Alle Gallerie d’Italia - Napoli, museo di Intesa Sanpaolo, è visibile al pubblico dallo scorso 6 febbraio fino al 26 ottobre la scultura in gesso “David” dell’artista Jago. L’opera è stata allestita nel monumentale atrio del museo che ciclicamente ospita un'opera di particolare pregio proveniente sia dalle collezioni d'arte di Intesa Sanpaolo, sia da importanti musei italiani ed esteri nell'ambito di un rapporto di scambio e collaborazione. A svelarla, Michele Coppola, Executive director Arte, Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo, e Don Antonio Loffredo, presidente della Fondazione San Gennaro che si occupa dei servizi aggiuntivi dello Jago Museum, sede di provenienza dell’opera. Il museo di Jago sorge nella chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi nel rione Sanità di Napoli - di cui Don Antonio è rettore - riaperta nel 2023 dando vita a numerosi progetti di inclusione sociale e culturale, fondamentali per il territorio, anche grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo. L’opera “David” è una scultura in gesso di quasi due metri di altezza realizzata da Jago nel 2024. Come in altre opere dell’artista, anche in questo caso Jago attinge all'iconografia classica e alla tradizione dei grandi maestri, reinterpretando il mito di Davide e Golia in chiave moderna per raccontare una storia diversa, ma sempre pregna di coraggio e rivalsa. L’iconografia è identificabile grazie alla postura fiera della donna (che richiama il celebre David di Michelangelo), dalla fionda e dalla pietra (simbolo degli ultimi capolavori di Jago) che è pronta per essere scagliata. Il progetto David è nato nel 2020 con la realizzazione a mano da parte di Jago del primo bozzetto in argilla. Da quella prima immagine Jago ha poi dato vita a un modello in gesso, che sarà tradotto in marmo da un blocco di Carrara alto più di 4 metri. Jago è uno scultore italiano nato a Frosinone nel 1987. La sua ricerca artistica fonda le radici nelle tecniche tradizionali e instaura un rapporto diretto con il pubblico mediante l’utilizzo di video e dei social network, per condividere il processo produttivo. A 24 anni è stato selezionato per partecipare alla 54esima edizione della Biennale di Venezia, esponendo il busto in marmo di Papa Benedetto XVI (2009). La scultura giovanile è stata poi rielaborata nel 2016, prendendo il nome di Habemus Hominem e divenendo uno dei suoi lavori più noti. Nel 2019, in occasione della missione Beyond dell’ESA, Jago è stato il primo artista ad aver inviato una scultura in marmo (The First Baby) sulla Stazione Spaziale Internazionale. Nel novembre 2020 realizza l’installazione Look Down, che viene collocata in Piazza del Plebiscito a Napoli, per poi essere esposta nel deserto di Al Haniyah a Fujairah (UAE). Il 1° ottobre 2021 Jago installa la sua Pietà nella Basilica di Santa Maria in Montesanto, in Piazza del Popolo (Roma) e il 12 marzo 2022 inaugura la mostra “JAGO – The Exhibition” presso Palazzo Bonaparte a Roma. Il 20 maggio 2023 il laboratorio nella Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi (Napoli) apre al pubblico come Jago Museum. (gci)
TRA AMORE E DESIDERIO, L’ARTE DI TRACEY EMIN PRONTA A FIRENZE
Un’occasione per scoprire l’arte di Tracey Emin: dal 16 marzo al 20 luglio Palazzo Strozzi a Firenze presenta “Tracey Emin. Sex and Solitude”, la più grande mostra mai realizzata in Italia dedicata a una delle artiste britanniche più famose e influenti del panorama contemporaneo. Curata da Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, l’esposizione indaga la poliedrica attività di Emin che spazia tra pittura, disegno, video, fotografia e scultura, sperimentando tecniche e materiali come il ricamo, il bronzo e il neon. Il titolo fa riferimento a due parole chiave, sesso