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direttore Paolo Pagliaro

GAZA, IEZZI (MSF): MAI
VISTE FERITE COSI’

GAZA, IEZZI (MSF): MAI <BR> VISTE FERITE COSI’

Un “numero enorme di bambini in età compresa tra i due/tre anni e i quindici metodicamente colpiti da proiettili singoli alla testa o al collo. Vediamo i fori di entrata nel cervello. Neppure tra gli orrori della guerra civile siriana ho mai incontrato qualche cosa di simile”, “una media di 4 al giorno” e “mai visto ferite tanto gravi e una situazione umanitaria così tragica come a Gaza. Lavoro come chirurga per Medici senza frontiere da una decina d’anni, sono stata in posti caratterizzati da emergenze estreme come Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia, o Haiti, eppure qui a Dir el Balah è peggio di tutti”: Lo afferma in una intervista al Corriere della Sera Federica Iezzi, 40 anni, abruzzese, ora all’ospedale di Dir el Balah circondato dai carri armati. L’Onu interrompe le attività di assistenza. Sembra che le zone dove voi operate siano al centro dei combattimenti con Hamas…. “La situazione è degenerata da sabato, quando gli israeliani hanno cominciato a restringere la quarantina di chilometri quadrati della cosiddetta zona umanitaria, dove al momento sono concentrate oltre un milione e 600 mila persone sfollate. La strategia israeliana pare volere schiacciare tutti verso il mare”, “nell’ultima settimana i bombardamenti sono cresciuti d’intensità e si sono fatti sempre più vicini al nostro, che ormai è l’unico ospedale funzionante nelle zone centrali della Striscia. Domenica alle 18.30 la terra ha tremato molto forte e la gente spaventata ha iniziato volontariamente a partire verso Khan Younis più a sud e in direzione della spiaggia, che è già coperta di tende. Avevamo oltre 600 pazienti in cura, sono rimasti meno di cento. Ho visto ieri uno per uno i casi gravi che non possono lasciare: amputati, feriti alla testa, pazienti in terapia intensiva, bambini, donne con ferite penetranti all’addome”.  E cita il caso di Majid, 6 anni, che viveva in una tenda alla periferia di Dir el Balah: “Era fuggito dal Nord nei mesi scorsi con i membri rimasti della sua famiglia, tanti erano morti nelle prime settimane di guerra. Tra i parenti stretti era vivo solo il padre. Majid è stato raccolto moribondo davanti alla sua tenda e portato da noi su un carretto trascinato da un asinello. Era insanguinato, sporco. Credevamo avesse parecchie ferite. Ma poi abbiamo trovato solo un netto foro di entrata alla testa, non c’era quello d’uscita. In genere questi proiettili esplodono nel cervello. Majid è rimasto in coma per poche ore e poi non ce l’ha fatta. Noi non siamo attrezzati per operazioni così complesse”. E mancano sia antidolorifici che anestetici: “I bambini sono traumatizzati quando li medichiamo senza lenire il male. E lo restano per tutta la vita. Ma gli israeliani impiegano in genere due mesi per farci arrivare ciò che chiediamo”. (28 ago - red)

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