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PADERNO, PSICHIATRA:
INVIDIA PER FELICITA’ PADRE

PADERNO, PSICHIATRA: <BR> INVIDIA PER FELICITA’ PADRE

Nella vicenda di Paderno Dugnano “quello che fa più paura è il funzionamento a camere stagne. Viviamo in una società in cui esiste la realtà rappresentata, mostrata all’esterno, e poi c’è quella più intima, profonda, in cui magari, come in questo caso, si cova l’odio e la frustrazione e in cui regna la solitudine”. Lo afferma Claudio Mencacci, past-president della Società Italiana di Psichiatria, in una intervista al Corriere della Sera. “C’è una distanza immensa tra i due mondi che rappresentavano la vita del ragazzo: quello con gli amici, in cui emergevano atteggiamenti e sentimenti positivi, e quello vissuto in famiglia in cui è evidente un distacco emotivo, un’anestesia affettiva che, come emerge dal primo interrogatorio, non avrebbe portato a parole di pentimento ma alla constatazione che nonostante il gesto estremo non fosse ‘scomparso il disagio’. Si sentiva non solo un corpo estraneo nel suo mondo familiare, ma anche pieno di rancore”. La rabbia è sfociata il giorno dopo il compleanno del padre… “Probabilmente il giovane ha covato una sorta di invidia maligna, un risentimento che si genera verso la felicità e la serenità di un’altra persona, in questo caso il proprio nucleo familiare. Possiamo immaginare che per lui sia stato insopportabile vedere la felicità negli altri ma questo avviene, senza arrivare al dramma di Paderno, in tante famiglie. È un sentimento diffuso in una società come la nostra, sempre più individualista e meno empatica”. Il 17enne famiglicida, aggiunge, “è rimasto fissato nell’idea che la sua libertà potesse partire solo dalla distruzione di tutto. Questo mi porta a una riflessione amara su una generazione di genitori che non facilita il distacco e l’autonomia dei figli, allungando la sua mano protettiva ben oltre l’adolescenza”. Inoltre lo psichiatra sostiene che i social ed i mezzi digitali sono colpevoli di “normalizzare” l’orrore: “Amplificano i sentimenti più negativi: rabbia, odio, discriminazione. Questa continua sovrapposizione tra reale e virtuale genera nei ragazzi confusione, alimenta l’impulsività e favorisce la desensibilizzazione verso qualcosa che dovrebbe farci orrore”. (4 set - red)

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