Un’occasione per scoprire l’arte di Fulvio Morella: dal 1° febbraio al 29 giugno 2025 il Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese (TN) presenta la mostra “Fulvio Morella. Le stelle che non ti ho detto”, a cura di Elsa Barbieri e Sabino Maria Frassà, in collaborazione con Cramum. Negli spazi di Palazzo Rizzoli una ricca selezione di opere tessili condurrà il pubblico alla scoperta dell’alfabeto “braille stellato” di Morella, un linguaggio inedito attraverso cui l’artista trasforma cieli notturni in poetici ed enigmatici messaggi tattili. Con l’obiettivo di far rete sul territorio e promuovere sinergie attorno ai temi dell’arte e dell’inclusività, con la mostra di Fulvio Morella il Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese ospita il primo appuntamento del progetto artistico e culturale “I limiti non esistono”, una rassegna promossa da Cramum in collaborazione con Regione Lombardia e Lagazuoi Expo Dolomiti e con il patrocinio del Comitato Italiano Paralimpico e di INJA Louis Braille, che mira a unire, con mostre ed eventi culturali, i luoghi simbolo delle prossime Paralimpiadi invernali 2026 - Milano, Val di Fiemme e Cortina - dando vita a un dialogo profondo tra arte, inclusione e sport. Sviluppata all’interno degli spazi di Palazzo Rizzoli, la mostra “Le stelle che non ti ho detto” presenta 15 lavori tessili ricamati, frutto di una reinterpretazione poetica da parte dell’artista del linguaggio braille attraverso la sostituzione dei tradizionali punti con stelle, espandendone in questo modo i confini con nuovi significati e suggestioni. L’artista così trasforma cieli stellati in criptiche informazioni. Ne sono esempio opere come "Pupille", "Sipari", "Flash" e "Montagne", dove frasi personali o citazioni di autori si traducono in costellazioni e frammenti di cielo: il risultato è un nuovo linguaggio visivo, il braille stellato. In questo senso, Fulvio Morella invita al pubblico a toccare il cielo e le stelle con le dita, ricordando che i limiti non esistono e che siamo noi a tracciare la nostra poesia, vivendo ogni giorno con intensità. “Guardare le stelle è un’attività che a tutti - eccezion fatta, doverosa - piace - così Elsa Barbieri, direttrice Museo Arte Contemporanea Cavalese e co-curatrice della mostra - Siamo attratti dal cielo stellato - conforto al senso morale dentro di noi, per citare il sempre attuale Kant - come fu Palomar, il personaggio di Italo Calvino, che non accontentandosi di guardare attraverso il telescopio cercava di osservare il cielo a occhio nudo, guardando all’insù, non solo vedendo ma anche immaginando. Oltre alla vista, oltre all’immaginazione, Fulvio Morella le stelle ce le fa toccare. Si, toccare, confrontandoci ognuno con la possibilità o l’impossibilità di scoprire che la posizione dei suoi corpi celesti sulla tela non è che l’espressione di pensieri e parole messe al posto della minuscola macchia di luce che perfora il cielo”. Per Sabino Maria Frassà, direttore creativo di Cramum e co-curatore della mostra: “Da sempre, l’essere umano alza gli occhi al cielo in cerca di salvezza, speranza e sogni. Quella vastità senza confini diventa rifugio e specchio delle emozioni più profonde. Fulvio Morella ci invita a sfiorarle con un dito, fondendo l'alfabeto tattile con una dimensione universale e trascendente, che evoca il gesto michelangiolesco della Creazione di Adamo. L'artista costruisce un racconto epico e corale, dove le emozioni universali si riflettono in cieli stellati ricamati, custodi di pensieri sussurrati nell'anima o mai pronunciati. Prende forma un viaggio di consapevolezza che ci guida a riconoscere e vedere come le stelle non dette, trattenute dal tempo e dalla vita, possano - e debbano - riuscire a brillare, illuminando la nostra esistenza”. Con la volontà di portare l’arte tra le persone e incontrare nuovo pubblico, il Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese in occasione della mostra sceglie di uscire dagli spazi museali di Palazzo Rizzoli portando alcune opere di Fulvio Morella nel cuore della città e a Tesero. Per tutta la durata della mostra, cinque opere inedite dell’artista