Schiacciando sull’acceleratore della sua politica-caterpillar, il presidente americano Donald Trump, a due giorni dalla conferenza stampa congiunta con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, ha ribadito ieri in un messaggio pubblicato sul suo social network Truth, che Israele cederà il controllo della Striscia di Gaza agli Stati Uniti al termine della guerra contro Hamas e che di conseguenza non sarà più necessario schierare soldati americani nel territorio palestinese. “Alla fine dei combattimenti, la Striscia di Gaza verrà consegnata da Israele agli Stati Uniti. Gli Stati Uniti, collaborando con eccellenti team di sviluppo provenienti da tutto il mondo, avvieranno lentamente e con attenzione la costruzione di quello che diventerà uno degli sviluppi più grandi e spettacolari del suo genere al mondo. Gli Stati Uniti non avranno bisogno di soldati! Nella regione regnerebbe la stabilità!!!”. La direzione presa da Trump avrebbe preso in contropiede il suo stesso entourage nonché la leadership israeliana, che – stando ai retroscena ricostruiti dal New York Times – ne sarebbero venuti a conoscenza solo all'ultimo minuto. “Poco prima di recarsi alla conferenza stampa congiunta, Trump ha sorpreso il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dicendogli che intendeva annunciare il suo piano per conquistare Gaza”, ha scritto il quotidiano di New York, spiegando che “non c'è stata alcuna riunione del Dipartimento di Stato o del Pentagono, come avviene normalmente per qualsiasi importante proposta di politica estera”. Insomma, l’inquilino della Casa Bianca avrebbe dato in diretta l’annuncio di una decisione di portata epocale senza che "Il Ministero della Difesa avesse effettuato alcuna stima del numero di truppe necessarie o dei relativi costi, né fornisse uno schema di come” tale decisione “potrebbe funzionare”.
A confermare indirettamente una tale analisi sembrerebbe essere il comportamento della stessa portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, la quale – come ha rilevato il Washington Post - “ha cercato di attenuare gli elementi più estremi della dichiarazione del presidente”, “specificando che i palestinesi saranno trasferiti temporaneamente, non in modo permanente, e chiarendo che il presidente non si è impegnato a inviare truppe americane. Ha inoltre affermato che non saranno spesi dollari americani per gli sforzi di ricostruzione, che dureranno anni, nonostante la dichiarazione di Trump del giorno prima”.
A “ritradurre” le parole del Tycoon è stato anche il segretario di Stato americano Marco Rubio per il quale “Ci sono paesi nella regione del Medio Oriente” che stanno esprimendo molta preoccupazione e per questo li incoraggiamo a impegnarsi e a fornire una soluzione e una risposta a questo problema”, come ha detto durante una visita nella Repubblica Dominicana. Secondo Rubio il piano di Trump mira in parte a incoraggiare altri paesi che “hanno la capacità economica e tecnologica” a partecipare alla ricostruzione di Gaza. “Il presidente Trump si è offerto di far parte di questa soluzione. Se altri Paesi fossero disposti a farsi avanti e a farlo autonomamente, sarebbe fantastico, ma nessuno sembra avere fretta di farlo”, ha aggiunto Rubio il quale si recherà in Israele e in diversi Paesi arabi a metà febbraio, in quello che sarà il primo viaggio come rappresentante Usa nella regione. Rubio dovrebbe inoltre partecipare alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera in Germania e poi si recherà in Israele, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Arabia Saudita dal 13 al 18 febbraio. (7 FEB / DEG)
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