“Nel 1998 decisi di organizzare un concorso locale invitando i filmmaker locali ad inviare i loro lavori. iniziammo con un budget di 15mila lire. Non 15mila euro, proprio 15.000 lire che servirono per i volantini pubblicitari… Ci consegnarono a mano 6 videocassette in vhs. Poi pensai che sarebbe stato bello far diventare il festival nazionale e poi internazionale. All’epoca non c’era la comodità di Filmfreeway… Scrissi delle lettere inviando il nostro dépliant ad indirizzi di registi che trovai in un catalogo di altri festival. E così ci arrivarono per posta le prime videocassette dall’estero, anche da oltreoceano. Nelle successive edizioni ci cominciarono ad arrivare i dvd. E per fortuna! Perché oggi, dopo 26 edizioni, con le 4mila opere di oggi candidate da circa 150 nazioni, ci vorrebbero 50 stanze per contenere le versioni in vhs”. Ermete Labbadia è la dimostrazione che la passione corre veloce se ha solide basi nella pragmatica disciplina e nella pazienza. Anche e soprattutto in un piccolo borgo del centro Italia, 4mila anime, case di pietra e chiesette, una piazzetta incentrata sul murmure di una fontana e delle voci dei paesani seduti fuori dai loro usci, incastonato nel parco naturale dei Monti Aurunci, tra lussureggianti sugherete che furono un tempo regno di briganti, affacciato sulla pianura che si tuffa nel mare della riviera di Ulisse. Senza queste sue doti l’oggi direttore artistico di “Inventa un film”, dalle forti radici lenolesi, non avrebbe probabilmente permesso alla sua creatura di crescere fino a diventare non solo il più antico festival di cortometraggi in Italia (e quello con più sezioni competitive, ben 21, di cui 17 dedicate all'audiovisivo e tre alla letteratura) ma anche la ribalta per antonomasia dei talenti emergenti della settima arte. Dopo essere stati qui in concorso sono emersi nomi di autori oggi affermati: da Edoardo De Angelis a Susanna Nicchiarelli, da Sidney Sibilia ad Edoardo Leo, da Matteo Rovere a Gabriele Mainetti, a Piero Messina. Stupisce pensare che nel quartier generale del festival, a piazza Pandozj, nel cuore silenzioso di questo borgo sospeso nel tempo arrivino migliaia di opere da tutto il mondo. “Si dice che il Festival di Lenola porti fortuna – racconta Labbadia nella videointervista ‘Ciak, Azione’ dell’agenzia di stampa 9colonne -. Ma non è tanto una questione di fortuna ma di premiare chi merita, autori preparati, una vera gavetta alle spalle. Poi ci sono tante opere di qualità che non riescono ad arrivare nelle sale cinematografiche a causa della distribuzione. Purtroppo tenere un film a lungo in sala è solo una questione economica non di qualità ed ecco perché la nostra sezione di lungometraggi si chiama ‘Oro invisibile’ per promuovere le opere di valore che non arrivano in modo adeguato all’attenzione del pubblico. Ecco perché sarebbe importante fare in modo che la tv trasmetta i lungometraggi e cortometraggi più interessanti del nostro cinema seguiti da una intervista a registi ed attori. Sarebbe un modo per aumentare le presenze in sala, educando al contempo i gusti del pubblico, che magari sa tutto dei cantanti al festival di Sanremo e nulla dei nostri registi più talentuosi. E, in questo senso, appoggio la proposta di introdurre nelle scuole un’ora di storia del cinema, come accade per quella di religione” sottolinea Labbadia, seduto nella platea del cinema locale intitolato alla memoria di Pietro Ingrao, che nacque e visse fino alla morte a Lenola, nella casa di famiglia posta lungo la suggestiva scalinata della pace (con mosaici da tutto il mondo) che conduce al santuario intitolato alla Madonna miracolosa del Colle, con tanto di albero (un cipresso) che dal ‘600 sopravvive incastrato nel muro di facciata (e Labbadia conserva una foto inedita dello statista comunista che omaggia il passaggio di una processione mariana).
