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Il danno sociale
delle rottamazioni

Il danno sociale <br> delle rottamazioni

Vittorino Beifiori

La legge finanziaria, che da settimane tiene impegnati i parlamentari con manifestazioni anche ridicole, come la presentazione di 1.600 emendamenti della maggioranza al documento presentato dal governo, rischia di far dimenticare le malefatte fuori programma. Si tratta dei condoni e delle rottamazioni fiscali.
Dal 2016 sono state effettuate 5 rottamazioni (2016, 2017, 2018, 2022 e 2023, un saldo e stralcio nel 2018, tre operazioni di stralcio nel 2018, 2021 e 2022, un condono generosissimo a fine 2023 per aderire al concordato preventivo biennale del 2024-2025. Chi non aveva pagato le tasse, ha potuto pagare meno del dovuto o con lunghe dilazioni. Vengono eliminati gli interessi maturati e le penalità, il resto può essere pagato a rate.
Nelle passate rottamazioni si rateizzava in 4/5 anni, con questa legge di bilancio in 9 anni. Gli interessi sono bassi (2%) e comunque più bassi di quelli bancari (4%). Inoltre l’attuale condono non prevede alcuna garanzia a favore dello Stato.
Nelle prime rottamazioni è stato pagato il 40% di quanto pattuito. Come si vede è un incentivo a non pagare le tasse in attesa della prossima rottamazione. Può accedere chi ha fatto la dichiarazione dei redditi e chi non ha avuto l’accertamento da parte della Agenzia delle Entrate. In ogni caso non c’è alcuna garanzia di pagamento.
Inoltre non è assolutamente vero che chi non ha pagato le tasse era in crisi economica, perché nel 2010-2013 non c’era crisi economica. Semplicemente non conveniva pagare. Ciò ha provocato un danno sociale: nel 2020 il costo della rottamazione è stato di 1,5 miliardi, il maggior costo della sanità di 2,1 miliardi.

(© 9Colonne - citare la fonte)