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AUGURI KOSOVO, LO STATO PIU’ GIOVANE (E IRREQUIETO) DEL MONDO

AUGURI KOSOVO, LO STATO PIU’ GIOVANE (E IRREQUIETO) DEL MONDO

di Simone Santi

Lo Stato più giovane del mondo ha compiuto sei anni il 17 febbraio. Ed è entrato nell’età della scuola dell’obbligo, quella dei ‘compiti a casa’ che dovranno portare il Kosovo a realizzare, tra chissà quanti anni ancora, il sogno poco segreto: l’ingresso nell’Unione Europea. Un sogno che per ora si traduce in realtà già per un aspetto singolare: quello di Pristina è infatti a oggi l’unico Paese non europeo ad avere l’Euro come moneta corrente. Le autorità kosovare sono impegnate "in uno sforzo per far diventare questo paese un esempio di democrazia, per dimostrare di avere la forza e il coraggio per risolvere ogni problema e andare verso l'integrazione nell'Unione Europea, chance per far diventare il Kosovo un paese migliore" ha detto la presidente donna del Kosovo, Atifete Jahjaga, nel corso della cerimonia organizzata in piazza Zahir Pajaziri, nel centro di Pristina, davanti a tanta gente (molti giovani) e tante bandiere (più albanesi che kosovare). I compiti da svolgere, a dire la verità, sono tanti e gravosi: combattere una corruzione dilagante, riformare un sistema giudiziario per ora del tutto carente, risolvere le tensioni etniche e religiose ancora ben presenti tra maggioranza albanese (cattolica o islamica sunnita) e minoranze serbe ortodosse, lanciare definitivamente l’economia. "Le riforme sono gravi e dolorose ma indispensabili – ha detto la presidente Jahjaga - e cambieranno la percezione dell'Europa nei nostro confronti, dobbiamo dare la disponibilità a rispettare gli impegni”. Un passo avanti è stato fatto lo scorso aprile con l’apertura storica di un dialogo ufficiale con la Serbia, che non riconosce il Kosovo (con lei anche due paesi fondatori delle Nazioni Unite come Cina e Russia) ma che proprio dall’Unione Europea ha avuto come ‘compito’ sulla strada dell’adesione quello di normalizzare i rapporti con Pristina: una strada resa difficile dal contenzioso legato alla terra e ai circa 120 mila serbi sparsi nelle varie enclavi kosovare. Ma anche con Bruxelles sono in corso i preliminari: è in via di definizione l’accordo di stabilizzazione e associazione con Pristina, primo segnale di dialogo. Un altro punto fondamentale, secondo il premier Ashem Thaci, riguarda le forze armate. In occasione del sesto anniversario dell’indipendenza, Thaci ha di fatto annunciato che entro un anno la Kosovo Security Force, ora paragonabile a un sorta di protezione civile, sarà trasformata in una vera e propria ‘army’: "La proclamazione dell'indipendenza ha creato le condizioni utili perché le nostre forze di sicurezza entrassero in un una nuova fase, più organizzata e multietnica – ha detto il premier - Abbiamo fatto grandi progressi sia nel processo di sviluppo economico che democratico, che nel percorso che porta verso l'integrazione europea. Dalla fondazione del Ksf sono passati 5 anni. E' giunto il momento di andare avanti con un nuovo capitolo, assumersi responsabilità nuove per la sicurezza del nostro Paese, darci un nuovo nome per la forza di sicurezza del Kosovo". Forse un messaggio promozionale in vista delle prossime elezioni che dovranno svolgersi tra la primavera e l’autunno del 2014, fatto sta che per Thaci "questa è l'ultima sfilata della Ksf con questo nome, quindi un breve periodo ci separa dalla nuova forza di sicurezza che avrà nuova struttura, nuove dimensioni e nuovo mandato, che dovrà essere disposta a difendere l'autonomia del Kosovo, a mantenere la stabilità e proteggere noi stessi e il nostro paese, requisito per avvicinarci ai paesi atlantici". L'altro obiettivo dichiarato, dunque, è l'ingresso nella Nato. Intanto il Paese si prepara, domenica prossima, alle delicate elezioni comunali di Mitrovica, città del Nord del Paese dove serbi e albanesi vivono separati da un ponte (a nord i serbi, in maggioranza, a sud gli albanesi). in città si voterà per la terza volta in tre mesi: il 3 novembre i seggi furono chiusi per disordini, due settimane dopo vinse il serbo Pantic che poi rifiutò di giurare sulla bandiera kosovara, rinunciando all’incarico. Segnali inequivocabili di un clima non ancora pacificato.

(© 9Colonne - citare la fonte)