e solitudine, che permeano le oltre 60 opere di un percorso che attraversa diversi momenti della carriera di Tracey Emin, dagli anni Novanta a oggi, in un intenso viaggio sui temi del corpo e del desiderio, dell’amore e del sacrificio. Molte delle opere sono presentate in Italia per la prima volta, assieme a nuove produzioni, in diversi media, realizzate in occasione dell’esposizione. Celebre per un approccio diretto e crudo nella sua arte, Tracey Emin dà vita a opere in cui momenti intimi e privati si trasformano in metafore esistenziali che riflettono sulla sessualità o la malattia, sulla solitudine o l’amore. Attraverso una ricerca onesta e fortemente autobiografica, Emin traduce esperienze personali in opere intense e potenti, in cui il linguaggio diretto ed esplicito delle sue celebri frasi al neon si unisce alla forte materialità dei suoi dipinti e delle sue sculture. “Tracey Emin. Sex and Solitude” è promossa e organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi. Sostenitori pubblici sono Comune di Firenze, Regione Toscana, Città Metropolitana di Firenze e Camera di Commercio di Firenze, mentre i sostenitori privati sono Fondazione CR Firenze, Intesa Sanpaolo, Fondazione Hillary Merkus Recordati e Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi. Main Sponsor è Gucci. Tracey Emin è nata nel 1963 a Croydon, Londra, ed è cresciuta nella città costiera di Margate. Nell’arco della sua carriera ha sviluppato una pratica artistica che spazia tra disegno, pittura, arazzi, ricami, film, sculture in bronzo e installazioni al neon. L’artista trae ispirazione dalla propria vita, facendo riferimento a esperienze profondamente intime: dalla sua storia sessuale agli abusi subiti, dall’aborto alle relazioni affettive, fino, più recentemente, al cancro e alle sfide legate alla sua salute. Nel 1999 ha attirato enorme attenzione mediatica quando è stata candidata al Turner Prize e ha esposto My Bed alla Tate Gallery di Londra. L’opera, realizzata l’anno precedente durante un periodo di forte instabilità emotiva, mostra il letto sfatto dell’artista circondato da oggetti personali e altri resti, come preservativi, biancheria macchiata di sangue, bottiglie di alcol vuote e mozziconi di sigaretta. Da quel momento la carriera di Emin ha conosciuto una crescita costante: nel 2007 ha rappresentato il Regno Unito alla 52esima Biennale di Venezia e nel 2011 è stata nominata professore di Disegno presso la Royal Academy, diventando una delle due prime donne a ricoprire questo ruolo nella storia dell’istituzione. Oggi Emin è ampiamente riconosciuta a livello istituzionale. Recentemente ha inaugurato a Margate i Tracey Karima Emin (TKE) Studios, uno spazio professionale per artisti interamente da lei sovvenzionato, che include anche la Tracey Emin Artist Residency (TEAR), una residenza artistica gratuita in studio. Nel 2024 è stata insignita del titolo di “Dame” nell’ambito dei premi conferiti in occasione del compleanno del re, come riconoscimento del suo contributo all’arte. (gci)
“MOSTRARE L’INVISIBILE”: A MILANO LE OPERE DI PIETRO COLETTA
Con un corpus di opere che immerge nella profonda poetica dell’artista la Paula Seegy Gallery di Milano ospita dallo scorso 13 febbraio al 27 marzo la personale “Pietro Coletta. Mostrare l’invisibile”, a cura di Luigi Sansone. Il percorso espositivo accoglie prevalentemente lavori scultorei, realizzati a tecnica mista dagli anni Novanta ad oggi, caratterizzati dall’essenzialità e da una composizione minimalista, che mettono in luce la costante ricerca di Pietro Coletta orientata all’indagine di spazi e atmosfere trascendentali, della natura, delle origini e del destino dell’uomo. Nel suo fare arte emerge in maniera evidente l’interesse rivolto al mondo spirituale, legato ai numerosi