ZAMBROTTA SI RACCONTA IN “UNA VITA DA TERZINO”
“Una vita da terzino” (Kowalski, pp. 192, 15 euro) di Gianluca Zambrotta è l’autobiografia di uno dei grandi terzini italiani, una storia che parte dal Mondiale 2006, in cui inaspettatamente l’Italia vince il campionato, per poi ripercorrere la fortunata carriera di Zambrotta e svelare tanti retroscena del mondo del calcio di cui è stato protagonista o spettatore. Il campione del Mondo si racconta: dopo anni di silenzio, per la prima volta Gianluca Zambrotta decide di svelare tutte le verità nascoste e mai dette sul calcio italiano e internazionale. Partendo dall’era di calciopoli e dal suo addio alla Juventus per il Barcellona. Definito da Marcello Lippi come “uno dei migliori difensori esterni del mondo”, Zambrotta ripercorre nel volume la sua brillante carriera di calciatore che ha fatto la storia di grandi squadre come Juventus, Barcellona e Milan. Il suo racconto è ricco di colpi di scena, a cominciare dal Mondiale 2006, quando Zambrotta vince la Coppa del Mondo, per continuare con gli aneddoti sui compagni di squadra, sugli allenatori che lo hanno formato, sugli allenamenti, ma anche sulle ingiustizie e le difficoltà, le gioie e gli amori, la vita fuori dal campo, i sogni realizzati e quelli ancora da realizzare, come il suo futuro da allenatore. (Red)
ANNA ALRUTZ, L’INFERMIERA DEL TERZO REICH
A quasi settant’anni dalla morte, Anna Alrutz, che in vita è stata una braune Schwester, una delle infermiere specializzate volute da Hitler, non è che un fantasma, una voce senza corpo che vive e rivive brandelli della sua breve esistenza. Primogenita di una ricca famiglia borghese, il padre medico, la madre elegante e colta ma di salute cagionevole, Anna ha trascorso un’infanzia serena. Per via della malattia polmonare cronica della madre e della sorella, tutte le estati della famiglia Alrutz si sono svolte nella stessa amena località termale, Bad Salzgitter. Lì Anna ha conosciuto Helene, l’amica di tutta la vita, e il pastore Rudinski, il suo primo amore impossibile. Ma Bad Salzgitter è anche il luogo dove si è formato il suo carattere, insolitamente forte, ossessionato dall’ordine e dalla disciplina. Nel 1927, dopo la morte della sorella, contravvenendo al volere della famiglia, Anna lascia Medicina per iscriversi alla nuova scuola per infermiere e diventa una braune Schwester. Richiamata a Gottinga dal suo ex professore, il ginecologo Hartmann, diventa la sua assistente personale e svolge con lui un compito molto particolare, voluto per decreto da Hitler: sterilizzare il più alto numero di donne, per “purificare” la futura razza ariana. Anna crede nell’ordine e nel benessere sociale che ne consegue ma quando nella clinica viene ricoverata l’amica Helene, apre gli occhi e quel che vede è, improvvisamente, l’orrore. Nel suo “Le lunghe notti di Anna Alrutz” (Feltrinelli, pp. 224, 17 euro), Ilva Fabiani entra nel mondo interiore di Anna e ne fa un personaggio drammaticamente esposto al proprio tempo e alle proprie generose ossessioni. (PO / Red)
“SEMBRAVA IL PARADISO” DI JOHN CHEEVER
Il protagonista di “Sembrava il paradiso” (Feltrinelli, pp. 112, 8 euro) di John Cheever, è Lemuel Lears, un vecchio gentiluomo del New England. Vive in un paesino incantato, dove non sono ancora arrivati i fast food e neppure la ristrutturazione delle grandi ville per farne case di riposo per anziani alla fine del loro ciclo vitale. Il paradiso di Lears è rappresentato da un laghetto, il laghetto dei Beasley, dove ama pattinare d’inverno, un posto incantevole destinato però a scomparire a causa della speculazione edilizia e dell’inquinamento. Si sviluppa così un’intricata vicenda piena di valori ambientalisti con un crudo ritratto della vita sessuale e sentimentale di Lears, l’una specchio dell'altra. Lears, vedovo gaudente, impegnato a non diventare anch’egli una discarica, si divide tra ricordi, incontri con una bella e capricciosa signora, istantanee follie omosessuali con il ragazzo dell’ascensore e la consolazione emotiva con un suo coetaneo. Perché in fin dei conti il suo problema è l’amore: “quando vedeva per la strada una coppia abbracciarsi con tenerezza profonda o camminare felice spalla a spalla, si ricordava, sia pure per un solo momento, della vecchiaia incombente”. Era quella la sua vera paura, la fine dell’amore. (Red)
CALCIO E AMORE IN “PER FAVORE NON DITE NIENTE”
La ricerca della precisione in campo è essenziale per Marco, ex calciatore diventato allenatore. La sua carriera è in ascesa, la moglie Carla è il centro del suo mondo, i figli crescono. Non desidera altro. Poi Carla si ammala di cancro e Marco promette a se stesso di non lasciarla sola. È l’inizio di un viaggio in una dimensione dominata dal disordine e dalla sconfitta, dove nessun schema si rivela efficace. Occorre immergersi a fondo per trovare le parole giuste, per quel poco che valgono. Il chiasso dei giornali e della tifoseria è rumore di sottofondo. Nella vita come nel calcio, la parte sommersa è quella che conta di più. Si ricomincia ogni volta dalla concretezza del gioco e dalla dedizione al proprio compito per portare a termine la partita, la stagione, il progetto. In campo come in panchina. “Per favore non dite niente” (Chiare Lettere, pp. 128, 12,90) di Marco Ciriello è liberamente ispirato alla storia di Cesare Prandelli, attuale allenatore della Nazionale, che nel 2004 lasciò la direzione tecnica della Roma a causa della grave malattia della moglie Manuela, poi scomparsa nel novembre del 2007. “Era lei la mia priorità” ha dichiarato Prandelli in un’intervista rilasciata a “La Repubblica” pochi mesi dopo. “La sua vita era la mia vita. Molti si sorpresero, per me invece fu una scelta naturale. Il calcio a volte ha paura della normalità”. (Red)
“SULLE SPALLE DI UN GIGANTE”: UNO SCIENZIATO DI NOME NEWTON
Newton è stato uno dei tre più grandi scienziati della storia, con Archimede ed Einstein. Ma cos’abbia fatto per meritarsi questo titolo pochi non addetti ai lavori sono in grado di dirlo. Chi era davvero Newton? Il solitario individuo che rise una sola volta nella sua vita e morì vergine? Il paranoico pensatore che mascherò i propri risultati dietro anagrammi e rasentò la pazzia? L’ossessionato alchimista che sperimentò senza sosta e si avvelenò col mercurio? L’eretico teologo che smascherò il dogma trinitario e pretese di interpretare le profezie? Ultimo sognatore, ossessionato alchimista, paranoico pensatore intollerante alle critiche, profondo filosofo della natura per il quale la verità era figlia del silenzio e della meditazione. Nessuna di queste definizioni riesce però, da sola, a dare l’idea della sua prodigiosa e multiforme attività. Chi fu, veramente, Isaac Newton? Piergiorgio Odifreddi risponde alla domanda con “Sulle spalle di un gigante” (Longanesi, pp. 240, 16,90 euro). L’autore indaga nella mente di Newton, e ci costringe a riconoscere che di fronte ai “Principia” e all’“Ottica”, e al loro enigmatico autore, si può solo tacere e ascoltare estasiati. (Red)