saranno infatti esposte presso Palazzo Ress di Cavalese, sede del Comune. Tra queste Galassia Eternità, dedicata al poeta serbo Pavlovic, “Flash Dream”, ispirata alle parole del maestro africano Ngugi wa Thiong'o sul ruolo dei bambini, e Pupilla Luna, un omaggio ai versi di Pierangelo Bertoli e dei Tazenda in Spunta la luna dal monte ("Per altre vie, con le mani le mie cerco le tue, cerco noi due"). Dal 29 gennaio al 2 febbraio l’opera Sipario di Stelle sarà invece esposta presso il Centro del Fondo e del Biathlon di Lago di Tesero, dove, a poco più di 400 giorni ai Giochi Paralimpici Invernali di Milano Cortina 2026, Fondazione Milano Cortina 2026, con il supporto del Comitato Organizzatore Nordic Ski Val di Fiemme, si prepara ad accogliere due importanti test event del warm-up programme della Road to 2026. Sipario di Stelle (2022) accoglierà il pubblico con una frase ricamata in bianco su tessuto nero ripresa da La gaia scienza di Friedrich Nietzsche (1882): “L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere”. La mostra “Le stelle che non ti ho detto” si arricchisce poi di un public program: nel mese di luglio a Cavalese verrà presentata Blind Trust, una performance corale, immersiva e multisensoriale, durante la quale 100 partecipanti, guidati dall’artista Fulvio Morella, verranno bendati con una fascia su cui è ricamata la parola “Trust” in braille stellato e guidati alla scoperta di quattro opere attraverso sensi alternativi alla vista. Al termine della mostra, in occasione delle Olimpiadi e Paralimpiadi Milano Cortina (6 febbraio - 15 marzo 2026), le opere tessili di Fulvio Morella saranno proiettate sulla facciata del Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese e presso le sedi dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Predazzo e Tesero. Un repertorio di aforismi in italiano, traduzioni in braille e in braille stellato, offrirà alla comunità della Val di Fiemme un’esperienza suggestiva, restituendo il messaggio universale della ricerca di Fulvio Morella e trasformando l’arte in un’esperienza di condivisione. Con “Le stelle che non ti ho detto” il Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese, sotto la direzione di Elsa Barbieri, esce dai confini museali per partecipare attivamente alla vita culturale e all’attualità del territorio, generando senso di comunità e partecipazione attorno al dialogo tra arte e inclusione. In autunno, il progetto “I limiti non esistono” approderà a Milano con la mostra “LUDI - L'arte è un abbraccio”. L'esposizione, curata da Sabino Maria Frassà, vedrà, presso la prestigiosa sede di Regione Lombardia, le opere tattili di Fulvio Morella, realizzate in legno, metallo e braille, interagire in un dialogo suggestivo con i celebri gonfiabili del Maestro Franco Mazzucchelli, creando un'esperienza artistica unica e inclusiva. La rassegna raggiungerà il suo culmine in inverno con la mostra “Cortina di Stelle”, che per la prima volta riunirà in un'unica esposizione le suggestive sculture luminose del ciclo Braillight di Fulvio Morella. L'evento si terrà in prossimità dell'inizio dei Giochi Olimpici, nel terzo "cuore" paralimpico, Cortina, grazie alla collaborazione con Lagazuoi SpA. (gci)
A ROMA L’ESPOSIZIONE SUL GENIO SURREALISTA SALVADOR DALI’
Sogno, realtà e un modo di raccontare il mondo che spazza via ogni logica per creare nuove strutture. Dallo scorso 25 gennaio al 27 luglio Roma ospita “Salvador Dalì, tra arte e mito”, mostra dedicata al grande maestro del surrealismo, organizzata da Navigare presso il Museo Storico della Fanteria dell’Esercito Italiano e allestita dal curatore di mostre internazionali Vincenzo Sanfo, con il supporto di un comitato internazionale. Circa 80 opere provenienti da collezioni private di Francia e Italia, per un viaggio nell'arte e nel mito del genio di Salvador Dalì. Dipinti, disegni, sculture, ceramiche, vetri, incisioni, litografie, documenti, libri e fotografie conducono il pubblico a immergersi nel suo universo, libero dalla rigidità delle regole, dove la realtà è costituita dai sogni. A completare questo percorso, sono esposte anche opere di altri autori che