viaggi condotti in Africa e in India, cui si affianca l’influenza e la radicata conoscenza della modernità artistica occidentale. Riferimenti indiscussi all’interno della sua opera sono infatti, fra gli altri, Umberto Boccioni e Kazimir Malevich. Afferma il curatore Luigi Sansone: “Nel suo studio, estraniandosi dalla realtà, nel silenzio interiore, crea opere cariche di significati reconditi, legando indissolubilmente la sua passione artistica con la ricerca spirituale. Coletta è in perfetta sintonia con il pensiero espresso da Kandinsky, il quale affermava che l’arte dovrebbe esprimere la spiritualità interiore dell’artista attraverso forme e colori astratti”. L’artista sceglie per la creazione delle sue sculture, a tutto tondo o a parete, materiali poveri quali il rame, l’ottone, il ferro, il legno e la pietra mentre per quanto concerne il colore viene inserito attraverso patine, pennellate di rame e argento liquido, bruciature, biacca, pigmenti, fili metallici di vario genere. Con queste parole egli stesso descrive la sua esigenza espressiva: “La scultura è il mezzo che io utilizzo per esprimere la parte più profonda e misteriosa del mio essere, dove le intuizioni giungono a squarciare il velo che mi separa dalla Totalità. Nella mia scultura cerco l’Anima della materia. Ogni forma di vita possiede un’Anima; in ogni forma di vita sono presenti molteplici energie. Solo se considero la materia davanti a me come viva posso entrare in contatto con l’Anima che vi si nasconde, fondermi in essa e rendere il lavoro vivo”. Un tratto distintivo legato alle opere parietali sono le forme geometriche irregolari che si impossessano dello spazio circostante e si combinano con la “luce”, un altro elemento imprescindibile della sua poetica. Questo binomio emerge forte in opere recenti di Pietro Coletta come Vibrazioni occulte, Vibrazioni dell’inconscio e Compenetrazione (2024), sculture che si caratterizzano per l’uso di tavole assemblate in forme poligonali che creano composizioni dinamiche e innovative. L’uso della fiamma ossidrica conferisce profondità visiva, mentre fili metallici intrecciati generano giochi di luce e movimento, evocando un senso di trasformazione continua. La luce, elemento centrale, assume un valore simbolico, rappresentando la rivelazione e il contrasto tra fisico e spirituale, influenzata da teorie medievali sulla sua essenza creativa. Altre opere, come Apparizione ancestrale (2020), esplorano temi di memoria e spiritualità attraverso materiali e simboli che richiamano culture e riti lontani, trasportando l’osservatore in dimensioni sacre. In questi lavori, il dialogo tra luce e ombra sottolinea il mistero e l’invito a superare le apparenze per raggiungere una dimensione trascendente. In tutta la ricca produzione artistica di Coletta, di cui la mostra alla Paula Seegy Gallery rappresenta un approfondito excursus, la luce prevale sulla materia, conferendo alle opere un’aura mistica e profonda, un’essenza che trascende la fisicità. Pietro Coletta nasce a Bari il 2 dicembre 1948. Nel 1967 si trasferisce a Milano e si iscrive all’Accademia di Brera, dove frequenta i corsi di scultura di Marino Marini, Alik Cavaliere e Lorenzo Pepe. Nel 1969 prende uno studio in Corso Garibaldi, dove tuttora lavora e vive. Sono seguite importanti partecipazioni a molte delle principali rassegne espositive nazionali e internazionali: dal Premio San Fedele di Milano al XV Festival dei Due Mondi di Spoleto; dalla Quadriennale di Roma del 1975 a Pittura Ambiente al Palazzo Reale di Milano nel 1979, alla Lenbachhaus di Monaco, alla Hayward Gallery di Londra in Arte Italiana 1960-82, alla Power Gallery di Sydney e all'University Art Museum di Brisbane, alla Biennale di Venezia, Padiglione Italia. Nel 1984 partecipa a “Costruire