Mario Corry (Mario Coccari) è nato a Sant'Andrea Apostolo dello Ionio in Calabria, ha vissuto in prima persona il sogno americano mantenendo però sempre salde le radici italiane. La sua storia è quella di un uomo che incarna perfettamente la fusione tra due mondi: quello della sua Calabria natale e quello degli Stati Uniti, che l'hanno accolto quando era ancora bambino. La sua vita, infatti, è una lunga testimonianza di passione per la famiglia, per la cultura italiana e per la recitazione, che lo ha portato a diventare un volto noto nel panorama cinematografico internazionale.
Le radici italiane e l'arrivo a New York
Negli anni Cinquanta, quando Mario aveva appena un anno e mezzo, la sua famiglia emigrò negli Stati Uniti. La situazione economica in Calabria era difficile, e come molti altri italiani dell'epoca, i suoi genitori decisero di cercare fortuna oltreoceano, dove la promessa di una vita migliore sembrava più tangibile. A New York ad accoglierli c'era già una parte della famiglia. Il nonno era emigrato anni prima e aveva acquistato una casa a Brooklyn, nel quartiere di Prospect Heights. In quella zona vivevano molti italiani, in particolare calabresi, che, come la sua famiglia, avevano trovato rifugio nella comunità di emigrati provenienti da Sant'Andrea e da altri paesi vicini come Davoli e Badolato. La casa del nonno, un tipico brownstone newyorkese di tre piani, divenne per Mario il cuore pulsante della sua infanzia, un luogo dove l'italianità si esprimeva con il cibo, con i racconti della Calabria, con il dialetto che si parlava in casa e con la cultura che permeava ogni angolo della sua quotidianità. Il nonno, ad esempio, preparava tutto in casa: dalla soppressata alla mozzarella, dalla ricotta al vino. Ancora oggi Mario non può fare a meno di sottolineare come quelle tradizioni siano rimaste nel suo cuore.
La ristorazione come via di sostentamento e la passione per l'arte
Cresciuto in un ambiente dove la comunità italiana era affiatata e portava avanti i suoi valori, Mario, a soli vent’anni, divenne padre. Come tanti altri giovani italiani trovò nel mondo della ristorazione un modo per sostentarsi e crescere. Dopo la scuola, iniziò a lavorare nel leggendario “21 Club” di New York, un locale che rappresentava l'elite della ristorazione newyorkese. Grazie al cugino Bruno, che era il maître dell’iconico club, Mario fu assunto inizialmente come busboy poi, grazie alla sua determinazione e passione, cominciò ad apprendere i segreti della cucina e del servizio in sala, imparando da camerieri italiani. Negli anni successivi Mario continuò a lavorare in diversi ristoranti italiani imparando così come curare ogni aspetto della gestione di un locale e come preparare anche piatti prelibati acquisendo una cultura gastronomica che affondava le radici in diverse regioni d’Italia. Nonostante il successo, Mario non smise mai di pensare alla recitazione. La sua carriera artistica, infatti, ebbe un inizio sorprendente e casuale: negli anni '80, un amico lo convinse a presentarsi a un casting per Toro Scatenato, il famoso film di Martin Scorsese con Robert De Niro. Sebbene non ottenne il ruolo, Mario si accorse che recitare gli veniva naturale e superò brillantemente i diversi provini, capì che quella era la sua vera vocazione. Ma il destino aveva altri piani per lui, e solo anni più tardi avrebbe potuto davvero esplorare il mondo del cinema.
Il successo nel mondo della ristorazione e l’amore per la musica
Nel frattempo, Mario continuò la sua carriera nella ristorazione. Dopo aver dato nuova vita al ristorante “Marco Polo” di Brooklyn, che trasformò da locale in crisi in uno dei posti più richiesti della città, Mario lavorò presso il ristorante “Milano” che ottenne lo stesso successo. La sua passione per la cucina non era solo un lavoro: era il suo modo di vivere, di esprimersi e di condividere la sua cultura con il mondo.
Anche la musica, però, ha sempre avuto un posto speciale nella sua vita, sin da bambino amava cantare e durante il servizio militare Mario cantava spesso le canzoni dell’esercito su richiesta dei suoi commilitoni. Quando la sua vita iniziava ad essere un po’ più stabile, intraprese un altro sogno: quello di diventare cantante e, dopo aver preso lezioni con un maestro che aveva lavorato con Pavarotti, iniziò a esibirsi nei club notturni di New York, dopo il suo turno nel ristorante. Sebbene fosse molto vicino a firmare un contratto discografico, Mario decise di abbandonare quella strada per evitare di dover scendere a compromessi con un ambiente che non condivideva i suoi valori. Tuttavia, la sua passione per la musica rimase viva e negli anni Novanta, quando decise di aprire a Brooklyn il suo ristorante “Baci”, che gestiva insieme a quella che diventerà sua moglie, creò un qualcosa di speciale: non solo un posto dove mangiare bene ma anche il palcoscenico della sua seconda passione. Mario, infatti, non solo preparava piatti deliziosi insieme allo chef, ma intratteneva anche i clienti con la sua voce, creando un'esperienza unica che attirò l'attenzione di diverse emittenti televisive. Fu proprio grazie a questi servizi che si rese conto che la sua carriera artistica poteva finalmente decollare, e che forse il momento di seguire il suo sogno era arrivato.
