La bellezza dei calanchi incontra l’arte: dallo scorso 15 marzo al 22 giugno le Collezioni Comunali d’Arte del Settore Musei Civici Bologna sono liete di accogliere il progetto espositivo itinerante “Azzurro fragile. I calanchi delle argille azzurre nell’arte contemporanea”, un approfondimento affidato a importanti artiste e artisti italiani e internazionali che hanno vissuto, vivono, o frequentano assiduamente il territorio solcato dalle celebri argille azzurre comprese tra i Comuni di Cesena e Castel San Pietro Terme. La mostra, a cura di Matteo Zauli, è promossa da Settore Musei Civici Bologna - Musei Civici d’Arte Antica, Regione Emilia-Romagna, Unione della Romagna Faentina, Comune di Faenza e Museo Carlo Zauli. Partner Museo Carlo Zauli per Azzurro fragile BPER Banca Private Cesare Ponti. Dopo l’esposizione “IMMANENTE. L'arte di Faenza riplasmata dall’acqua” fortemente voluta dal Comune di Bologna e organizzata alle Collezioni Comunali d’Arte a pochi mesi di distanza dall’alluvione che ha colpito il territorio romagnolo nel maggio 2023, “Azzurro fragile. I calanchi delle argille azzurre nell’arte contemporanea” costituisce la seconda espressione progettuale della convenzione sottoscritta tra Settore Musei Civici Bologna e Museo Carlo Zauli per la realizzazione di attività di ricerca, artistiche, culturali, didattiche, divulgative, partecipative che possano contribuire alla ricerca, valorizzazione, divulgazione e innovazione della cultura della ceramica e delle arti. La mostra, articolata in tre sezioni, si apre con un’ampia introduzione documentaristica che fornisce al pubblico informazioni storiche e naturalistiche su questo peculiare territorio, sottolineandone il ruolo svolto nello sviluppo dell’artigianato e dell’arte ceramica fin dall’epoca romana e testimoniando la fascinazione esercitata attraverso contributi filmici e fotografici affidati a Riccardo Calamandrei, Claudio Betti e Gruppo Fotografia Aula 21. Il percorso di visita prosegue con una sezione storica dove sono esposte xilografie, fotografie e disegni di Francesco Nonni (Faenza, 1885 - ivi, 1976), figura poliedrica di pittore, decoratore, illustratore, incisore, ceramista e xilografo che già dal 1925 più volte aveva scelto i calanchi come teatro delle proprie raffinatissime opere, due opere scultoree di Carlo Zauli (Faenza, 1929 - ivi, 2002), che proprio dai calanchi aveva tratto fortissima ispirazione per l’aspetto materico che caratterizza la sua scultura e tre collage su tavola di Giovanni Pini (Bologna, 1929 - Solarolo, 2020), artista “irregolare della pittura” che si è confrontato con tutte le esperienze artistiche più significative del secolo scorso, dalle Avanguardie Storiche all’Art Brut. La sezione contemporanea presenta artiste e artisti legati fortemente ai territori delle argille azzurre - per esservi nati o per aver scelto di viverci - con opere in molti casi prodotte appositamente per questo progetto e realizzate con diverse tecniche espressive: Sergia Avveduti, Gaia Carboni, Jacopo Casadei, Marco Ceroni, Silvia Chiarini, Barbara De Ponti, Oscar Dominguez, Filippo Maestroni, Cesare Reggiani, Andrea Salvatori, Marco Samorè, Juan Esteban Sandoval, Noriko Yamaguchi, Monica Zauli e Italo Zuffi. Dalla pittura alla fotografia, dal disegno alla scultura e all’installazione, la mostra è un viaggio nei calanchi affidato a molteplici linguaggi, che riflette tutta l’eterogeneità dell’arte contemporanea. “Azzurro fragile” nasce in connessione e rientra nel Festival dei Calanchi e delle Argille Azzurre ideato dal Museo Carlo Zauli e sviluppato insieme al Comune di Faenza. Giunto alla IV edizione, in programma a settembre 2025, il progetto di turismo culturale e audience development è teso alla creazione di un vero e proprio Parco Culturale e si pone come obiettivo la valorizzazione del vastissimo patrimonio naturale e culturale della zona geografica dei cosiddetti “calanchi delle argille azzurre”, un’area geografica compresa tra i territori di Forlì, Faenza, Brisighella, Riolo Terme, Castel Bolognese, Imola e