l'illusione” presso l'ELAC di Arte Contemporanea del Comune di Lione. Nel 1987 il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano ospita una sua personale. Nel 1990 ha esposto alla Biennale di Toyama in Giappone; seguono le esposizioni in Sud America presso il Museo Sofia Imber di Caracas, al Museo di Bogotà e a Buenos Aires; nel 1995 espone nuovamente in Italia e inaugura l’installazione permanente al Museo d’Arte Contemporanea di Tortolì. Nel 2004 ha partecipato a “Scultura italiana 1960-2004” al Parco Scultura “La Palomba” di Matera e alla Fondazione Mudima di Milano. Nel 2005 ha partecipato alla rassegna “La scultura italiana del XX secolo” alla Fondazione Arnaldo Pomodoro a Milano. Si ricordano nel 2006 “Mitos - Miti e archetipi nel mare della conoscenza” al Museo Bizantino e Cristiano di Atene, così come a Tirana, Montecarlo e Cipro. Nel 2007 “Spirit into Shape. Contemporary Italian Sculpture” presso la sede dell’Ambasciata Italiana a Washington. Nel 2009 crea l’installazione permanente “Essenza del volo, volo dell’essenza” alla UCLA di Los Angeles. Nel 2013 alcune sculture vengono richieste per la mostra “International Sculpture” 2013 all’Hangaram Museum di Seoul; realizza una importante personale presso la Fondazione Mudima di Milano, presentando grandi installazioni. Dal 2010 al 2015 è stato docente di scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e, dal 2016, è membro dell’Accademia Nazionale di San Luca di Roma. Alcune sue opere sono state esposte anche in sedi istituzionali, tra cui il cortile del Conservatorio, la Biblioteca Sormani e Palazzo della Permanente a Milano. Dal 2017 al 2025 è presente in mostre personali e collettive in diverse gallerie e fiere italiane. (gci)
“DISGELO”: GREGORIO BOTTA RACCONTA LA NATURA CON LA SUA ARTE
Atipografia presenta “Disgelo”, mostra personale di Gregorio Botta (Napoli, 1953), aperta al pubblico dal 27 febbraio al 24 aprile negli spazi della galleria ad Arzignano, in provincia di Vicenza, antica tipografia di famiglia che la fondatrice e direttrice Elena Dal Molin ha trasformato in uno spazio espositivo dedicato all’arte contemporanea. La mostra, a cura di Elena dal Molin, presenta un nucleo di opere, quasi tutte inedite e realizzate appositamente per l’occasione. Il fil rouge che le unisce è strettamente legato alla pratica dell’essenziale. Botta lavora sull’atto del togliere, sull’assenza, sulla leggerezza e sulla semplicità delle forme. I suoi lavori sono delicati e intrisi di poesia, allo stesso tempo racchiudendo la forza degli elementi (aria, acqua, terra) e dei materiali (cera, alabastro, ferro), ma anche di ciò che si trova in natura, come le foglie. La mostra tocca quindi alcuni dei temi molto cari alla ricerca della galleria: il silenzio, la lentezza, l’intimità che si crea tra il visitatore e l’opera d’arte presentata. “Disgelo” segue la personale di Gregorio Botta alla Fondazione Volume! di Roma, chiusa nel dicembre 2024, e anticipa la prossima esposizione al Museo MAN di Nuoro, in apertura il 21 marzo. La mostra si inserisce a pieno titolo nella programmazione culturale di Atipografia che combina la vocazione per la realizzazione di progetti site-specific pensati per gli spazi dell’ex tipografia di Arzignano e la forte attenzione nel presentare sul territorio vicentino le voci più interessanti del panorama artistico contemporaneo globale. (gci)
“PICTURES OF YOU”: A MILANO LE FOTO DEL PROGETTO DI HENRY RUGGERI E REBEL HOUSE
