(10 mar) Un approccio multidisciplinare, una forte collaborazione tra studenti e docenti, la soddisfazione di portare alla luce la storia. C’è tutto questo in una missione archeologica che mira alla scoperta, tutela e valorizzazione di patrimoni architettonici e beni culturali. Lo sanno bene Eva Coïsson e Chiara Vernizzi, due professoresse del Dipartimento di Ingegneria Civile, dell’Ambiente, del Territorio e Architettura dell’Università di Parma. Nei giorni scorsi si sono recate a Tirana per prendere parte al tavolo di lavoro “Conoscere-Curare-Mostrare”, nel quale sono state illustrate le ricerche italiane per il patrimonio archeologico e monumentale dell’Albania. Le docenti, in particolare, hanno presentato i rilievi architettonici e i progetti di conservazione e restauro condotti sull’anfiteatro romano di Durazzo nell’ambito della missione archeologica italiana: “Il materiale presentato a Tirana è il frutto di oltre un decennio di lavori sull’Anfiteatro Romano di Durres. Il ‘motore’ di tutto il progetto è la professoressa Sara Santoro dell’ Università ‘G. D’Annunzio’ di Chieti-Pescara, che dirige la missione archeologica italiana su questo sito” spiegano le professoresse. “Dopo qualche anno di scavi, nel 2004, è stato coinvolto, attraverso un progetto di internazionalizzazione Miur coordinato dal professor Paolo Giandebiaggi, il dipartimento di Ingegneria Civile, dell’Ambiente, del Territorio e Architettura dell’Università degli Studi di Parma per svolgere attività di documentazione e analisi dell’Anfiteatro, sia per la parte già conosciuta che per le parti che man mano venivano scavate dall’équipe archeologica. Dapprima - continuano Coïsson e Vernizzi - si è attivato il gruppo di disegno e rappresentazione, diretto dal prof Giandebiaggi, che ha rilevato con diverse tecniche (dal rilievo diretto fino al laserscanner) tutta l’area. L’anfiteatro è, infatti, stato inglobato nel corso dei secoli dal tessuto urbano, tanto che fino a una cinquantina di anni fa se ne era persa ogni traccia. Il rilievo pertanto non si è limitato all’oggetto archeologico in sé, ma anche alle costruzioni soprastanti e circostanti, per cercare di capire cosa ancora rimane nascosto e dove cercare. Successivamente - continuano le professoresse - si è inserito anche il gruppo di restauro, coordinato dal prof Carlo Blasi, per analizzare e mappare i dissesti strutturali e soprattutto il degrado dei materiali, molto accentuato dall’acqua che si raccoglie naturalmente in questa sorta di bacino artificiale”. Oggi le professoresse si dicono entusiaste del progetto che le ha viste coinvolte e parlano di un’ “esperienza che si è rivelata particolarmente ricca e stimolante”: “Prima di tutto per la possibilità di operare in un contesto nuovo e particolare, quello di un paese emergente così diverso dal nostro, ma soprattutto per la reale interdisciplinarità degli approcci scientifici, che dall’archeologia al rilievo, alla geologia, al restauro, all’urbanistica, si sono confrontati in modo reale e fattivo durante tutto l’iter dei lavori, al fine di comprendere al meglio le peculiarità del monumento studiato, per ottenere una conoscenza preliminare il più possibile completa quale necessaria premessa a proposte di intervento e valorizzazione realmente congrue con le caratteristiche dell’anfiteatro”. Anche per questo approccio multidisciplinare, lo studio condotto sull’anfiteatro di Durazzo è stato selezionato dal Cnr nel 2007 per essere presentato a Tokyo nel corso del seminario “Tecnologie dell’informazione e della comunicazione culturale” organizzato presso l’istituto Italiano di Cultura dal Cnr in collaborazione con il ministero degli Affari esteri ed altri enti italiani, nell’ambito della “Primavera Italiana in Giappone”. “Un ulteriore valore aggiunto è senz’altro costituito dall’aver coinvolto nelle diverse missioni studenti, laureandi e dottorandi di ricerca sia italiani che albanesi, che hanno collaborato con i docenti alle operazioni di scavo archeologico e di rilievo architettonico ed alla redazione delle proposte di intervento di conservazione e rifunzionalizzazione formulate nell’ottica di salvaguardare e valorizzare questo straordinario monumento, sottolineando ancora una volta il ruolo delle università, che non è di semplice ‘istruzione superiore’, ma di contatto tra ricerca e formazione” concludono Coïsson e Vernizzi. (PO / Gil)
SCHEDA / A TIRANA LA MOSTRA “CONOSCERE-CURARE-MOSTRARE”
Nei giorni scorsi si è tenuto a Tirana il tavolo di lavoro “Conoscere-Curare-Mostrare”, nel quale sono state presentate le ricerche italiane per il patrimonio archeologico e monumentale dell’Albania. A rappresentare l’Italia la professoressa Sara Santoro dell’Università “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara e i professori Roberta Belli Pasqua, Anna Bruna Menghini e Luigi Caliò del Politecnico di Bari, oltre alle docenti Chiara Vernizzi ed Eva Coïsson dell’Università degli Studi di Parma. Al termine del tavolo di lavoro è stata inaugurata la mostra “Conoscere-Curare-Mostrare”, nella quale sono stati esposti i pannelli illustranti gli studi condotti sull’allestimento dei musei archeologici di Tirana e di Durazzo, coordinati dai docenti del Politecnico di Bari e sull’anfiteatro romano di Durazzo, coordinati dai professori Sara Santoro, Paolo Giandebiaggi, Carlo Blasi e Claudio Varagnoli. All’inaugurazione hanno preso parte il ministro della Cultura albanese Mirela Kumbaro Furxhi, il ministro dello Sviluppo Urbano e del Turismo Englantina Gjermeni, l’Ambasciatore d’Italia a Tirana Massimo Gaiani e la direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura Fulvia Veneziani. La mostra, una volta conclusasi l’esposizione inaugurale attualmente in corso presso il Museo Storico Nazionale di Tirana, verrà allestita in Italia in tutte le sedi universitarie che hanno condotto gli studi (Politecnico di Bari, Università “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara e Università degli Studi di Parma).
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