Vanno a Sanremo e fanno una canzone metasanremese prendendo sostanzialmente per i fondelli tutto il genere melico del festival fiorato (“La canzone mononota”). Vanno al concertone del Primo Maggio, la kermesse sindacale che dal 1990 celebra per via musicale la giornata del lavoro, e prendono per i fondelli il metalmeccanico “che brandisce una biella”, come “lu guaglione dentro al centro sociale… lu poliziotto che lo vuole acchiappare” (“Complesso del Primo Maggio”). “Elio e le Storie Tese” è un gruppo musicale, tra i vari sottogeneri del rock, compare sotto l’etichetta “demenziale”, dal gruppo stesso respinta e a ragione, visto che mai demenza fu più corrosiva, centrata, sottile. Mentre il rock cosiddetto demenziale punta al nonsense, Elio punta al doppio, persino al triplo senso. Ne esce spesso un affresco ironico pieno di critica sociale. Come nel caso del primo maggio, appunto: non viene risparmiato nessuno, tantomeno il pubblico stesso, la sua composizione antropologica. Gente che balla a torso nudo, chitarre acustiche scordate, l’assurdo un po’ inutilmente woodstockiano dell’esibizione pomeridiana, sudaticcia e birro-centrica, la lotta tra band per cantare un minuto di più degli altri, il conformismo dei pezzi “Tipo Bregovic”, nell’ammissione ben dichiarata che “La musica balcanica ci ha rotto i coglioni”. La musica di Elio è una guerra allo stereotipo. Perché: “Certo ne avrei senz’altro tutta un’altra opinione/Se fossi un balcanico/Se fossi un balcone/Ma siccome non sono croato/Né un balcone balcano/Io non capisco perché/Tutti quanti continuano/Insistentemente a suonare questa musica di merda”. Mentre quella è una musica “di merda” (lontano dall’essere un’autocritica, il passaggio ricorda un po’ il Nanni Moretti vestito da pinguino, che alla platea urlava: “pubblico di merda!”, e la platea in coro rispondeva: “pubblico di merda”). La loro no: la loro è musica di raffinati musicisti, persino troppo tecnicamente osannati. La storia del gruppo parte da lontano, dai primi anni Ottanta, roba di amici di liceo. Vede però la consacrazione, il successo, più che per l’imposizione sul mercato discografico, più tardi, nella crescente e fortunata presenza mediatica. Da ultimo, Elio, e solo lui, è stato uno dei giudici di X-Factor, il talent show musicale più importante dopo “Amici”. Nel 1996 portarono a Sanremo un pezzo che diciassette anni dopo è ancora di un’attualità disarmante: “Parcheggi abusivi, applausi abusivi, villette abusive, abusi sessuali abusivi; tanta voglia di ricominciare abusiva” (“La terra dei Cachi”). Come la si canti la loro canzone è sempre un referendum sul nostro Paese: “Italia sì Italia no Italia bum, la strage impunita”.
(© 9Colonne - citare la fonte)