Castel San Pietro Terme. Un territorio che comprende terrazze panoramiche, scorci mozzafiato, argille pregiate, fonti di acqua termale, vigne e coltivazioni pregiate e che è oggetto di innumerevoli storie, narrazioni, leggende. Un’area che è alla base dell’intera storia della ceramica di tutto il nostro territorio e che fu d’ispirazione per molti artisti, e in particolare Carlo Zauli, che a queste terre dedicò tanta parte del suo lavoro artistico. Un’area, dunque, che in pochissimi chilometri quadrati raccoglie meraviglie naturalistiche e culturali, ponendo le basi di un doppio binario che questo progetto vuole percorrere. La mostra sarà corredata da una pubblicazione che riprodurrà le vedute di allestimento delle opere alle Collezioni Comunali d’Arte, accompagnate dai testi di Eva Degl’Innocenti, Silvia Battistini, Massimo Isola e Matteo Zauli. Per quanto riguarda artisti e artiste, seguono gli elenchi. Sezione introduttiva: Giambattista Borsieri de Kanilfeld, Claudio Betti, Riccardo Calamandrei, Gruppo Fotografia Aula 21. Sezione storica: Francesco Nonni, Giovanni Pini, Carlo Zauli. Sezione contemporanea: Sergia Avveduti, Gaia Carboni, Jacopo Casadei, Marco Ceroni, Silvia Chiarini, Barbara De Ponti, Oscar Dominguez, Filippo Maestroni, Cesare Reggiani, Andrea Salvatori, Marco Samorè, Juan Esteban Sandoval, Noriko Yamaguchi, Monica Zauli, Italo Zuffi. (gci)
ALLA SCOPERTA DELLE OPERE DI RAOUL SCHULTZ A VENEZIA
Un’occasione per scoprire l'artista veneziano Raoul Schultz (1931-1971): la mostra su di lui, dal titolo “Raoul Schultz. Opere 1953-1970” e visitabile dallo scorso 22 marzo fino all’8 giugno nella Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, ripercorre con oltre cinquanta opere la breve ma ricca vicenda artistica dell'autore, spaziando dalle sue prime sperimentazioni figurative degli anni Cinquanta, esposte nelle collettive dell'Opera Bevilacqua La Masa, fino alle ricerche più mature degli anni Sessanta, come le Prospettive curve e le Nuove strutture. In questo periodo, Schultz sviluppa una profonda amicizia con Tancredi, con cui condivide lo studio a Palazzo Carminati. L’esposizione esplora anche il suo lavoro nel cinema, collaborando con Tinto Brass, e nel fumetto, dove entra in contatto con artisti come Hugo Pratt. Tra le sue opere più significative, figurano le serie concettuali Calendari e Toponomastiche, che indagano il tempo e la memoria. (gci)
“DUAL NATURE”: A MILANO L’ARTE DI ANTONIO BARDINO E FRANCESCO DE MOLFETTA
Alla scoperta di due artisti contemporanei: dallo scorso 18 marzo al 15 maggio, la galleria Area\B di Milano presenta la mostra “Antonio Bardino e Francesco De Molfetta. Dual Nature”, a cura di Giuseppe Frangi: circa venti lavori, di piccole, medie e grandi dimensioni, di recente produzione e per la maggior parte inediti, di Antonio Bardino (Alghero, 1973) e Francesco De Molfetta (Milano, 1979) che raccontano l’elemento naturale in una duplice dimensione attraverso i linguaggi della pittura e della scultura. Una natura sfuggente e a tratti ambigua quella che le opere dei due artisti rappresentano con la loro visione e il loro personale approccio: tramite una “pittura scultorea” il primo e una “scultura pittorica” il secondo, il soggetto naturale viene trattato in maniera volutamente artificiosa. Due linguaggi che si relazionano senza cedere al proprio specifico, presentandosi come identità chiare e precise disposte a mutare rivelando la loro “doppia natura”. Il lavoro pittorico di Antonio Bardino entra in profondità nel soggetto naturale che rappresenta rispettandolo e al tempo stesso enfatizzandolo in una direzione di apparente iperrealismo. Presenti in mostra tele di grandi dimensioni che trasformano l’ambiente in una serra dove le foglie di agave viste in close-up si protendono fino a uscire dallo spazio dipinto. È il caso, per esempio, dell’opera “Resistenze”, un olio su tela del 2024 in cui Bardino si avvicina e avvicina lo sguardo dell’osservatore al soggetto vegetale, che prorompe con tutto il suo vitalismo, volendosi spingere oltre i margini della