Arriva la stretta in Consiglio dei ministri per l’acquisizione della cittadinanza in favore degli italo-discendenti. Il Consiglio dei Ministri infatti ha adottato oggi il “pacchetto cittadinanza” che si pone obiettivo delle misure adottate oggi è valorizzare il legame effettivo tra l’Italia e il cittadino all’estero. Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiarito che “non verrà meno il principio dello ius sanguinis e molti discendenti degli emigrati potranno ancora ottenere la cittadinanza italiana, ma verranno posti limiti precisi soprattutto per evitare abusi o fenomeni di “commercializzazione” dei passaporti italiani. La cittadinanza – ha più volte ribadito il ministro in conferenza stampa - deve essere una cosa seria”. Le nuove norme, che constano di un decreto legge subito in vigore e di due disegni di legge, hanno l’obiettivo di porre un freno al forte incremento di riconoscimenti della cittadinanza registratosi nell’ultimo decennio soprattutto dal Sud America: dalla fine del 2014 infatti i cittadini residenti all’estero sono aumentati da circa 4,6 milioni a 6,4 milioni, e i procedimenti giudiziari pendenti per l’accertamento della cittadinanza sono oltre 60mila, con l’Argentina che è passata dai circa 20.000 del 2023 a 30.000 riconoscimenti già l’anno successivo, e il Brasile da oltre 14.000 nel 2022 a 20.000 lo scorso anno. La riforma, spiega Tajani, “libererà risorse per rendere i servizi consolari più efficienti, nella misura in cui questi potranno dedicarsi in via esclusiva a chi ne ha una reale necessità, in virtù del suo concreto legame con l’Italia. Il sistema attuale si ripercuote infatti sull’efficienza degli uffici amministrativi o giudiziari italiani, messi sotto pressione da chi si reca in Italia solo nel tentativo di accelerare l’iter del riconoscimento della cittadinanza, alimentando anche frodi o pratiche scorrette”.
Il decreto-legge approvato oggi prevede che gli italo-discendenti nati all’estero saranno automaticamente cittadini solo per due generazioni: solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia sarà cittadino dalla nascita. Nella seconda fase, con un primo disegno di legge (sempre approvato oggi) si introducono ulteriori e più approfondite modifiche sostanziali alla legge sulla cittadinanza. Si impone innanzitutto ai cittadini nati e residenti all’estero di mantenere nel tempo legami reali con il nostro Paese, esercitando i diritti e i doveri del cittadino almeno una volta ogni venticinque anni. “Vogliamo favorire l’immigrazione di ritorno, ma non gli imbrogli. Il figlio di cittadino italiano diventerà italiano se starà in Italia per almeno due anni. Chi ha almeno un nonno italiano, potrà acquisire la cittadinanza dopo aver risieduto almeno per 3 anni in Italia. I coniugi di cittadini italiani potranno ottenere la naturalizzazione ma solo se risiedono in Italia” ha spiegato Tajani. La riforma è completata da un secondo disegno di legge che rivede anche le procedure per il riconoscimento della cittadinanza. I residenti all’estero non si rivolgeranno più ai consolati, ma ad un ufficio speciale centralizzato alla Farnesina. I consolati dovranno concentrarsi sull’erogazione dei servizi a chi è già cittadino e non più a “creare” nuovi cittadini. Il provvedimento contiene, infine, altre misure per migliorare e modernizzare l’erogazione dei servizi: legalizzazioni, anagrafe, passaporti, carte d’identità valide per l’espatrio. Inoltre, si prevedono misure organizzative per mettere la struttura della Farnesina sempre più al servizio dei cittadini e delle imprese. Critiche le prime reazioni da parte dell’opposizione: secondo Fabio Porta, deputato del Partito democratico eletto all’estero, “se qualcuno aveva ancora qualche dubbio, oggi avrà le idee più chiare: il governo Meloni-Tajani-Salvini ha dichiarato guerra agli italiani nel mondo: pensionati, disoccupati, italo-discendenti… mai tanti provvedimenti presi in così poco tempo e con tale virulenza come quelli di questi ultimi mesi”.
(Sis)
(© 9Colonne - citare la fonte)