“LE STELLE NON SONO LONTANE” DI CANDIDA MORVILLO
Astrid è una 25enne di origini calabresi che ha raggiunto il successo in tv, come Miss Buon Pomeriggio. Da un anno, esce con Giangi, un giovane conte, noto nei salotti buoni e alle cronache rosa come campione di eleganza e scapolo d’oro. Nella vita di Astrid però, c’è anche il presidente, figura archetipica del politico italiano, diviso tra vizi privati e pubbliche virtù. “Le stelle non sono lontane” (Bompiani, pp. 301, 17,50 euro) di Candida Morvillo, si svolge in un’unica decisiva settimana in cui si intrecciano i destini di questi e altri protagonisti. Astrid vuole sposare Giangi e ottenere lo show del sabato sera; Giangi mira a un appalto pubblico che lo renderà il signore dei cieli; il presidente vuole varare un’opera che lo consacrerà alla storia: una colossale, contestatissima, autostrada, la prima a sei corsie del Paese. E poi ci sono Gloria Green, una conduttrice che ha fatto carriera accumulando amanti e ricatti, e Beatrice Saint Bon di Moncada, principessa e showgirl, fragile e nevrotica, entrambe già legate al presidente, entrambe lanciate verso lo stesso show del sabato di Astrid. Ma in questa settimana, scandita dall’attesa per la festa di compleanno del presidente e la presentazione dei palinsesti, il passato e i suoi compromessi riemergono a presentare il conto. L’arrivo di una misteriosa busta verde, l’arresto di un paparazzo per sfruttamento della prostituzione, l’avviso di garanzia a un politico, un furto decisamente anomalo in casa della principessa. Presto, tutti rischieranno di perdere tutto. In un’Italia popolata di contesse e “morti di fama”, potenti della politica e della finanza, agenti della tv, faccendieri vari, porta-beautycase, minorenni all’arrembaggio e criptogay - che sono ognuno specchio rovesciato della vita dell’altro - Astrid prova a intraprendere la sua ricerca della felicità, tornando indietro fino a quell’estate dei suoi 14 anni, in Calabria, quando si chiamava ancora Carmela, pativa la fame e si consumava la sua perdita dell’innocenza. (PO / Red)
“HO PERZO LE PAROLE”, L’HUMOR COMMENTATO DAL TRIO MEDUSA
Arriverà in primavera in tutte le librerie “Ho perzo le parole” (Rizzoli, 15 euro) del Trio Medusa: una selezione del vastissimo materiale inviato sui profili Facebook e Twitter da fan e buontemponi per segnalare e per celebrare le involontarie forme di arte umoristica che capita spesso di incontrare per le strade e nei locali pubblici di paesi e città d’Italia. Cartelli, manifesti, indicazioni stradali, biglietti lasciati sui parabrezza, esortazioni e invettive formulate con battute fulminanti e frasi sgrammaticate che hanno in comune un humour irresistibile, proprio perché istintivo e del tutto inconsapevole. Il Trio ha associato a ogni immagine un commento, un’interpretazione o un suggerimento ironico sul modo migliore di riutilizzare la scritta, raddoppiandone l’effetto esilarante. Ogni pagina contiene un’immagine con il cartello e il relativo commento e può essere staccata e regalata come una divertente e originale cartolina. I proventi della vendita del libro saranno destinati ai progetti del Cesvi, l’organizzazione no profit con cui il Trio Medusa collabora da anni. (Red)
“DOLCI DI CUORE”: LE RICETTE DI MADALINA POMETESCU
Madalina Pometescu, la giovane mamma di Perugia che poco più di un mese fa ha vinto la prima edizione di “Bake Off Italia – Dolci in forno”, pubblica il suo primo libro dal titolo “Dolci di cuore” (Rizzoli, pp 144, 14,90 euro). Madalina condivide con tutti gli amanti della pasticceria – sia quella riservata alle occasioni speciali sia quella adatta ai “vizi” di tutti i giorni – più di 80 ricette di dolci strepitosi pensati con il cuore: ricette di base, ricette economiche, ricette per intolleranze, ricette per una serata con gli amici, ricette per bambini, gli esperimenti e le sfide creative. Per imparare a ritagliarsi tutti i giorni un attimo di vero piacere. “Nelle pagine del mio libro – afferma l’autrice - trovate tutte le mie ricette preferite e qualche piccolo trucco casalingo per realizzare al meglio le vostre preparazioni. Spero che vi divertiate come me a sperimentarle, cambiarle, reinventarle”. (PO / Red)