hanno condiviso con Dalì l’idea di un'arte dal carattere onirico e surreale, come René Magritte, Max Ernst, André Masson, Man Ray, Leonor Fini, Giorgio de Chirico, oltre a scrittori del calibro di André Breton, Jean Cocteau, Louis Aragon e molti altri. Un evento che per i lavori esposti assume una straordinaria rilevanza a livello internazionale, celebrando non solo Dalì, ma anche l’intero panorama surrealista europeo. “L’itinerario espositivo si sviluppa con un approccio antologico, partendo dai primi anni della carriera dell'artista e dal fondamentale incontro con figure come il poeta Federico García Lorca, rappresentato in mostra da inediti disegni surrealisti, e il regista Luis Bunuel, presente con spezzoni di film che hanno segnato il percorso creativo di Dalì - spiega il curatore Vincenzo Sanfo - Questi legami hanno contribuito a plasmare il futuro di uno dei più grandi protagonisti dell’arte del Novecento. Il percorso continua attraverso tutte le fasi della produzione artistica di Dalí, fino alle ultime sperimentazioni oniriche degli anni finali della sua vita”. Tra le opere in esposizione si trovano anche molte litografie, comprese quelle legate ai lavori di Garcia Lorca e alla Divina Commedia, incisioni a puntasecca, disegni, arazzi, sculture, oggetti in vetro, ceramiche, gioielli, dipinti e una serie di fotografie, libri e documenti che arricchiscono ulteriormente la collezione. (red)
PROROGATA AL 16 FEBBRAIO “FINO AI LIMITI DELL'IMPOSSIBILE” SU DEMETRIO STRATOS
Grazie allo straordinario successo e alla grande affluenza di pubblico, il Centro internazionale di ricerca vocale e sonora Malagola (Ravenna) annuncia la proroga di “Fino ai limiti dell’impossibile. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979. Secondo movimento”, la mostra curata dall’artista e co-fondatrice delle Albe Ermanna Montanari e dal docente e studioso Enrico Pitozzi, entrambi ideatori e direttori del Centro. “Fino ai limiti dell’impossibile”, la cui chiusura era inizialmente prevista per venerdì 31 gennaio, rimarrà allestita fino al 16 febbraio ma sarà visitabile regolarmente fino a domenica 2 febbraio e poi in altri due week end di apertura straordinaria: dal 7 al 9 febbraio e dal 14 al 16 febbraio, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18. La mostra, che ha come curatori associati Marco Sciotto e Dario Taraborrelli, è stata inaugurata lo scorso 14 dicembre 2024 e presenta una selezione di materiali dell’Archivio Demetrio Stratos, acquisito alla fine del 2022 dal Comune di Ravenna, con cofinanziamento della Regione Emilia-Romagna, direttamente dalla vedova Stratos Daniela Ronconi Demetriou e che proprio in Malagola ha trovato la sede ideale per la sua cura e la sua fruizione. Fino ai limiti dell’impossibile è un “secondo movimento”, una nuova preziosa tappa nel percorso di conservazione e valorizzazione di un patrimonio documentale di inestimabile valore riguardante una delle figure più importanti nel campo delle arti performative del Novecento, che ha fatto della ricerca sulla vocalità il tratto distintivo del proprio percorso artistico: arriva infatti a un anno di distanza da “Amorevolmente progredire, amorevolmente regredendo”, una iniziale esposizione dei primissimi materiali sottoposti a un lavoro di riordino, catalogazione e digitalizzazione (quest’ultima a cura di Istituzione Biblioteca Classense di Ravenna) che ha riscosso subito un notevole successo di pubblico e di studiosi. E da quel momento l’archivio è diventato disponibile per la fruizione pubblica. Se il “primo movimento” presentava un nucleo di materiali riguardanti Demetrio Stratos e il suo rapporto con altri artisti, John Cage su tutti, lo spirito di questo “secondo movimento” è l’apertura della ricerca vocale di Stratos alla dimensione extraeuropea, alle musiche dal mondo e alla loro relazione con la diplofonia e con il canto armonico che in “Fino ai limiti dell’impossibile” troverà il suo culmine in una delle stanze di Palazzo Malagola appositamente dedicata all’ascolto immersivo. “Intorno ai limiti del linguaggio prende dunque corpo il secondo movimento dell’esposizione dei materiali. Ed è