“Bisogna rompere uno dei tanti tabù: che si può abortire e non sentirsi in colpa” e “lo stigma non riguarda solo l’aborto. Ma anche la maternità, la genitorialità. Nessuno parla della solitudine, della violenza ostetrica, della sessualità”. Così Gilda Sportiello, deputata del Movimento 5 Stelle, in una intervista al Corriere della Sera, parla del suo libro “Potevi pensarci prima. E altri giudizi non richiesti sui nostri corpi” che presenta oggi, alle 18,30, al Mondadori Bookshop di Napoli, in cui scrive: “Il giorno dopo il mio aborto è stato uno dei più belli della mia vita”. “È ammettere che ho avuto paura degli ostacoli che ho incontrato, che ho vissuto settimane di incertezza, interminabili. È stato il giorno più bello perché avevo il controllo della mia vita” spiega la deputata che parlandone in Parlamento nell’aprile 2024 ha aperto la sua battaglia politica sull’argomento. “La maggior parte delle volte si cercano motivazioni limite per delegittimare la scelta consapevole di non volere un figlio. Non dovrebbe e non deve interessare nessuno - sottolinea -. Poi c’è la narrazione per spalancare le porte agli antiabortisti. Il sostegno alle donne in difficoltà che porterebbe a non scegliere di abortire. Non bastano un pacco di pannolini e una confezione di latte in polvere. Servirebbe parlare e incidere sulle politiche abitative, sul precariato. Gli stessi movimenti che usano la retorica colpevolizzante poi non ce li ritroviamo accanto quando bisogna combattere per aumentare il numero dei posti negli asili nido”. Nel libro racconta anche di una gravidanza, successiva, che non ha potuto portare a termine: “Quella era una gravidanza desiderata. Questa è la differenza. Non è andata come speravo. E quello che mi era stato detto quando avevo vent’anni, ovvero stai commettendo un abominio, è tornato in maniera prepotente”. Sulla sua strada lei ha trovato dei medici obiettori previsti dalla legge 194: “Il problema sono le percentuali altissime di obiettori. La media italiana è del 60 per cento, ma si arriva a punte del 90 per cento in Molise. In Campania, secondo l’ultima relazione ministeriale, la percentuale è del 79,6 per cento, in Puglia dell’80,6 per cento, in Basilicata del 78,6 per cento. L’aborto non è solo una scelta, ma un atto medico e va rispettato il diritto alla salute delle donne. Ci sono posti in cui bisogna andare fuori regione, ci sono periodi dell’anno, come agosto, in cui è difficile trovare una struttura pubblica. Serve un limite”. (7 feb - red)
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