tela. È un’immagine che però contiene un’ambiguità: davanti al dato naturale l’artista interviene moltiplicando l’articolazione delle foglie con un intento deliberatamente artificioso. L’autore si spinge in direzione di una reinvenzione della realtà rappresentando un soggetto naturale che sconfina paradossalmente in una dimensione antinaturalistica. Artificiose, inventive, quasi fantastiche le sculture di De Molfetta, in grado di far scattare meccanismi immaginari in virtù dei quali la natura, seppure incorporata nella ceramica, sembra sul ciglio di uno slittamento, pronta a trasformarsi in creatura animata grazie ai cromatismi che la rivestono. Opere che partendo da un proclamato intento di finzione animano un mondo dove creature vegetali, animali e umane si fondono in un orizzonte disegnato da un vitalismo fantastico che sfugge ad ogni regola. Nelle mani di De Molfetta la ceramica, tecnica solitamente austera, sprigiona una fantasia fuori controllo. La scultura si fa gioco, da vedere e da toccare, ma a furia di spingersi fuori dalle regole prende anche un profilo vagamente inquietante. Come nelle tele di Bardino, anche nelle opere di De Molfetta il pubblico è chiamato a rapportarsi con una dimensione di un “troppo”, di un “fuori misura”. L’artista nei suoi lavori insinua un pizzico di follia come nella ceramica presente in mostra “Puffany & Co” dove su una zolla di prato, in un verde gonfio di erba troppo smaltato per essere reale, si consuma un bizzarro rito nel mondo dei Puffi. A unire le due poetiche e i due linguaggi così differenti è la nitidezza del segno rispettivamente pittorico e scultoreo: segni caratterizzati da un’energia che arriva e investe l’osservatore, affascinando e attivando imprevisti percorsi emotivi. Accompagna la mostra un catalogo edito da Vanillaedizioni, con un testo del curatore Giuseppe Frangi. (gci)
COVID, LE FOTO DI FRANCESCO TOIATI RACCONTANO IL LOCKDOWN A ROMA
Roma come non si era mai vista. Vuota, immobile, quasi sospesa nel tempo. È questa l’immagine che emerge dalla mostra “Il silenzio del Lockdown – Roma al tempo del Covid” inaugurata il 20 marzo presso Spazio5, a Roma, rimanendo allestita fino al 3 aprile. Un viaggio fotografico attraverso la Capitale nei mesi della chiusura totale, raccontato dall’obiettivo di Francesco Toiati, fotoreporter de Il Messaggero. Dall’alto di un elicottero delle Forze dell’Ordine, Roma appare desolata e malinconica: Piazza di Spagna senza turisti, Via Sistina silenziosa, San Giovanni privo di passanti, la spiaggia di Ostia con un solo ombrellone aperto. Ma anche a livello strada, nelle immagini catturate in sella a uno scooter, il vuoto si fa tangibile: strade senza traffico, gabbiani padroni delle piazze, clochard lasciati soli, sguardi sospettosi di chi sfida i divieti. Un’atmosfera surreale che sembra uscita da un film di fantascienza, ma che è stata la realtà di quei lunghissimi mesi. Attraverso questa straordinaria raccolta di scatti, Toiati documenta non solo la dimensione estetica e simbolica di una Roma in lockdown, ma anche le difficoltà, le paure e le contraddizioni vissute dalla città durante l’emergenza sanitaria. Un reportage che è stato pubblicato sulle pagine de Il Messaggero e che oggi si trasforma in una mostra capace di restituire la memoria visiva di un momento storico senza precedenti. Nato a Roma nel 1962, Francesco Toiati inizia la sua carriera nel 1984 con Paese Sera. Dopo la chiusura del quotidiano, entra in una storica agenzia fotografica, coprendo per oltre cinque anni i conflitti nei Balcani e nell’Europa dell’Est. Dal 1994 collabora con Il Messaggero, raccontando alcuni degli eventi più significativi della cronaca italiana e internazionale. Nel corso della sua carriera ha documentato il terrorismo in Italia, i processi alla Banda della Magliana, i funerali di Enrico Berlinguer, i terremoti dell’Aquila e dell’Emilia, le alluvioni di Sarno, fino alla guerra in Jugoslavia e alla rivoluzione in Romania. Durante la pandemia, ha raccontato Roma nei mesi del lockdown, offrendo un punto di vista unico sulla città sospesa tra paura e resistenza. Oggi Francesco Toiati continua il suo lavoro con passione mantenendo sempre vivo lo spirito del fotogiornalismo. "Ancora oggi vado in giro per la mia città a cercare notizie e dare un senso a questo mestiere, che è il più bello del mondo", racconta Toiati. (redm)