qui che assumono il loro pieno valore due modi che non solo Stratos pratica, ma che esprime pedagogicamente nella loro piena consapevolezza tecnico-anatomica: il controllo del respiro e la ripetizione, che risuonano sia in Antonin Artaud che nella ricerca da autodidatta sul canto difonico”, affermano Enrico Pitozzi ed Ermanna Montanari. “Il controllo del respiro è tecnica ascetica, piena consapevolezza che la voce non inizia ma affiora, s’inscrive in un movimento che già da sempre è presente e si dispiega silente, in attesa che un soffio la esprima, la prema fuori, la lasci affiorare in tutto il suo incanto. Lo sa bene Artaud, nella sua radicale urgenza di rifondare il teatro a partire dalla riscoperta di una parola prima della parola, tensione poetica consegnataci nell’opera Pour en finir avec le jugement de Dieu (1947) che Stratos registrò nel 1978. Così come lo sanno bene i cantori mongoli, e più in generale le tradizioni sonore dell’area del mediterraneo, che Stratos frequenta assiduamente”. Alla documentazione appartenente all’archivio – tra cui materiali audiovisivi di performance, lezioni e concerti, appunti preparatori legati alla sua produzione artistica, stampe di fotografi che ne hanno immortalato il lavoro nel corso degli anni, strumenti musicali, oggetti, cimeli, capi d’abbigliamento, libri, dischi in vinile, manifesti relativi tanto al suo lavoro da solista quanto a quello con I Ribelli e con gli Area, copie di tesi di laurea, studi e saggi dedicati alla sua ricerca, la rassegna stampa raccolta nel corso dei decenni, alcuni dei quali sono stati messi in mostra nel 2023 – si aggiungono per questo “secondo movimento” documenti inediti sulle performance di Stratos, a partire da quelle che convocano Antonin Artaud e quelle relative a Le milleuna, lavoro in collaborazione con Nanni Balestrini e la coreografa Valeria Magli. E poi ancora materiali riguardanti la sua partecipazione al progetto/happening del 1978 Il treno di John Cage, il suo contributo come autore delle musiche Satyricon diretto da Gabriele Salvatores nella stagione ’78-79 del Teatro dell’Elfo. Oltre al focus sulle musiche extra-europee, un altro nucleo tematico attorno al quale è organizzata la mostra è quello sul “gesto”: il gesto vocale, i gesti che mettono in campo il corpo e la voce. “Questi tratti della ricerca vocale di Stratos, possono essere pensati come gesti vocali che – nell’incedere del dittico espositivo – si depositano in tracce di volta in volta specifiche, trovando forma in materiali visivi, negli appunti, negli schizzi, nelle partiture a-sistematiche e nei materiali sonori registrati, restituendoci il profilo di una figura artistica prismatica e insofferente alle definizioni, lontano tanto dalla ‘scena ufficiale’ del rock o del pop quanto da quella ‘d’autore’ di quegli anni”, aggiungono i due curatori della mostra e direttori artistici di Malagola. Ben 7 gli ambienti differenti in cui si articola la mostra: una sala sarà dedicata a manifesti che attraversano la storia degli Area e di Stratos solista, una sala cinema con materiali audiovisivi di lunga durata, una sala dedicata a materiali cartacei e fotografici con frammenti di materiali audiovisivi da fruire in un monitor “d’annata”; tre sale dedicate all’ascolto di cui una per ascolto immersivo, una con proposta di ascolti in cuffia associati a materiali esposti all'interno della sala e una sala con una selezione di ascolti che il pubblico potrà scegliere da un menù touch e che propongono canti e musiche di popoli dal mondo presenti nella collezione di dischi di Stratos e le musiche realizzate per il Satyricon; e, in chiusura, una nicchia contenente una serie di oggetti, cimeli e materiali appartenuti all’artista. Una mostra preziosa, dunque, che ancora di più restituisce la stratificazione, la complessità e la multiformità di una personalità artistica come quella di Demetrio Stratos. Infine, per questa nuova occasione, è stata pubblicata una versione aggiornata del catalogo edito da Sigaretten Edizioni Grafiche dal titolo “Noi non crediamo nello stile. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979”, comprendente sia il Primo – “Amorevolmente progredire, amorevolmente regredendo” – che il Secondo movimento, “Fino ai limiti dell’impossibile”. (gci)
