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Le riflessioni di Vasco Brondi
chiudono il Trentodoc

Le riflessioni di Vasco Brondi <br> chiudono il Trentodoc

Riflessioni, cultura, emozioni nell’intervista di Roberta Scorranese al cantautore che ha presentato al pubblico della kermesse il suo nuovo album “Un segno di vita”. Un’occasione per conoscere un artista completo nel suo viaggio attraverso la musica. “Spesso per fare un disco è bene arrivare sempre più nel profondo, togliendo strato dopo strato. Nel mio ultimo progetto ho cercato di lavorare con la canzone pura e con sonorità più semplici, riducendo il superfluo, anche nelle parole”. “In una società cosi secolarizzata, la musica sembra essere uno degli ultimissimi riti che ci rimangono, perché ha a che fare con il mistero, che fa parte dell’uomo da sempre. L’arte e gli artisti possono quindi essere anticorpi della società in questa corsa senza senso verso la continua ricerca di necessità e ambizioni”.  Brondi spiega come sia importante per un’artista avere una propria traiettoria, anche nel pop, come hanno fatto i grandi artisti a cui lui si ispira. Come Battiato, che per primo ha inserito nei suoi pezzi parole, riflessioni e luoghi che non erano mai entrati nelle canzoni prima di lui, in un grande lavoro di sperimentazione che ha allargato i confini della musica. Ma anche De Andrè, De Gregori, i CCCP. Nel “piccolo manuale di pop impopolare” che accompagna il disco, va oltre il confine delle canzoni, dando spazio al contesto in cui sono nate, alle esperienze fatte, ai luoghi vissuti. “La musica – spiega autocitando un suo precedente album – continua ad essere un talismano per affrontare tempi incerti e scrivere per me è un modo per mettere in ordine nel caos dell’universo, per avere notizie di me senza saperlo”. 

Per il cantautore le canzoni rappresentano una sorta di esperimenti con la verità. Forse anche per via del suo approccio alla musica: partito come autodidatta, senza conoscere in maniera approfondita la materia, ha naturalmente infranto le regole, ma senza superbia. Ora, che queste regole le conosce meglio, quando si accorge che rischia di entrare in meccanismi automatici di scrittura, si ricorda di rifarsi sempre alla verità. Quella verità – specifica – che ti fa tremare le voci mentre la esprimi, perché parte davvero dal tuo profondo. Diverse le riflessioni anche sul tema della natura e sul rispetto del pianeta, che lui cerca di raccontare senza fronzoli e mettendo in discussione la visione antropocentrica dell’uomo, che spesso distorce le valutazioni, come quando ci si sente soli in un posto pieno di vita come il bosco, solo per l’assenza di segnali di passaggio umano. Un’occasione per ribadire come bisognerebbe osservare di più la natura per rimettersi nella giusta proporzione riconoscendo la propria fragilità e il fatto che in fondo siamo solo “esseri di passaggio”. 

In conclusione, una carrellata di pezzi dal suo ultimo album, a partire proprio dal pezzo “Un segno di vita” che dà il nome all’opera.

(© 9Colonne - citare la fonte)