Il 22 e il 23 marzo, per la prima volta a Milano, presso PARCO (via Ambrogio Binda, 30), sarà allestita la mostra fotografica interattiva “PICTURES OF YOU”, un progetto di Henry Ruggeri e Rebel House in collaborazione con PARCO e l’Associazione Culturale Cattarte, con il patrocinio della Fondazione Marche Cultura. La mostra è composta da più di 50 fotografie scattate da Henry Ruggeri ad artisti iconici del mondo della musica, come Pearl Jam, Foo Fighters, Rolling Stones, Ramones, Madonna e tanti altri. Grazie alla tecnologia fornita dall’app Notaway®, inquadrando ogni fotografia, appariranno direttamente sul telefono dei visitatori in realtà aumentata i contributi video che erano stati realizzati appositamente da Massimo Cotto, tra le voci di più amate di Virgin Radio e protagonista della storia del giornalismo musicale. In questo modo lo spettatore potrà non solo ammirare le fotografie, ma conoscere curiosità e aneddoti degli artisti ritratti grazie allo storytelling unico del grande giornalista. “PICTURES OF YOU” vede la collaborazione di Chiara Buratti, moglie di Massimo Cotto, per rendere omaggio al contributo straordinario che Massimo ha dato alla scena musicale internazionale. Un tributo innovativo che fonde passato e futuro, unendo memoria e tecnologia per mantenere viva l’eredità di un grande narratore della musica. Il progetto, oltre all’esposizione fotografica, sarà arricchito da una serie di eventi collaterali, tra cui incontri con artisti e giornalisti, showcase, talk e workshop interattivi, offrendo così una panoramica approfondita sulla cultura musicale e sullo storytelling legato al mondo del rock. Tra le iniziative del progetto “PICTURES OF YOU” anche l’omonimo libro interattivo, edito da Gallucci Editore, in cui sono presenti 120 fotografie di Henry Ruggeri. “Eravamo sul palco di Imola prima del concerto degli AC/DC - dichiara il fotografo Henry Ruggeri - e lui invece di essere emozionato perché avrebbe dovuto parlare davanti a 100.000 persone mi dice che gli sarebbe piaciuto collaborare con me. Poi ha affrontato il pubblico come se fosse la cosa più naturale del mondo. Ci ho messo nove anni per trovare un progetto all’altezza della sua grandezza e a lui l’idea è piaciuta un sacco. Ricorderò per sempre quella giornata, ricorderò per sempre Massimo. W Massimo!”. “È un orgoglio essere l’anello che unisce due artisti come Henry Ruggeri e Massimo Cotto - afferma Mattia Priori, direttore creativo di Rebel House - “PICTURES OF YOU” è un progetto emozionante, che da continuità all’opera di un uomo speciale che ha lasciato un grande segno nella comunità musicale italiana e che non vogliamo far dimenticare”. Andrea Agostini, presidente Fondazione Marche Cultura afferma: “Un bellissimo e innovativo progetto che nasce dalla creatività di grandi artisti e professionisti marchigiani come il fotografo Henry Ruggeri e Mattia Priori, direttore creativo di Rebel House. Un omaggio alla straordinaria figura di Massimo Cotto e un'opportunità unica di intraprendere un viaggio immersivo nella storia della musica, guidati ancora una volta dalla sua voce sempre calda e profonda. Siamo entusiasti di annunciare che stiamo organizzando un tour della mostra nelle principali città delle Regione”. Henry Ruggeri ha iniziato a “ritrarre la musica” nel 1988 per conoscere i suoi idoli: i Ramones. Da quel giorno non ha più smesso. Oggi è il fotografo ufficiale di Virgin Radio e uno dei più seguiti fotografi “live” della scena musicale italiana (oltre 160.000 follower nei suoi profili social). Tra i gruppi fotografati troviamo Pearl Jam, Foo Fighters, Rolling Stones, Madonna, Guns N’ Roses, Muse, AC/DC, Ramones, REM, Kiss, U2 e tanti altri. Dal 2014 sta portando in giro per l’Italia una raccolta di foto e memorabilia che raccontano la sua carriera trentennale passata nei pit degli eventi rock più importanti avvenuti in Italia. Ad oggi le mostre fatte sono oltre 50, con esibizioni in città come Napoli, Palermo, Roma, Cosenza, Treviso, Milano, Bassano Del Grappa, Taranto, Londra e Los Angeles. (gci)
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