A MILANO L’ESPOSIZIONE IMMERSIVA SU BANKSY
Milano, città che ha dato il via allo straordinario tour italiano della mostra “The World of Banksy. The Immersive Experience”, torna a ospitare l’esposizione "immersiva" che, tra il 2021 e il 2022, ha conquistato oltre 2,5 milioni di visitatori in tutto il mondo e 150mila in Italia. Dopo i successi internazionali di Barcellona, Madrid, Parigi, Praga, Bruxelles, Lisbona, Dubai e New York, e dopo aver toccato Roma, Napoli, Torino, Genova, Bologna e Verona, la mostra torna con un concept completamente rinnovato, nel nuovo spazio espositivo Varesina 204, nel cuore del Milano Certosa District, al centro di un importante programma di rigenerazione urbana promosso da RealStep, “The World of Banksy” trasforma lo spazio Varesina 204, fino al 29 giugno, in un ambiente capace di coinvolgere i visitatori attraverso un percorso che celebra le opere e i messaggi dell'artista britannico. L'esposizione presenta oltre 100 lavori, tra graffiti, fotografie, installazioni e stampe realizzate su materiali come tela, tessuto, alluminio, forex e plexiglass, tutte riprodotte appositamente per il concept della mostra. Opere iconiche come Ozone Angel, Steve Jobs, Napoleon e Flower Thrower accompagneranno il pubblico in una narrazione visiva che spazia tra impatto estetico e riflessione sociale. Un'ulteriore sezione video arricchirà l'esperienza, approfondendo la storia e i significati dei murales più celebri dell'artista. L'esposizione invita il visitatore a interrogarsi su temi attuali come consumismo, guerra e potere, superando il semplice stupore visivo. “The World of Banksy” è l'occasione per esplorare una forma d'arte che stimola il pensiero, trasmettendo messaggi di critica sociale, pur mantenendo viva l'essenza di un linguaggio universale e inclusivo. L'evento è curato da Artful Events Collective, che dal 2017 ha sviluppato un approccio di curatela collaborativa, rendendo “The World of Banksy” un'esperienza unica e in continua evoluzione. Con l'ingresso del Direttore Creativo Emre Ezelli nel team, sono state introdotte nuove idee, dando vita a opere e allestimenti spettacolari che fondono magistralmente tecniche tradizionali con innovazioni digitali. Nonostante il misterioso anonimato che caratterizza Banksy e la difficoltà di ottenere qualsiasi tipo di autorizzazione ufficiale, la mostra rappresenta una rara opportunità per immergersi nel suo mondo attraverso straordinarie riproduzioni delle sue opere. Questo progetto espositivo si configura come un tributo alla figura enigmatica dell'artista, capace di trasformare l'arte in uno strumento di riflessione sociale e critica collettiva, spingendo il pubblico a confrontarsi con tematiche universali attraverso il linguaggio della Street Art. Banksy, icona della Street Art contemporanea, ha conquistato il mondo con i suoi graffiti realizzati con la tecnica dello stencil. Dalla metà degli anni Novanta, le sue opere sono apparse in spazi pubblici in ogni angolo del globo, da Londra a Tokyo, da New York a Venezia. Attraverso immagini incisive e provocatorie, Banksy affronta temi come politica, consumismo e contraddizioni sociali, guadagnandosi l'ammirazione di un pubblico vasto e di numerosi personaggi pubblici. Nonostante la sua avversione verso la commercializzazione dell'arte, le sue opere hanno raggiunto cifre da record nelle aste internazionali, consolidando la rilevanza della Street Art nel panorama artistico globale. Tra gli eventi più celebri, la vendita di Girl with Balloon, autodistrutta nel 2018, e il record stabilito nel 2021 con Love is in the Bin, aggiudicata per 21,6 milioni di euro. Banksy ha mantenuto anche un forte impegno filantropico, destinando i proventi di alcune opere a cause umanitarie, come il supporto all'NHS britannico e a un ospedale palestinese. L'influenza dell'artista è stata riconosciuta da prestigiose istituzioni culturali come il British Museum e la Tate Modern. Nel 2023, Banksy ha autorizzato per la prima volta in 14 anni una mostra presso la Gallery of Modern Art di Glasgow. Nel marzo del 2024, un suo nuovo murale apparso a Finsbury Park, a Londra, ha veicolato un forte messaggio ambientalista, confermando il suo impegno nelle principali questioni globali. (red)
