sezione Caleidoscopiche Visioni e la simulazione di tuoni e lampi nell’altra per la sezione Il Mito”. “Proprio come due Wunderkammer, le stanze delle meraviglie, che tra il Cinquecento e il Seicento ospitavano rarità naturali e artificiali - aggiunge la curatrice Sofia Gnoli - le Uccelliere accoglie abiti visionari e accessori nati dalle idee di designer internazionali. Vorremmo far vivere ai visitatori un’esperienza di stupore, come se si immergessero in un piccolo cosmo strabiliante, in cui c’è una corrispondenza tra uomo e animale, per guardare più lontano, al rapporto stesso con la natura”. (gci)

AL BIOPARCO DI ROMA L’ESPOSIZIONE SU NUMERO AUREO E ANIMALI

Il Bioparco di Roma diviene il luogo dove la “natura” diventa “cultura”. "Arte e matematica al bioparco. Il Numero Aureo negli animali" è la mostra, a cura di Antonino Zichichi e Victoria Noel-Johnson, che racchiude 33 opere d’arte (dipinti, sculture, lavori su carta, fotografie e installazioni) di 11 artisti italiani contemporanei, allestite nel giardino zoologico della Capitale dallo scorso 24 aprile fino al 31 luglio. Un luogo che, oltre a contribuire alla conservazione delle specie animali in pericolo di estinzione, “promuove azioni di sensibilizzazione e di educazione sull’importanza della biodiversità e del rispetto per gli animali e per l’ambiente”, sottolinea Paola Palanza, presidente della Fondazione Bioparco di Roma evidenziando che nelle opere esposte (di Vito Bongiorno, Bruno Ceccobelli, Valentina De Martini, Massimiliano Di Giovanni, Danilo Mainardi, Umberto Mastroianni, Elena Pinzuti, Oliviero Rainaldi, Maurizio Savini, Giovanni Tommasi Ferroni e Ortensio Zecchino) è possibile scoprire cosa attrae nelle forme degli animali e cosa, quindi, si percepisce come “bello”: “Arte, matematica e natura creano qui al Bioparco di Roma una visione d’insieme emozionante e intensa, che permette di riallacciare un legame più stretto e consapevole con gli animali e con noi stessi, come parte integrante dell’immensa opera d’arte che è il mondo naturale”. “Il mondo naturale contiene molti tipi di modelli che a volte sono modellati matematicamente. A questo scopo, i modelli naturali includono simmetrie, alberi, spirali, onde, schiume, tessellazioni, crepe, macchie e strisce. Una funzione chiave dei modelli animali che si sono evoluti nel tempo è il mimetismo, al fine di aumentare il tasso di sopravvivenza per riprodursi, così come la segnalazione”, spiega la curatrice Victoria Noel-Johnson. Ma cosa ha a che fare la matematica con la natura e con l’arte o con la nostra percezione della bellezza? La risposta la fornisce “il numero aureo”, una regola geometrica che, come spiega Antonino Zichichi, è un numero che si approssima a 1,618, un rapporto tra lunghezze, conosciuto fin dall’antica Grecia ed espresso nella successione di Fibonacci e nella spirale logaritmica. È presente ovunque in natura. “Nella Cultura Occidentale, partendo da Fidia e dal Partenone - spiega lo scienziato nel catalogo della mostra - la sezione Aurea e il Numero Aureo sono presenti, consapevolmente o inconsapevolmente, in celeberrime opere. Nel Rinascimento, dopo la riscoperta di Fibonacci, fu simbolo di perfezione estetica da utilizzare in architettura e nell’arte con, tra gli altri, Leonardo da Vinci (1542-1519) e Albrecht Dürer (1471-1528). Il Numero Aureo sta in molte figure geometriche rendendole Auree. Lo abbiamo tra l’altro nell’architettura ottagonale di Castel del Monte. Il rapporto Aureo entra nel pentagono che è Aureo in quanto il lato della stella e il lato del pentagono sono nel rapporto del 38% e 62%, come vuole il Numero Aureo”. Infatti, Fibonacci “nel 1226 incontra a Pisa Federico II di Svevia” che poi fa costruire Castel del Monte, come ricorda ancora Zichichi “e integra la nuova edizione del ‘Liber Abaci’, il suo capolavoro e fondamento della matematica occidentale, sulla base dei quesiti dibattuti con l’Imperatore”, “il rapporto Aureo, la Frazione Aurea, il Numero Aureo sono tutte e tre queste cose la stessa cosa, e cioè un numero che, espresso con due sole cifre, è 1,6. Questo rapporto Aureo (che, nel Rinascimento diventerà addirittura divino) è in ciascuno di noi, Leonardo da Vinci lo affermò con decisione”. E quindi il numero aureo è anche negli animali e nell’arte. “Il matematico britannico del XX secolo, Alan Turing - ricorda Victoria Noel-Johnson - con la sua ricerca, è stato in grado di prevedere meccanismi di morfogenesi (un sistema di reazione-diffusione che crea spontaneamente modelli maculati o striati) che danno origine a modelli di macchie e strisce come visto nella simmetria bilaterale delle strisce di una tigre. Tale simmetria bilaterale è splendidamente resa nelle opere audacemente colorate di Valentina De Martini, Tigre gialla (2022, cm 180 x 140) e Zebra verde (2022, cm 180 x 140). Il ritmo dinamico del movimento di un animale è anche evidenziato da diverse opere esposte. Il grande trittico fotografico in bianco e nero di Ortensio Zecchino, Il volo dell'aquila (2024, cm 60 x 170), in parte rende omaggio allo studio di Leonardo sul volo degli uccelli, mentre 'Gnoseologia Documenta' di Elena Pinzuti (2014, cm 140 x 110) cattura l'ampiezza e la profondità della bellezza del volo nella natura con questa gamma caleidoscopica di diversi uccelli”. (redm)