“L'ULTIMA MADRE”: GLI ANNI BUI DELLA DITTATURA ARGENTINA
Le vite degli individui sono rette parallele che si incontrano all’infinito, in un orizzonte illusorio, sono impulsi che corrono avanti e indietro, si inseguono, si intravedono o si sognano reciprocamente, più spesso si mancano. María è una mite casalinga di un barrio di Buenos Aires, vedova di un muratore di origini italiane. Gli uomini che hanno preso il potere in Argentina hanno fatto sparire i suoi due figli, i gemelli Pablo e Miguel, insieme a tante altre persone dissolte nel nulla. María cerca una risposta, vuole la verità, e per questo viene imprigionata, torturata, esiliata. La sua vicenda si sovrappone a quella di Mercedes, figlia e moglie di due militari di quella giunta che reprime nel sangue ogni forma di opposizione. Anche Mercedes è madre di due gemelli, Nacho e Mari. I bambini le sono stati consegnati alla nascita, figli di un’attivista politica arrestata e poi scomparsa. Sono cresciuti in una famiglia che non è la loro, all’oscuro di tutto. Nato come spettacolo sul tema dei desaparecidos, frutto di un’inchiesta condotta sul campo a Buenos Aires, “L'ultima madre” di Giovanni Greco (Feltrinelli, pp. 384, 17 euro) è un affresco: destini che procedono asimmetrici nel tempo e nello spazio, ma indissolubilmente intrecciati, personaggi che appaiono a un angolo di strada o svaniscono senza lasciare traccia, che si ergono a divinità del male, mutano pelle come serpenti, impazziscono, frugano disperatamente nei bassifondi dell’animo alla ricerca della propria identità. Quell’identità negata a molti negli anni bui della dittatura e che solo alcuni hanno potuto recuperare grazie al lavoro straordinario delle nonne di Plaza de Mayo. L’autore racconta l’oltraggio, muovendosi in un arco di tempo che va dall’Argentina degli anni ’70 ai nostri giorni, ma che affonda le radici nella storia europea del ’900, tra violenza di stato e realismo magico, tra aneliti di rivolta e voluttà del tango. (Red)
GIOVANNI FLORIS IN LIBRERIA CON “IL CONFINE DI BONETTI”
Un’ultima notte da leoni con gli amici di sempre, una soltanto. Cosa può esserci di male? E invece il notaio Ranò, facoltoso borghese romano, si ritrova in cella, e poi davanti a un magistrato. E la verità viene fuori. Non solo il racconto della folle serata in cui è naufragata la réunion ma, come un fiume in piena, la confessione di una vita, delle avventure di un ragazzo e del suo eterogeneo drappello di compagni. Con al centro di tutto lui, il grande amico che ce l’ha fatta, Marco Bonetti, famoso regista finito con lui in carcere. Nella “confessione” di Ranò si dipana così un percorso di formazione illuminato da una grande amicizia maschile, tra catastrofi sentimentali e bravate al limite del decoro, vacanze sbagliate e meravigliose, giri in motorino nel gelo di una Roma vissuta e amata. Come abbiamo perso di vista i sogni di quando eravamo giovani? Qual è il confine tra adolescenza e vita adulta, tra possibilità e rimpianto, tra successo e tradimento? E quando è troppo tardi per capirlo? Per la prima volta Giovanni Floris, giornalista e conduttore di Ballarò, racconta in “Il confine di Bonetti” (Feltrinelli, pp. 224, 18 euro) la realtà con gli strumenti del narratore, tessendo immaginazione ed esperienze nella trama di un romanzo scanzonato e commovente. La storia del notaio Ranò e del regista Bonetti è infatti anche la storia della sua generazione, i ragazzi degli anni ’80: quelli del riflusso, della televisione commerciale, del Pentapartito, del crollo delle ideologie mondiali. Ma anche quelli, forse gli ultimi, che hanno vissuto l’adolescenza come un periodo magico e pieno di possibilità, con l’idea di potercela fare, contando solo sulle proprie forze. (Red)