di Paolo Pagliaro
Sbaglia chi dice che l’ascensore sociale è bloccato. La verità è che si è rimesso in moto, ma verso il basso. Questo racconta il rapporto sul ceto medio realizzato dal Censis per conto della Cida, la Confederazione dei Dirigenti. Sulla definizione di ceto medio ci sono opinioni discordi. Secondo l’Ocse il criterio è il reddito, secondo il Censis prima ancora che una condizione materiale, l’appartenenza al ceto medio è una questione di status sociale percepito. E’ un’appartenenza dichiarata dal 60,5% degli italiani, ed è del loro umore nero che si occupa il rapporto presentato oggi. La notizia è che mentre in passato essere di ceto medio significava sentirsi parte di un movimento collettivo di ascesa verso livelli più alti di benessere, oggi invece prevale il timore del declassamento. La maggioranza dice che il proprio tenore di vita sta calando, tre su quattro sono convinti che le generazioni future staranno peggio di quelle attuali.
Il tutto ha a che fare con il rallentamento dell’economia, con errori politci e con pigrizie culturali. Otto su 10 dicono di sentirsi danneggiati dall’evasione fiscale, ma una percentuale analoga vorrebbe una fiscalità meno arcigna con chi crea impresa e lavoro. In una società in cui si vive sempre più al lungo, appare assurdo il pensionamento di milioni di persone capaci. Andrebbero premiate anche dal punto di vista salariale figure che tengono in piedi il sistema, come i dirigenti scolastici e i medici del servizio sanitario.
La lettura del rapporto è consigliata a tutti quei politici che corteggiano il centro, avvertendoli che lì rischiano di non trovare più nessuno.
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