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Inatteso brillamento nel getto di M87* osservato da Event Horizon Telescope

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Inatteso brillamento nel getto di M87* osservato da Event Horizon Telescope

Cambridge - La collaborazione scientifica internazionale Event Horizon Telescope, che nel 2019 aveva pubblicato la prima “foto” di un buco nero, quello supermassiccio al centro della galassia Messier 87, denominato M87*, ha recentemente osservato e studiato a diverse lunghezze d’onda uno spettacolare brillamento proveniente dal centro della galassia. Lo studio, coordinato dal gruppo di ricerca EHT-MWL che include anche l’Università degli studi di Trieste, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’Agenzia Spaziale Italiana, presenta i dati della seconda campagna osservativa di EHT realizzata nell’aprile del 2018 che ha coinvolto oltre 25 telescopi terrestri e in orbita. Nello studio gli autori riportano la prima osservazione in oltre un decennio di un brillamento di raggi gamma ad altissime energie - fino a migliaia di miliardi di elettronvolt - da M87* dopo aver ottenuto quasi in simultanea gli spettri della galassia con il più ampio intervallo di lunghezze d’onda finora raccolti. L’articolo è stato pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics. “Siamo stati fortunati a rilevare un brillamento di raggi gamma da M87* durante la campagna multi-lunghezza d’onda dell’Event Horizon Telescope. Questo è il primo episodio di brillamento di raggi gamma in questa sorgente dal 2010. Le osservazioni, comprese quelle eseguite con un’infrastruttura più sensibile nel 2021 e 2022, così come quelle pianificate per i prossimi anni, ci offriranno ulteriori approfondimenti e un'incredibile opportunità per investigare la fisica attorno al buco nero supermassiccio M87*”, commenta Giacomo Principe, responsabile del progetto, ricercatore dell'Università degli studi di Trieste, associato INAF e INFN. “Questi risultati - aggiunge - offrono la prima possibilità in assoluto di identificare il punto in cui vengono accelerate le particelle che causano il brillamento, il che potrebbe potenzialmente risolvere un dibattito di lunga data sull’origine dei raggi cosmici (particelle ad altissima energia provenienti dallo spazio) rilevati sulla Terra”. (9colonne)


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