di Paolo Pagliaro
Quando Google nacque il suo motto era “Don’t Be Evil”, non essere cattivo. Un giorno però il celebre motto venne sostituito con una frase meno impegnativa: “do the right thing”, fai la cosa giusta. Ora pare che l’unica cosa giusta, per le aziende della Silicon Valley, sia quella di fare quattrini. In questi giorni sono stati resi noti i bilanci di Google, Amazon, Apple APOL, Meta,Microsoft e Netflix. Insieme, nel terzo trimestre, hanno fatturato 490 miliardi di dollari e ne hanno guadagnati 100.
La Silicon Valley era un’utopia, oggi è diventato un incubo, scrive Pietro Minto su Rivista Studio in un’inchiesta che analizza la metamorfosi delle icone di internet, e di uno spirito libertario immolato sull’altare del massimo profitto.
I buoni rapporti con chi detta le regole del gioco sono indispensabili per il successo degli affari. Il governo degli Stati Uniti, ad esempio, deve decidere se smantellare Google per porre fine al suo monopolio nelle ricerche online. Quanto ad Amazon, gran parte dei suoi interessi commerciali si basa su contratti governativi. E’ poi comune a tutte l’interesse a mantenere inalterato quel corpus di norme che le solleva da ogni responsabilità per i contenuti che le loro piattaforme veicolano. Questo spiega perché - a parte i grandi sponsor come Bill Gates da un parte e Elon Musk dall’altra - molti manager e azionisti della Silicon Valley abbiano deciso di non schierarsi durante la campagna elettorale. E spiega anche perché Jeff Bezos, il proprietario di Amazon, abbia scelto di non schierare per la prima volta il suo Washington Post, tradizionale sostenitore dei candidati democratici. Il giornale ha perso 200 mila abbonati in poche ore, ma Bezos sa di aver fatto la cosa giusta.