STREET ART, A JESOLO L’ESPOSIZIONE “BANKSY&FRIENDS: L’ARTE DELLA RIBELLIONE”

La ribellione della street art è arrivata a Jesolo. Dallo scorso 24 aprile fino al 15 settembre la cittadina veneta accoglierà nelle sale del neonato JMuseo una mostra unica nel suo genere: “Banksy&Friends: l’arte della ribellione”, esposizione che racconta la contemporaneità attraverso gli occhi di alcuni tra i più influenti artisti viventi. Con le sue circa 90 opere, la mostra rappresenta una summa di quella che è l’arte contemporanea oggi, presentando al pubblico i lavori di artisti amatissimi come Banksy, Jago, TvBoy ma anche di altri nomi celebri e conosciuti a livello internazionale: da Liu Bolin, David LaChapelle, Takashi Murakami, Mr Brainwash e Obey fino ai noti italiani Angelo Accardi, LAIKA, MaPo, Laurina Paperina, PAU, Nello Petrucci, Andrea Ravo Mattoni, Rizek e Giuseppe Veneziano. Tutti protagonisti di un’arte pubblica e sociale che è diventata ormai un linguaggio accessibile, diretto e di denuncia, in cui lo spettatore può immedesimarsi, perché le loro opere parlano di una realtà contemporanea che appartiene a tutti. Curata da Piernicola Maria Di Iorio e con circa 90 opere, la mostra racconta storie “controcorrente” di vita, di morte, di ingiustizia sociale e di guerre, narrate ora con spirito canzonatorio, ora con maestria lirica o anche con un deciso tono di attacco. Tali artisti hanno creato una rottura con i riferimenti classici del mondo dell’arte e della sua fruizione, rifiutando di entrare a far parte di un sistema chiuso ed escludente. Ironia della sorte, questi artisti ribelli con le loro opere e la narrazione che li identifica sono diventati molto ricercati e attualmente sempre più centrali nell’interesse del pubblico, dei musei e dei centri d’arte contemporanea. La mostra è prodotta dal Comune di Jesolo e organizzata da Piuma e Arthemisia. (redm)

