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CI VORREBBE UN NUOVO EINAUDI

CI VORREBBE UN NUOVO EINAUDI

di Giovanni Farese

Eletto Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi parlò alle Camere di centralità del Parlamento nella vita democratica e di necessità di ridurre nella società le disuguaglianze nei punti di partenza. Sono temi ancora attuali. Il secondo, in particolare, è un richiamo che suona socialista ma che è invece autenticamente liberale. L'aumento delle disuguaglianze - che secondo alcuni ha contribuito a determinare la crisi - ha certamente creato un ambiente politico e intellettuale in cui era più difficile riconoscere i segnali di pericolo. Tanto che il liberalismo oggi è in crisi - nonostante il suo successo di superficie - perché ha dimenticato la saggezza di Luigi Einaudi. Una saggezza che, come ogni vera saggezza, toccava anche i gesti della vita quotidiana. E' noto che, alla fine di una cena al Quirinale, Einaudi porse ad Ennio Flaiano la metà di una pera, giudicata per lui troppo grande. Non voleva sprecarla. Anni dopo l'economista Paolo Savona scrisse un arguto articolo nel quale spiegava le conseguenze economiche del passaggio dell'Italia da Repubblica delle pere divise a Repubblica delle pera indivise. Servirebbe dunque un Einaudi con la sua saggezza? Sì. Ma non c'è, si dice. Mancano davvero gli Einaudi nell'Italia di oggi? Non credo. Ci sono nel Paese economisti onesti e capaci - se economista dovrà essere anche il nuovo Presidente - che non lo farebbero rimpiangere. Il punto è che il Paese non sa più riconoscere e riconoscersi negli Einaudi. Quanti sono ancora disposti a credere nella bellezza dell'onestà, del lavoro, dei piccoli risparmi? Quanti credono, al di là delle dichiarazioni, in Einaudi? (9 apr - Giovanni Farese, autore di “Luigi Einaudi. Un economista nella vita pubblica” Rubbettino)

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