Il festival, nei suoi cinque giorni a cavallo tra luglio ed agosto (cui si aggiungono eventi nel resto dell’anno) trasforma il borgo pontino in una passerella per artisti, attori, sceneggiatori, produttori del cinema emergente, mescolati ad un pubblico variegato di cinefili, persone del posto, famiglie, anziani, turisti – con cuore pulsante nello scenario dell’anfiteatro comunale - ricreando quello che è stata definita una atmosfera unica, romantica e comunitaria, alla “Nuovo cinema Paradiso”. “Questi 25 anni non sono stati anni in discesa, abbiamo anche combattuto, non è facile far capire che si sta facendo qualcosa di importante e che, anche se non siamo a New York – dove magari fai un festival con pochi cortometraggi –, attiriamo migliaia di opere e con una storia di qualità. Cosa della quale, da alcuni anni, anche le istituzioni si sono accorte…”. Il film di Giuseppe Tornatore non a caso viene citato da Labbadia tra i suoi film preferiti, insieme a C'era una volta in America, Qualcuno volò sul nido del cuculo, Le ali della libertà, L'esercito delle 12 scimmie: “Tutti film diversi, originali, coraggiosi, che colpiscono il cuore, che trattano temi significativi. Tutte caratteristiche delle quali il cinema italiano ha bisogno per affermarsi con forza, insieme alla necessaria attenzione per la sceneggiatura che invece dai nostri registi viene spesso trascurata. Il 90% delle opere che arriva al nostro festival ha una regia buona ma sulle sceneggiature troviamo difficoltà. Dal film di Paola Cortellesi a Il capitale umano di Paolo Virzì, da Perfetti sconosciuti di Genovese, girato in una sola stanza, ai film di Verdone. Se c’è una buona sceneggiatura il film sicuramente ha successo e si evitano storie piatte, scontate, già viste…”. Ne è un esempio, ad esempio, il cortometraggio La mia escort di Alessandro Porzio che ha vinto il premio per la miglior regia e per i migliori attori (Alessio Praticò ed Angela Curri), storia d’amore con unica scena l’abitacolo di un’automobile come anche il primo premio al lungometraggio “Il mio posto è qui” di Cristiano Bortone e Daniela Porto, tratto dall’omonimo libro di quest’ultima, affresco di una storia di emarginazione nella Calabria del 1946 (anche migliore per la critica). Ed Inventa un Film, non a caso, premia gli sceneggiatori in tre delle sue sezioni: cortometraggi, lungometraggi (sezione da quest’anno intitolata a Dario Gorini, autore, regista e producer tv oltre che giurato del festival scomparso lo scorso gennaio) e concorso letterario “Tre Colori” (aperto ad opere di poesia e narrativa, con iscrizioni per la settima edizione che termineranno il 20 dicembre). Lo stesso Labbadia (confermandosi così oltre che infaticabile anche eclettico patron della kermesse pontina) ha sceneggiato “Fiabexit”, che in pochi mesi ha raggiunto il record del cortometraggio italiano più premiato del 2024 (da agosto ad oggi ha conquistato già una cinquantina di riconoscimenti ed oltre 60 selezioni in festival internazionali). “Ho cercato di fare una cosa che tra le migliaia di opere che ci arrivano che non avevo mai visto” spiega Labbadia sulla sua storia che, in modo visionario e struggente, denuncia l’esigenza di superare lo stigma sociale derivante dalla malattia mentale. Dietro la macchina da presa JAB (Giuliano Giacomelli e Lorenzo Giovenga, vincitori per la miglior regia nel 2021 nei cortometraggi al festival di Lenola) con direttore della fotografia Daniele Trani, per tre volte vincitore allo stesso festival ed attori già protagonisti ad Inventa un Film, oltre che persone del posto. La pellicola è stata girata integralmente a Lenola, prima produzione del festival che si è avvalsa del sostegno del Comune, grazie a fondi del PNRR. Il festival negli anni è d’altronde diventato una forte leva di sviluppo economico. “Il festival attira un turismo di qualità, che visita il territorio e poi vi ritorna. Negli ultimi anni, anche in tempo di pandemia, sono state prenotate 70-80 stanze, in alcune edizioni ne abbiamo superato anche 200. Numeri che, in un paese di 4000 abitanti, non sono certo pochi. Poi ci sono professionisti dell’audiovisivo che vengono qui a girare le loro opere”. Si chiama proprio “Lenola diventa un set” l’iniziativa che, nella sezione di settembre del festival, ha visto 5 troupe girare altrettanti cortometraggi negli antichi vicoli del borgo, avvalendosi anche di interpreti già protagonisti della Giornata dell'Attore, altra creativa propaggine della kermesse, giunta alla nona edizione. La proiezione dei lavori e le premiazioni si svolgeranno il 30 dicembre nella tradizionale giornata invernale di Inventa un Film.