“VORREI SCOLPIRE L’UNIVERSO”: A GALLARATE (VA) LE OPERE DI VITTORIO TAVERNARI

Un'occasione unica per scoprire le opere di un grande scultore italiano. Dallo scorso 28 aprile fino al 1° settembre, il MA*GA di Gallarate (VA) presenta l’importante acquisizione dell’Archivio, della Biblioteca e di alcune opere di Vittorio Tavernari, uno dei più importanti scultori italiani del secondo Dopoguerra, avvenuta grazie al finanziamento della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura attraverso il bando PAC – Piano per l’Arte Contemporanea 2023, vinto dal Museo MA*GA. La mostra, dal titolo “Vittorio Tavernari. Vorrei scolpire l’universo”, è curata da Emma Zanella e Alessandro Castiglioni ed è parte del programma espositivo di Italia 2050, Centro di ricerca per l’arte italiana 1950-2050, fondato dal MA*GA nel 2023. La volontà di valorizzare il patrimonio di uno dei più significativi scultori italiani del XX secolo ha portato al progetto di acquisizione di un corpus preziosissimo, dall’aprile 2024 conservato nei depositi del MA*GA, costituito da lettere autografe, da fotografie e lastre fotografiche, dal catalogo delle opere e dalla bibliografia completa dell’artista, dalla biblioteca personale, oltre a un prezioso fondo di lavori che l’artista ha sempre tenuto per sé. Tra le lettere e nelle pubblicazioni compaiono alcune tra le voci più prestigiose della critica italiana, tra cui Francesco Arcangeli, Carlo Ludovico Ragghianti, Marco Valsecchi e Mario De Micheli. La mostra, il cui titolo ricalca quello di un articolo scritto dallo stesso Tavernari sulla rivista “Epoca” nel 1951, propone opere e documenti parte dell’Archivio che approfondiscono alcune iniziative nazionali e internazionali cui l’artista partecipò da assoluto protagonista, portando il suo linguaggio in dialogo con le dinamiche e le trasformazioni culturali della propria epoca. Vittorio Tavernari (Milano, 1919 - Varese, 1987) è tra gli autori più rilevanti della cultura artistica italiana del secondo Dopoguerra, fondatore con Birolli, Morlotti, Guttuso e Testori della rivista “Numero” e firmatario, nel marzo del 1946, del celebre "Manifesto del Realismo", indicato comunemente come “Oltre Guernica”, documento centrale della storia dell’arte italiana. Amplissima è stata la sua storia espositiva e il suo successo critico. Nel 1964, dopo diverse partecipazioni, ha una sala personale alla XXXII Biennale di Venezia. Nel 1969 una grande mostra personale viene ospitata dal PAC di Milano e 1973 una prestigiosa antologica al Museo Rodin di Parigi. Numerose le partecipazioni a mostre collettive tra cui si ricordano quelle presso il MoMA di New York, l’Hanoke Open Air Museum in Giappone, il Museo di Arte Moderna di Città del Messico, l’Alten Museum di Berlino e la Pinacoteca Nazionale di Atene. Le sue sculture sono presenti in importanti collezioni museali, tra cui si ricordano, oltre al MA*GA di Gallarate, Mambo di Bologna, Peggy Guggenheim Collection di Venezia e Musei Vaticani. Muore a Varese nel 1987. (gci)

TRA ARTE E PAESAGGIO: A MILANO LE NUOVE TELE DI RICHARD HEARNS

Un’opportunità da cogliere per scoprire l’arte di Richard Hearns grazie a un corpus di nuove tele che riflette sulla poeticità del paesaggio tra Libano e Irlanda. Cadogan Gallery ha annunciato “The Living Mountain”, mostra dell’artista libanese di base in Irlanda, che dal 14 maggio al 27 luglio presenterà nella sede milanese della galleria una serie inedita di lavori ispirati ai paesaggi selvaggi del Burren National Park della contea di Clare (Irlanda). Nelle sue tele Hearns si ricollega al concetto di genius loci, associandolo a entrambi i luoghi che hanno influenzato la sua vicenda biografica. La serie “The Living Mountain” è l’estensione idilliaca di paesaggi reali, virati all’astrazione grazie all’uso espressionistico del colore. Non vedute dirette della realtà quindi, ma impressioni ricreate attraverso il filtro dell’esperienza e della memoria. “La mia doppia eredità culturale ha influenzato e ispirato notevolmente i miei dipinti - afferma l’artista - Gli irlandesi hanno sempre avuto una prospettiva rivolta verso l'esterno e un'identità unica nel mondo. Allo stesso modo, nel corso della storia, il popolo libanese ha percorso grandi distanze per esplorare, imparare, commerciare e crescere”. (gci)

NELLA FOTO. Giovanni Gastel, Zeus in forma di cigno e Leda, 1990/2017, Milano, 104 x 84 cm

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