di Paolo Pagliaro
Settecentocinquanta versi del Corano, quasi un ottavo del libro, esortano i credenti a studiare la natura, a riflettere, a fare l’uso migliore della ragione nella ricerca del Supremo. Nessuna religione enfatizza così fortemente l’atteggiamento scientifico come fa l’Islam. Questo amava ricordare Abdus Salam, premio Nobel per la Fisica e fondatore, a Trieste, del centro internazionale di fisica teorica.
Lo scienziato pakistano, che si professava musulmano persiano e dunque credente, era convinto che il declino della sua civiltà fosse cominciato quando il clero era riuscito a imporre il principio di obbedienza anche in ciò che non riguardava la religione.
Oggi tocca a un altro musulmano, Tahar Ben Jelloun, interrogarsi sulle origini di una nuova forma di oscurantismo e di violenza che macchia la reputazione islamica. Anche lo scrittore, come lo scienziato, assolve la propria fede. Ben Jelloun ricorda che il Corano proibisce di uccidere gli innocenti, che l’Islam è una religione che predica la tolleranza e che il suo stesso nome è la radice della parola “pace”.
Eppure oggi prevale un Islam che minaccia, uccide, sgozza e semina il terrore. A “questo Islam che fa paura”, lo scrittore marocchino dedica il suo ultimo libro, in cui descrive lo sdegno dei musulmani moderati di fronte al fondamentalismo criminale, ma soprattutto spiega cos’è la jihad e cos’è l’Isis, come è nato e come riesce a fare proseliti. Accende un faro sulle responsabilità dei paesi arabi alleati dell’Occidente ma finanziatori neanche troppo occulti dei tagliagole del califfato, e chiede a noi di riflettere sui nostri errori, a cominciare da quello, imperdonabile, della guerra con cui abbiamo devastato e poi abbandonato l’Iraq, trasformandolo nella patria di tutti i terrorismi.
(25 feb)
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