La frase che fa da sottotitolo di Fiabexit - “Anche noi abbiamo il diritto di sognare...” - ben corrisponde allo spirito di Inventa un Film che sostiene l’arte emergente ma vuole anche aprire riflessioni su delicate tematiche sociali (peraltro l’associazione culturale con cui Labbadia fondò il festival e che oggi continua ad organizzarlo con l’aiuto di giovani appassionati si chiama “Cinema e Società”). Innanzitutto la sezione dei cortometraggi vede un premio assegnato da una giuria popolare e da una apposita di soli giovani (andati rispettivamente a “Un lavoretto facile facile” di Giovanni Boscolo – vincitore anche come migliore commedia - e “We should all be futurists” di Angela Norelli, collage di film muti del ‘900, selezionato in numerosi festival internazionali). L’attenzione ai gusti del pubblico più giovani è testimoniato anche dalle sezioni dei videoclip musicali (“A long goodbye” di Isabella Noseda per Gianluca Grignani) e dell’animazione (tra i premiati “Spring waltz” di Stefano Lorenzi e Clelia Catalano). Poi c’è la sezione “La Finestra sociale” che si divide tra tema libero (ha vinto “De l’amour perdu” di Lorenzo Quagliozzi a cui è andato anche il riconoscimento della Federazione Italiana dei Cineclub) e disabilità “oltre gli stereotipi” che dall’ultima edizione vede anche la collaborazione con l’Associazione Italiana Persone Down (ai cui associati è stata riservata una masterclass di cinema) e che ha premiato il coraggioso “Twist” di Daniele Catini sul delicato tema dei/lle love giver, che accompagnano i disabili nella scoperta della sessualità. La speciale sezione, in crescita anno dopo anno, è stata presentata alla recente Festa del Cinema di Roma insieme alla premiazione del concorso “Invisibili” per mediometraggi: andata ad un lavoro di Simone Corallini su malati di Alzheimer diventati attori di teatro, al regista Paolo Geremei per la sua Napoli la notte prima dello storico scudetto del 2023 ed a Renato Chiocca per aver raccontato l’inclusione scolastica degli studenti autistici dell’istituto professionale San Benedetto di Latina, quest’ultima opera parte della “quota” che “La finestra sociale” riserva ai corti prodotti dalle scuole (all’ultima edizione si è visto, tra l’altro, un lavoro della scuola carceraria femminile di Pozzuoli) e premiata per la categoria “Messaggio importante”, nomination che accompagna anche la sezione dei cortometraggi (ultimo vincitore “L’acquario” di Gianluca Zonta che con ironia stigmatizza l’incomunicabilità nei rapporti di coppia derivata dai nuovi mezzi tecnologici) e dei lungometraggi (“Global harmony” di Fabio Massa sulla fondazione umanitaria di Richard Foster). Non manca il tema dei migranti con i premi Migrantes (andato al corto “Kvara – Una storia d’amore e pallone” di Raffaele Iardino e Mario Leombruno, anche premio del pubblico che, nella sezione lungometraggi, è andato ad un altro film a tema calcistico: “Doppio passo” di Lorenzo Borghini) e Cinemigrare (ad “Aldilà del mare” di Massimo Ivan Falsetta). Spicca anche l’attenzione al mondo femminile con il premio Cinema è Donna (a Demetra Bellina, tra le più talentuose attrici emergenti, interprete di serie tv come “Tutta colpa di Freud” e “Dimmi di te” oltre che del videoclip de “La ragazza con il cuore di latta” di Irama). L’attenzione alle problematiche del mondo giovanile e dell’infanzia spicca poi nel primo premio per i cortometraggi assegnato a “Rasti”, un “coming of age” narrato in modo fiabesco da Paolo Bonfadini e Davide Morando, con la supervisione di Silvio Soldini e l’interpretazione di Lino Guanciale ed il premio per la miglior regia della sezione lungometraggi andato ad Andrea Magnani per “La lunga corsa” sui bambini nati in carcere ed a Giulio Mastromauro per “Bangarang” sulla storia di un’infanzia vissuta sullo sfondo dell’ex Ilva di Taranto. Inventa un Film ha dedicato nella sua ultima edizione anche un incontro proprio al tema “Infanzia e Ambiente” con la presenza, oltre che di Mastromauro (già vincitore del concorso dei corti nel 2020), di Guido Galante, regista insieme a Antonio Notarangelo dello shoccante corto “La lixeira” sui ragazzi che vivono nella discarica di Maputo (che ha vinto la sezione minidoc, miglior documentario lungo è stato invece “Una risata ci salverà” di Michelangelo Gregori). Il festival ha poi una sezione dedicata espressamente all’ambiente (primo premio a “Tilipirche” di Francesco Piras). A riprova dello spirito comunitario e collaborativo che contraddistingue il festival, l’ultima edizione ha consegnato il premio Festival Italiano Originalità e Innovazione a Corto Dorico ed a Social World Film Festival. Il festival non dimentica le sue origini locali con il premio Voci dal territorio (andato a "Il mago" di Pierpaolo Panno) ed in questa che è stata una terra di forte emigrazione ha spiccato anche un lavoro dedicato a questo tema. Il premio per il miglior montaggio è andato a Made in dreams - L'italiano che ha costruito l’America di Valentina Signorelli e Cecilia Zoppelletto che racconta l'incredibile storia di Amadeo Peter Giannini, l'uomo che ha rivoluzionato il mondo della finanza elargendo prestiti a immigrati e alle comunità marginalizzate durante le peggiori crisi economiche di tutti i tempi. Senza Giannini, scomparso nel 1949, a 79 anni, il mondo non avrebbe conosciuto Bank of America, il Golden Gate Bridge, il Piano Marshall e molti capolavori di Hollywood, come "Il monello" di Charlie Chaplin, "Accadde una notte" di Frank Capra e "Biancaneve" di Walt Disney. (5 nov red)
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