Soddisfazione, a ferragosto, del ministro dell’interno Piantedosi sul calo dei migranti sbarcati sulle nostre coste nel 2024 (37.818 alla data del 17 agosto a fronte dei 101.637 dello stesso periodo del 2023 e dei 48.940 del 2022) con un aumento di circa il 20% dei rimpatri (non vengono specificati quanti “volontari assistiti” e quanti “forzosi”). Non si può, tuttavia, non sottolineare che il calo degli sbarchi è in gran parte attribuibile alla linea di rigore adottata dalla Libia e dalla Tunisia,da dove salpano le imbarcazioni con il maggior numero di migranti ( ben 5.114 i tunisini sbarcati quest’anno), paesi ai quali nel corso dell’ultimo decennio i nostri governi hanno donato, per “trattenere” a tutti i costi i migranti, centinaia di milioni di euro in motovedette, equipaggiamenti vari, apparecchiature informatiche, fuoristrada, visori notturni, persino sacche per cadaveri oltre a garantire corsi di formazione per gli addetti alla sicurezza.
Ed il ”trattenimento” (in realtà è detenzione in centri disumani) si è in parte realizzato con il blocco delle partenze di migranti dalla Libia - 12.548 nel 2024 al 31 luglio- e dalla Tunisia -con 46.030 nello stesso periodo- secondo notizie non verificabili fornite dalle autorità dei due paesi. Altre decine di migliaia di stranieri ( fonti dell’intelligence europea presenti nelle aree, parlano di oltre mezzo milione) cercano dove nascondersi in attesa di trovare trafficanti che stanno praticando prezzi sempre maggiori per la traversata in mare. Trafficanti sui quali l’attenzione degli apparati di sicurezza è sostanzialmente pari a zero anche perché, lo ricordiamo, gli “affari” sono gestiti dai capi tribù locali dei vari paesi interessati dai flussi, in combutta con politici corrotti e con spezzoni delle forze di polizia che chiudono un occhio in cambio di denaro.
Anche dalla Turchia che in un recente passato aveva ricevuto dall’UE ingenti quantità di denaro per bloccare ( riuscendoci) gli stranieri diretti sulla rotta balcanica, negli ultimi tempi sono riprese le partenze dalle loro coste: in prevalenza si tratta di siriani, pakistani, eritrei. Il fenomeno assumerà dimensioni ancora maggiori nei prossimi anni con possibili ripercussioni sociali perché non ci saranno espulsioni e rimpatri che tengano per alleggerire l’impatto su tutto il Continente europeo ( e non solo da noi come rilevato negli ultimi giorni con molti africani irregolari bloccati persino in Messico al confine con gli USA). Rimpatri che riescono difficili con i paesi di provenienza degli stranieri per la mancanza di accordi politici- E e a ben poco servono in questa materia le “intese”,gli “accordi tecnici”, i “memorandum”. Le “novità sui rimpatri” annunciate nel settembre 2019 dal Ministro degli Esteri del tempo dopo il “preaccordo” firmato a Malta sulla redistribuzione automatica ( mai effettuata) dei migranti soccorsi in mare è rimasta sconosciuta ed i rimpatri sono di non facile attuazione perché necessitano del “riconoscimento”, spesso difficoltoso, dello straniero da parte dell’autorità consolare del paese di provenienza senza contare i limiti precisi per l’uso coercitivo della misura del rimpatrio fissati dalla direttiva 2008/115/CE, misura che va adottata “caso per caso” ( come ricorda il “sesto considerando” della citata direttiva), non limitandosi a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare ma valutando anche il rispetto dei diritti fondamentali della persona.
Sette anni fa , con l’obiettivo di aumentare i rimpatri, con il decreto legge 2017/13 fu deciso l’ampliamento della rete dei Centri per il rimpatrio (Cpr) su tutto il territorio nazionale ( centri di capienza limitata, cento posti ciascuno), prevedendo una spesa di 13 milioni di euro. La realtà è che da allora ne sono stati attivati soltanto due (nessuno li vuole nel proprio territorio) in aggiunta ai cinque già attivi con una capacità ricettiva totale di circa 800 posti mentre l’obiettivo dichiarato era di arrivare a 1.600 . I rimpatri effettivi, da anni, si aggirano mediamente intorno al 50% degli stranieri che transitano nei Cpr e nel 2024, alla data del 31 luglio, sono stati 3.079 a fronte dei 4.751 dell’intero 2023 e dei 4.304 del 2022. Il Cpr e l’hot spot italiani sono in fase finale di attivazione in Albania sulla scorta di un accordo con quel Paese del novembre 2023 per la gestione dei migranti soccorsi nel Mediterraneo da navi italiane. Ma la prospettiva è quella di un grande spreco di denaro pubblico e di una violazione del principio di uguaglianza e del diritto di asilo, tutelati da norme di diritto interno e internazionale.