C’è una nuova lingua che si può comprendere anche senza l’uso delle parole. È scritta sul viso e parla attraverso 7 emozioni universali – la felicità, la sorpresa, la gioia, la rabbia, il disprezzo, la paura e la tristezza – innate nel DNA e comuni a tutti gli esseri viventi. Queste espressioni sono spontanee, rapide e ‘nascoste’, sono il codice su cui si manifesta poi l’infinita gamma di emozioni individuali, espressioni di uno stato d’animo, dell’intensità di una sensazione, di una reazione positiva o negativa di fronte a una persona, un contesto sociale, professionale o una relazione. Un linguaggio espressivo che, se conosciuto e ben interpretato, ha un doppio valore aggiunto: favorire la conoscenza del proprio interlocutore senza filtri convenzionali o di comportamento e il raggiungimento di un migliore equilibrio emotivo a vantaggio di performance professionali più soddisfacenti e relazioni interpersonali di qualità. Già dagli anni ’70 Paul Ekman che rivoluzionò il modo di intendere l’intelligenza – quale combinazione di facoltà intellettive (il vero e proprio Quoziente Intellettivo) e di intelligenza emotiva – intuì il valore delle espressioni del volto, oggi teorizzato addirittura in un ‘atlante’. È il FACS (Facial Action Coding System), uno dei più importanti dizionari di anatomia per lo studio delle espressioni facciali prodotte da 44 muscoli del viso ed i cui movimenti permettono la formazione di oltre 10 mila differenti espressioni. Ma non si tratta solo di espressioni facciali: perché il linguaggio del volto viaggia insieme ad altri 5 canali della comunicazione – il linguaggio del corpo, la voce, l’espressione verbale e il contenuto verbale – ed offre un efficace aiuto in ambito clinico e professionale (fra cui la selezione del personale, la negoziazione, il rapporto medico-paziente), educativo, nella rappresentazione dei comportamenti correlati alle emozioni, nelle arti cinematografiche. Sono solo alcuni degli spunti emozionali che verranno illustrati dalla Professoressa Erika Rosenberg, prima allieva di Paul Ekman, a Roma all’Hotel Ergife,il prossimo 20 e 21 Giugno, in occasione dell’unica data italiana del Workshop ‘Le emozioni nascoste’.
L’ESPERTO “Si parla sempre più spesso – dichiara il dottor Diego Ingrassia, CEO di I&G Management e master trainer di Paul Ekman International – di creare empatia tra le persone. Ma per imparare a conoscere il nostro interlocutore, comprendendo le sue emozioni più profonde, o anche per riuscire a gestire al meglio le nostre reazioni, è necessario affinare la nostra consapevolezza emotiva e riconoscere le nostre emozioni più nascoste. Le emozioni giocano, infatti, un ruolo centrale in tutte le nostre interazioni. Le comuni espressioni del viso, o macro-espressioni, ritraggono spesso in modo non del tutto accurato i sentimenti di una persona in un determinato momento; riconoscere invece anche le micro-espressioni che si dettagliano sul viso, premette di acquisire una maggiore sensibilità verso le emozioni provate dal prossimo, sia quelle che desiderano o non desiderano rendere note. Le micro-espressioni premettono di determinare il momento in cui nasce un’emozione o quando questa viene nascosta, o ancora di capire quando una persona non è consapevole di ciò che sta provando. Una recente ricerca, condotta dalla Dott.ssa Helen Reiss, ha mostrato che l’abilità di alcuni medici nel riconoscere le emozioni in una serie di micro-espressioni del viso dei propri assistiti ha migliorato la capacità empatica di quegli stessi medici e la relazione medico-paziente, come asserito dai pazienti stessi”. Obiettivo della conoscenza delle proprie emozioni è infatti quello di riuscire non soltanto a conoscere meglio se stessi, ma anche di raggiungere un migliore equilibrio emotivo. “Lo studio e l’apprendimento della metodologia di osservazione che utilizziamo – continua Ingrassia – consente di interpretare le emozioni degli altri in modo più scientifico limitando la nostra soggettività che impatta in modo significativo sulle nostre impressioni. Questa tecnica di interpretazione delle emozioni può essere infatti applicata in svariati ambiti di interesse: primo fra tutti la selezione del personale; cogliere infatti la reazione di gradimento o meno di un nuovo dipendente all’assegnazione di un determinato incarico farà la differenza sulla performance e l’esecuzione del lavoro, ma anche nella valutazione dei collaboratori o durante un colloquio negoziale per valutare la credibilità di un fornitore. La metodologia può essere efficace nell’insegnare al bambino, fin da piccolo, a gestire le proprie emozioni e riconoscerle negli altri per acquisire un migliore equilibrio emotivo da adulto. Viene applicata anche in ambito clinico per supportare psicologi e psichiatri durante la valutazione di pazienti, specie se affetti da patologie a rischio come stati depressivi, disturbi d’ansia o impulsività croniche”.
IL CINEMA Lo studio delle emozioni ha già riscosso apprezzamento anche in campo artistico quando Paul Ekman ha cominciato a collaborare nel mondo del cinema con la Pixar contribuendo con le sue ricerche alla realizzazione delle espressioni facciali del cartone animato “Toy Story”. Da allora gli studi di Paul Ekman vengono utilizzati per migliorare la rappresentazione delle emozioni attraverso un uso più accurato e scientifico delle espressioni del viso. Tanto che Peter Hans Docter, direttore e sceneggiatore della Pixar, grazie alla collaborazione di Ekman, ha potuto introdurre nelle sue ‘librerie emotive’ i muscoli facciali che caratterizzano le emozioni ottenendo il massimo coinvolgimento dello spettatore. Una esperienza che ha dato frutto al film “Inside Out”, che verrà lanciato a settembre in Italia, dedicato proprio alla conoscenza e alla gestione delle emozioni universali, quelle che ci fanno agire e interagire con gli altri in un vissuto dai mille colori.
(10 giu - red)
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