INPS: UNA COLLETTIVA DI ARTISTI INTERNAZIONALI SUL WELFARE CULTURALE
Si tiene dal 3 al 13 aprile, a Milano, a Palazzo Piacentini, sede dell’INPS, la collettiva “Contemporanea, per un’arte responsabile” a cura di Valerio Dehò e Annalisa Bianco che si propone di promuovere il welfare culturale in Italia, aprendo un dialogo diretto con le nuove generazioni. L’iniziativa nata da un’idea del presidente dell’INPS Gabriele Fava intende dimostrare che il welfare non è solo assistenza, ma anche promozione della cultura, essenziale per il diritto alla gratificazione e alla crescita personale dei cittadini. Attraverso l'arte, si mira a connettere diverse generazioni, creando un dialogo che arricchisce sia i giovani che gli adulti. Un approccio che si inserisce nel contesto del Welfare generativo, che valorizza le relazioni sociali e la partecipazione attiva dei cittadini nella costruzione del bene comune. La mostra è il risultato di “un lungo percorso di sensibilità dell’INPS verso l’arte e la cultura. L'Istituto, custode della memoria storica e dell'identità collettiva del Paese, si impegna nella valorizzazione del patrimonio culturale e nel mecenatismo, creando legami intergenerazionali con artisti di diverse età e esperienze. In questo modo, si promuove una visione del welfare che integra la dimensione culturale come parte integrante del benessere collettivo” come si legge nella presentazione. Gli artisti in mostra sono i seguenti. Raimondo Galeano nato a Catanzaro nel 1948 e residente a Bologna, è conosciuto per le sue “cronopitture” che utilizzano polvere luminescente, creando opere che rivelano la loro essenza sia al buio che alla luce. Roberto Pugliese, nato a Napoli nel 1982, utilizza i new media per esplorare il legame tra suono, tecnologia e biologia, creando opere che interpretano la relazione tra tecnologia e percezione sensoriale. Hyon Soo Kim è nata in Corea del Sud e residente a Berlino. La sua opera si concentra sul concetto di maternità come simbolo di speranza e futuro, esplorando l'identità e la solidarietà umana attraverso sculture e disegni. Arthur Duff, nato a Wiesbaden nel 1973, definisce il suo lavoro come un “esperimento” continuo, creando spazi esperienziali che uniscono luce e linguaggio, offrendo un'esperienza immersiva che invita alla riflessione. Marta Longa, nata nel 1995 a Erba, esplora temi filosofici ed esistenziali utilizzando materiali come pietre e marmi. Con la serie “I care”, crea protezioni per alberi nei parchi, collegando la sua arte alla sensibilità ecologica. Esposte anche le opere di Universal Everything, collettivo attivo dal 2004 che ha collaborato con importanti marchi e istituzioni e le cui opere interattive e immersive esplorano il confine tra arte e tecnologia, offrendo esperienze visive coinvolgenti. “La mostra non è solo un'esposizione, ma un invito a riflettere su come arte e cultura possano interagire con il welfare, creando opportunità per una società più coesa e inclusiva. Si vuole che i giovani si sentano parte di questo progetto, vedendo nell'arte un diritto fondamentale e non un lusso. La cultura deve essere accessibile a tutti, in quanto pilastro essenziale per la crescita e il progresso della società. Attraverso il Welfare generativo, si promuovono relazioni sociali e una partecipazione attiva, contribuendo a costruire un futuro più equo e solidale”, conclude la presentazione. (redm)
NELLA FOTO. Riccardo Calamandrei. I calanchi tra storia, arte e natura, 2021. Video, colore, 4’31” (DETTAGLIO)
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