"DESIGN AL FEMMINILE": A MILANO 32 RITRATTI DI DESIGNER DONNE
Istituto Italiano di Fotografia propone una nuova visione del design attraverso 32 ritratti di designer donne racchiusi nella mostra “Design al femminile, il progetto sensibile” esposta presso il Castello Sforzesco a Milano, Sala Bertarelli – Archivio Fotografico, fino al 7 febbraio. Il progetto, curato dalla designer Maria Christina Hamel, fa emergere un universo creativo che per la prima volta viene messo sotto i riflettori grazie allo sguardo di 10 fotografe e fotografi dell’Istituto Italiano di Fotografia. Grazie alla collaborazione con il Civico Archivio Fotografico di Milano, 32 ritratti di designer internazionali sono l’occasione per scoprire un’interpretazione sensibile del design; ogni professionista è ritratta con un oggetto che la rappresenta dal punto di vista artistico o con il quale ha un particolare legame emotivo; anche la location in cui è avvenuto l’incontro con i fotografi di IIF e successivamente lo scatto, è stata scelta dalle designer tra i luoghi milanesi con i quali ognuna di loro sente un legame particolare. Il risultato è una stupefacente commistione di stili, progetti, esperienze, personalità e sincronie dalla quale emerge una particolare attenzione al dettaglio e alla cura degli oggetti sviluppati. In occasione dell’inaugurazione della mostra viene presentato il volume “Design al femminile”, il progetto sensibile che custodisce i 32 ritratti accompagnati da un testo evocativo redatto da ciascuna designer. Designer ritratte: Luisa Bocchietto, Santina Bonini, Alessandra Bruno, Giorgina Castiglioni, Alessandra Titi Cusatelli, Anna Deplano, Manola Del Testa, Elisa Gargan Giovannoni, Ada Ghinato, Anna Gili, Nuala Goodman, Maria Christina Hamel, Marialaura Irvine, Shinobu Ito, Kazuyo Komoda, Dorota Koziara, Emi Ligabue, Eliana Lorena, Raffaella Mangiarotti, Ambra Margheri, Alessandra Mauri, Paola Navone, Sonia Pedrazzini, Daniela Puppa, Isabelle Rigal, Elena Salmistraro, Marta Sansoni, Beatrice Santiccioli, Patrizia Scarzella, Mara Servetto, Giovanna Talocci, Laura Villani. Scatti di: Valter Belloni, Amedeo Bernardi, Martino Berni, Giovanni Borgia, Marialucia Campanella, Benni Giammari, Nicola Licitra, Davide Manzini, Miriam Mercurio, Stefano Pozzi. (gci)
“GEOMETRIA E POESIA”: UN’OCCASIONE PER SCOPRIRE L’ARTE DI CARLA BADIALI
Fra le artiste italiane, Carla Badiali (1907-1992) è una delle poche a poter essere inquadrata nell’ambito di quella che Lea Vergine definì “l’altra metà dell’avanguardia” sottolineando l’apporto dato dalle donne all’evoluzione della pittura italiana nella prima metà del secolo scorso. A Carla Badiali, protagonista dell’Astrattismo comasco, la galleria M77 di Milano dedica, dallo scorso 20 gennaio al 15 marzo, un’ampia retrospettiva, organizzata in collaborazione con gli eredi dell’artista, dal titolo “Geometria e poesia”. La rassegna, curata da Luigi Cavadini, storico e critico dell’arte, a cui si deve il Catalogo generale della sua opera, ripercorre l’intera carriera di Carla Badiali, lungo ben sei decenni di attività, dalla prima metà degli anni Venti fino alla fine degli anni Ottanta, attraverso oltre cinquanta, tra dipinti, disegni e collage. Il percorso espositivo si apre con la fase legata alla figura, riconducibile a un breve arco temporale, all’incirca tra il 1925 e il 1932, tra cui spicca il delicato Autoritratto (1926), un pastello colorato su carta e prosegue con il suo ingresso nell’ambito dell’arte astratta, tra il 1932 e il 1934, benché come lei stessa ha più volte sostenuto “non sono mai passata da un periodo figurativo a uno astratto. Ho cominciato subito con le composizioni astratte”. Carla Badiali fu, fin da subito, dentro all’esperienza di quel cenacolo di artisti, passato alle cronache come “Gruppo Como”, contribuendo al dibattito artistico e di confronto con gli astrattisti milanesi riuniti attorno alla Galleria del Milione, in un momento in cui alle donne non veniva dato molto credito, ma forte del sostegno