La carriera cinematografica: dal teatro al set con Spielberg
Con il ristorante che andava a gonfie vele, Mario iniziò finalmente a concentrarsi sulla recitazione. La sua prima vera opportunità arrivò quando fu scelto dal regista Darren Aronofsky per un ruolo, segnando l'inizio di una serie di successi che lo portarono a lavorare con registi di fama mondiale. Ma il momento cruciale nella sua carriera arrivò quando fu scelto per il film “Il ponte delle spie”, diretto da Steven Spielberg. Quello fu il vero trampolino di lancio. Quando Mario, durante una pausa sul set, si sedette vicino a Tom Hanks e il famoso attore gli disse: «Welcome to the big Leagues» Mario capì che non sarebbe tornato indietro: la sua strada era quella dell'attore. Dopo il successo con Spielberg, Mario divenne un volto conosciuto nel panorama cinematografico e televisivo, partecipando a produzioni come Law and Order, The Blacklist, ed altre recitando anche in diverse produzioni teatrali. L'esperienza cinematografica lo aveva ormai conquistato, ma Mario ha continuato a tenere vivo anche il suo amore per il cibo e la cucina, un legame che ha sempre definito la sua identità, scrivendo libri sull’argomento. Dopo aver intrapreso la strada della recitazione Mario si è potuto dedicare anche alla regia di opere teatrali e cinematografiche. Di recente con il suo film “Black Mike”, ispirato ad una storia vera vissuta da lui in prima persona, ha partecipato a diversi festival internazionali vincendo premi importanti e riscuotendo un grosso successo di pubblico e critica.
La sorpresa di Tulsa King: il casting improvvisato sul lago di Como
Ma il più recente ed emozionante capitolo nella carriera di Mario è stato scritto durante la sua ultima vacanza in Italia. Mentre si trovava in aereo con la moglie Roberta, ricevette un messaggio che gli chiedeva di inviare un self tape per un provino per la serie “Tulsa King”, con Sylvester Stallone. Nonostante fosse in vacanza, Mario rispose prontamente, dicendo che avrebbe inviato il video non appena arrivato in hotel. Così, con l'aiuto di Roberta e dello staff dell’albergo sul lago di Como, improvvisò il provino, senza alcuna aspettativa. La sorpresa arrivò il giorno successivo, quando scoprì che non solo aveva ottenuto il ruolo, ma che gli era stata assegnata una parte ancora più importante di quella per cui aveva fatto il casting: avrebbe interpretato il personaggio di Fat Jimmy, un boss della mafia newyorkese.
Due giorni dopo essere rientrato dall’Italia, Mario partì per il set ad Atlanta, dove cominciò a lavorare con Stallone e gli altri membri del cast. La sua partecipazione a “Tulsa King” ha rappresentato un punto di svolta nella sua carriera, aprendo nuove opportunità e consolidando la sua presenza nel panorama internazionale. La serie ha infatti attratto l'attenzione di molti produttori e registi, e oggi Mario è impegnato in numerosi progetti futuri, sia teatrali che cinematografici e televisivi.
Un uomo tra due mondi e un cognome che racconta una storia
Oggi Mario Corry è un attore affermato, con una carriera che spazia dal cinema al teatro, passando per la televisione. Ma dietro il nome che conosciamo, c'è una storia che affonda le radici nel passato della sua famiglia. Il nome Corry, infatti, non è un nome d'arte, bensì una scelta che risale addirittura ai primi anni del '900, quando il nonno di Mario emigrò negli Stati Uniti. Nel 1910 circa, il nonno di Mario arrivò nella Little Italy di Manhattan con la speranza di costruire una vita migliore. Dopo aver vissuto a New York per alcuni anni, nel corso della Prima Guerra Mondiale decise di arruolarsi nell'esercito degli Stati Uniti per ottenere la cittadinanza americana. Durante il suo arruolamento, un sergente gli fece notare che il suo cognome Coccari era troppo difficile da pronunciare per gli americani. Così, su suggerimento del sergente, il cognome venne americanizzato in Corry, un cambiamento che il nonno accettò per potersi integrare meglio nella nuova società. Quando Mario e la sua famiglia arrivarono a New York, il cognome era già cambiato, e anche loro lo mantennero, nonostante fosse una trasformazione lontana dalle radici italiane. Tuttavia, in Calabria, dove parte della sua famiglia risiede ancora oggi, il cognome originale Coccari rimane in uso. Per Mario, il cognome rappresenta simbolicamente la sua identità divisa tra due mondi: quello italiano delle sue origini e quello americano che lo ha accolto, facendolo crescere e permettendogli di realizzare il suo sogno. È per questo che, quando si parla della sua appartenenza, Mario non ha dubbi: «Sono italiano ma un po’ anche italo-americano. È come chiedere a un bambino se vuole più bene alla mamma o al papà».
Germana Valentini