C’è stato un recente momento in cui il filosofo è prevalso sul politico e sull’uomo della dimestichezza televisiva, ed il momento accadeva in diretta tv: lui era collegato probabilmente da Venezia, mentre nello studio un altro illustre “genio”, ospite qualche settimana fa nel presente spazio, in un accesso d’ira, cominciava ad inveire, attaccare ed offendere in direzione dell’assente-presente. Massimo Cacciari allora, che aveva dato segni plastici di dissenso, allargando le braccia, prese a togliersi l’auricolare, a porgere per un frame le terga a favore di telecamera e ad andarsene, lasciando la sede del collegamento vuota. L’accusatore, Vittorio Sgarbi, che con ogni probabilità aveva pronta la mina in tasca ancor prima dell’inizio della trasmissione, a quel punto si pettinava con la mano i capelli, non unico, tra i presenti, nel crogiolarsi in una soddisfazione da impennata d’orgoglio e di share. Massimo Cacciari forse lo vedremo ancora apparire nel piccolo schermo. Ma ci piace pensare che ne sia uscito, con quella sorda stizza, per sempre; che si sia reso imprendibile alla semplificazione catodica, recuperata l’elaborazione analitica nella sua assolutezza, non dando più tracce di sé, se non attraverso opere libresche. Sarebbe un gesto di alta rottamazione intellettuale. Un gesto molto grillino, nel rifiuto del paradigma dell’inciucio televisivo (sebbene, sia chiaro, i Becchi, gli ideologi più o meno autorizzati del M5S stanno consumando le poltrone dei talk show coi loro calzoni biodegradabili). L’ex sindaco di Venezia ha appena dato alle stampe un libro per Adelphi, “Il potere che frena”, e quattro anni fa raccontava al “Corriere della Sera”: “Non intendo più candidarmi a nulla. Nel 2010 non farò più il sindaco di Venezia, né il deputato. Basta. Quante volte occorre essere sconfitti in una vita? Continuerò a dire la mia, ma non accetterò più impegni organizzativi. Ho già dato, serve realismo. Trent'anni fa speravo con altri di poter imprimere una svolta al Pci. Poi ci ho provato con Occhetto, quindi con il partito dei sindaci, con l'Asinello di Prodi, con la Margherita e infine con il Pd. Quel che ora dice Rutelli io l'avevo detto molto tempo prima. A chi dovrei continuare a predicare?”. Ecco, poiché ha sperimentato trasmissioni di attualità di ogni sorta, e la cosa è cominciata ad andargli storta, a chi dovrebbe continuare a predicare? “Continuerò a scrivere”, vorremmo leggere su qualche quotidiano, perché così le sue idee richiederebbero uno sforzo in più che non la premitura di un tasto di telecomando. Invece l’intervistatrice di cui sopra constatò: “Quanta amarezza” nelle sue parole sulla politica. E lui: “Macché amarezza, una liberazione. Non vedo l'ora di tornarmene all'università”. Di lui si favoleggia - ne dà conto per esempio “leggendemetropolitane.net” - che fosse l’amante della donna che stava dietro al contrario di Cacciari: Berlusconi. Pura fantasia, è la vendetta accademica contro la montante rilevanza del gossip, attraverso il gossip, superando il gossip: chi non ha pensato almeno una volta che la nemesi di un ridanciano miliardario libertino, ammantato di intrattenimento e leggerezza, non stesse nelle mani di un filosofo, colto, antitetico, collerico, denso e affascinante come Massimo Cacciari? Che torni da dove è partito, dal logos, che poi è la regina di ogni opinione, magari regalandoci un altro “Angelo necessario” (L’Adelphi, 1986): che poi Cacciari può fare a meno della televisione, ma la televisione, potrà fare a meno di Cacciari? (Valerio De Filippis)
(© 9Colonne - citare la fonte)