Ultima manciata di giorni del settennato di Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica. Sono i giorni più complessi e meno avvincenti per l’uomo che ha fronteggiato il mandato con costante equilibrio e inventiva. Ha inventato Mario Monti, ha creato un governo tecnico, il cui giudizio sarà più sereno tra qualche anno, ma certo è stato determinante per uscire dallo stallo politico nel quale ci trovavamo. S’è inventato una cosa pressoché inedita per la Repubblica: individuando dieci saggi, che in dieci giorni hanno cercato le basi comuni tra le diverse visioni in campo, su cui poggiare i binari della futura azione di governo. Un modo per tentare, ancora una volta, la carta della coesione al fine d’uscire da un nuovo e più strutturale stallo, che ha dello stremante. Vedremo. Ci ricordiamo Pertini per l’esultanza ai mondiali di calcio, ci ricorderemo Giorgio Napolitano, per cosa? In questi anni è cambiato tutto, a cominciare dal linguaggio della politica. La tv ed i giornali hanno contribuito sia a santificare la figura del Quirinale (come salvatore della patria), sia a smitizzarla (con attacchi violenti sulla questione della trattativa tra Stato e Mafia). In anni passati il Capo dello Stato era vissuto più o meno come una statua (viva), con la sua potente forza rappresentativa. Nessun giornale si sarebbe permesso di fare una campagna contro la più alta carica dello Stato. Ma del resto, questi anni sono stati anni in cui la cosa pubblica è stata fortemente messa in discussione. Le bordate di Stella e Rizzo alla casta, cui ha fatto seguito il grillismo, gli scandali, le ruberie indecenti, il saccheggio di pochi a danno di molti, e quei molti che hanno votato quei pochi si stanno ora ribellando. Non è affatto colpa di Giorgio Napolitano, ma l’aria di santità laica, se passa il paradosso, non la calzerà più il prossimo inquilino del Quirinale. Sono stati anni di diminuzione dei vertici, anni in cui abbiamo appreso, anche il Papa può scendere dalla croce, ritirarsi o dimettersi, come può ogni altra carica. Nulla è più a vita se non i senatori. E fa specie che non ci sia stato un post di Grillo contro di loro, un monito dell’ex comico contro la carica a vita. Magari c’è sfuggito. Se il clima non fosse notevolmente cambiato, non sarebbe stato possibile però, nemmeno un momento di ilarità nazional-popolare, come quella che ci ha regalato l’imitazione di Napolitano che ha come consigliere un corazziere. Crozza è nel pieno di questa tendenza al ribassamento della testa del Paese. Il suo paese delle meraviglie è un posto dove il Presidente della Repubblica si consulta con un corazziere, gli spiega le cose sulla lavagna, ed infine canta. Il canto di Giorgio Napolitano sta tutto in questo crepuscolo della dimensione statuaria del Presidente della Repubblica, a favore di una fattualità responsabile, il cui deciso iniziatore è stato senza dubbio lui.
(Valerio de Filippis)
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