Lavoro, lavoro e lavoro: questa è la stella polare che deve aver guidato la scelta del “traghettatore” (termine pericolosamente dantesco), meglio dire del “reggente” alla segreteria del Partito Democratico. E vien da sé (nel caso del Pd si fa per dire che venga da sé), il nome di Guglielmo Epifani, già segretario generale della Cgil, il sindacato per antonomasia più vicino alla politica progressista, che tante figure di carisma ha generato, vedi alla voce Sergio Cofferati, alla sua epocale manifestazione del marzo 2002 (undici anni or sono), quando si parlava di articolo 18, e “il cinese” portò in piazza - al Circo Massimo - tre milioni di persone. Chi ricorda quell’evento, che aveva il sapore di una nascente leadership di centrosinistra capace di dare una spallata popolare a Berlusconi, tanto e sentita fu l’adesione a quella manifestazione, rimase però deluso in seguito. Cofferati non prese le redini del partito, non guidò nessuna coalizione, non disarcionò nessun Cavaliere. Scelse però il suo vice per la guida della Confederazione, appunto Epifani. Oltre un decennio dopo, ci ritroviamo in una situazione analoga. Il lavoro come emergenza nazionale, un partito sgangherato, senza testa, che ha un piede nel Governo (Enrico Letta) e uno nella fossa (i sondaggi lo danno in caduta), l’11 maggio del 2013, ha trovato in Epifani l’uomo del dopo Pierluigi Bersani, colui che dovrà portare il Pd per mano, fino al congresso di ottobre. Ma chi è Epifani, il primo socialista a sedere sulla poltrona più alta del Nazareno? “La Stampa” racconta che: “Sull'uscio del suo studio a Palazzo Chigi, Silvio Berlusconi andò incontro al nuovo segretario della Cgil, protese la mano destra e disse: ‘Carissimo Epifani, finalmente tra socialisti ci intenderemo!’. Ed Epifani, sempre col sorriso sulle labbra: ‘Socialista sì, ma interista!’. Come dire, ma con classe: non ci intenderemo mai. Un duetto che risale all'autunno del 2002 e racconta un tratto significativo del futuro segretario del Pd: Epifani è un uomo di stile, come riconoscono anche i detrattori”. Un uomo di stile, che è già qualcosa per distinguersi. Ma la scommessa sarà: come smarcarsi dal laccio delle larghe intese? Come resuscitare l’identità antagonista dei democratici nei confronti del centrodestra, al momento in cui si è stati costretti a fare un governo insieme? Ha avuto 458 voti, pari all'85,8% dei voti, un bell’incoraggiamento per il quarto segretario democratico (almeno sulla scelta del segretario non abbiamo dovuto assistere al terribile gioco al massacro dei franchi tiratori, come nel caso dell’elezione mancata a Capo dello Stato di Romano Prodi). Saranno sufficienti per ricompattare un partito in subbuglio, pieno di anime in rancore reciproco, che non si è capito cosa voglia fare da grande? Pendere al centro, pendere a sinistra? «Vi ringrazio della fiducia - ha detto Epifani appena eletto -, ce la metterò tutta per far bene, come è nel mio stile. So quanto è difficile il compito, mi aiuta l'esperienza, la passione che ho dentro, e voi, per riprendere il futuro del partito. Non per noi, ma per il futuro del Paese. Da domani ritorniamo tutti a lavorare». Tornano le parole chiave “stile” e “lavoro”. Nella speranza che siano di nuovo due motivi d’orgoglio del made in Italy, anche in politica.
(Valerio de Filippis)
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