e degli stimoli a percorrere la strada dell’astrazione di Manlio Rho, una delle figure di riferimento, assieme a Mario Radice, dell’avventura astratta sorta sulle rive del Lario. Esemplari di quegli anni, a cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta, sono le Composizioni, dove elementi di libera geometria, esaltati da una attenta e precisa scelta di colori, s’inseriscono in uno spazio virtuale. Parallelamente alla sua ricerca geometrica, le opere di Carla Badiali assumono un valore lirico e musicale di grande rilevanza. È il caso della serie Le vent se léve, ben documentata in mostra, in cui le forme essenziali fluttuano sulla tela o sulla carta, che l’avvicinano al lirismo di Osvaldo Licini o, ancor di più, a Vassily Kandinsky, riletto in assoluta originalità, a dimostrazione di una ormai raggiunta autonomia linguistica. È questo il periodo - siamo agli inizi degli anni Quaranta - che segna la sua prima affermazione sul palcoscenico dell’arte pubblica, dapprima con l’adesione al gruppo Valori Primordiali, che nasce dall’entusiasmo della omonima rivista fondata da Franco Ciliberti, quindi al Gruppo Primordiali Futuristi, assieme a Cesare Cattaneo, Pietro Lingeri, Marcello Nizzoli, Mario Radice, Manlio Rho, Osvaldo Licini, Giuseppe Terragni e Alberto Sartoris, che portò alla formulazione del manifesto e alla denominazione definitiva di Gruppo Primordiali Futuristi Sant’Elia. L’entrata nell’orbita di Marinetti fu di grande importanza per gli astrattisti comaschi, cui venne riservata un’intera sala alla Biennale di Venezia del 1942, nella quale Carla Badiali espose tre opere, e concesse loro l’opportunità di essere presenti alla Quadriennale di Roma del 1943. In virtù degli strascichi dolorosi della guerra e del rinnovato impegno nel dare nuova vita al suo studio di disegno tessile che ebbe straordinaria fortuna in Italia e all’estero, con le collaborazioni, tra gli altri, con Hubert de Givenchy e con Pierre Balmain, gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta passarono sotto silenzio. Fu la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1966 a dare slancio alla sua ricerca artistica. La rassegna dà inoltre ampio riscontro dell’uso della tecnica del collage, luogo di sperimentazione e di scansione spaziale e plastica, ma che Carla Badiali considerava lo strumento più immediato, forse più efficace del disegno, per assegnare alle forme la loro giusta collocazione, ideale base progettuale per futuri lavori e che ha accompagnato la sua ricerca fino nel pieno degli anni Ottanta. La mostra, a trentacinque anni dall’antologica tenuta a Como nel 1990, si chiude con un rapido excursus sull’astrattismo comasco e sui suoi esponenti che per tutta la vita hanno continuato una ricerca in ambito astratto, da Manlio Rho a Mario Radice, da Aldo Galli a Carla Prina ad Alvaro Molteni. Catalogo in mostra. Carla Badiali nasce a Novedrate (CO) nel 1907. Dopo pochi anni, si trasferisce con la famiglia in Francia a Saint-Étienne, dove si dedica alla musica e all’arte. Tornata in Italia, a Como, prosegue i suoi studi presso l’Istituto Nazionale di Setificio. Dopo le prime opere degli anni Venti, raffiguranti paesaggi e nature morte, l’artista si avvicina all’astrattismo tra il 1933 e il 1934. Nel frattempo, si dedica all’arte applicata nel campo del tessile, organizzando e gestendo un importante laboratorio. Nel 1938 aderisce al gruppo Valori Primordiali, di cui fanno parte anche Terragni e Lingeri e due anni dopo sottoscrive il Manifesto del Gruppo primordiali futuristi Sant’Elia. Partecipa a una serie di prestigiose esposizioni, tra cui la XXIII Biennale di Venezia nel 1942 e la IV Quadriennale d’Arte Nazionale di Roma nel 1943. La produzione artistica di Carla Badiali s’interrompe a causa del secondo conflitto mondiale, ma riprende a esporre già nel 1951; da questo momento in poi, l’attività prosegue fino alla sua morte, avvenuta a Como nel 1992. (gci)
NELLA FOTO. Fulvio Morella, Pupilla del Bacio ©Francesca Piovesan Courtesy Fulvio Morella e Cramum, Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese
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