Papa Leone XIV è in Libano per il suo ultimo giorno del viaggio apostolico cominciato il 27 novembre scorso in Turchia e giunto alla conclusione a Beirut, dove in mattinata ha visitato l'Ospedale de la Croix e il porto della città, luogo della tragica esplosione del 2020. Il Pontefice è stato accolto a inizio giornata dalla Madre Superiora della Congregazione delle Suore Francescane della Croce del Libano, dalla Superiora del Convento e dalla direttrice dell’Ospedale, che lo hanno accompagnato al teatro della struttura. "Quanto si vive in questo luogo è un monito per tutti, per la vostra terra ma anche per l’intera umanità: non possiamo dimenticarci dei più fragili, non possiamo immaginare una società che corre a tutta velocità aggrappandosi ai falsi miti del benessere, ignorando tante situazioni di povertà e di fragilità. In particolare noi cristiani, che siamo la Chiesa del Signore Gesù, siamo chiamati a prenderci cura dei poveri: il Vangelo stesso ce lo chiede", così ha detto Leone nel suo discorso, dopo il quale ha visitato privatamente il padiglione Saint Dominique, per poi mettersi in viaggio alla volta del porto di Beirut. Nel ricordo delle oltre 200 vittime e delle migliaia di feriti dell'esplosione avvenuta il 4 agosto del 2020 il Papa ha pregato in rigoroso silenzio di fronte al monumento di marmo che riporta i nomi delle vittime. Al termine della preghiera ha deposto una ghirlanda e ha salutato i sopravvissuti e familiari delle vittime, per poi dirigersi in papamobile al Beirut Waterfront, dove ha preso parte all'ultima messa del suo viaggio apostolico prima del rientro a Roma in giornata: "Tanti problemi affliggono" la terra libanese, caratterizzata da "un contesto politico fragile e spesso instabile, dalla drammatica crisi economica che vi opprime, dalla violenza e dai conflitti che hanno risvegliato antiche paure", ha detto Prevost nella sua omelia al Beirut Waterfront. "Riconoscere la piccolezza del germoglio che spunta e cresce pur dentro avvenimenti dolorosi" è la strada da seguire per Leone, che ha proseguito: "Ciascuno deve fare la sua parte e tutti dobbiamo unire gli sforzi perché questa terra possa ritornare al suo splendore. E abbiamo un solo modo per farlo: disarmiamo i nostri cuori, facciamo cadere le corazze delle nostre chiusure etniche e politiche, apriamo le nostre confessioni religiose all’incontro reciproco, risvegliamo nel nostro intimo il sogno di un Libano unito, dove trionfino la pace e la giustizia, dove tutti possano riconoscersi fratelli e sorelle". Infine ha concluso: "Libano, rialzati! Sii casa di giustizia e di fraternità! Sii profezia di pace per tutto il Levante!". (sio - 2 dic)
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