MIGRANTES: 4,6 MLN ITALIANI RESIDENTI ALL’ESTERO
Sono 4.636.647 i cittadini italiani residenti all’estero iscritti all’Aire al 1° gennaio del 2015. L’aumento, in valore assoluto, rispetto al 2014 è di 154.532 iscrizioni, +3,3%. La maggior parte delle iscrizioni sono per espatrio (2.443.126) e per nascita (1.818.158): è quanto si legge nel Rapporto italiani nel mondo 2015 curato dalla Fondazione Migrantes. La presenza degli italiani all’estero resta prevalentemente euro-americana. Più della metà dei cittadini italiani iscritti all’Aire, infatti, risiede in Europa (53,9%) e in America (40,3%). Il 51,4% è di origine meridionale (Sud: 1.560.542 e Isole: 822.810), il 33,2% è partito dal Settentrione (Nord Ovest: 772.620 e Nord Est: 766.900) e il 15,4% è originario di una regione del Centro Italia (713.775). Anche se resta l’indiscutibile primato dell’origine meridionale, si sta progressivamente assistendo a un abbassamento dei valori percentuali del Sud a favore di quelli del Nord del Paese. Ciò consegue dal fatto che, negli ultimi anni, pur restando la Sicilia con 713.483 residenti la prima regione di origine degli italiani residenti all’estero seguita dalla Campania, dal Lazio e dalla Calabria, il confronto tra i dati degli ultimi anni, pone in evidenza una marcata dinamicità delle regioni settentrionali. In particolare la Lombardia (+24 mila) e il Veneto (+15 mila) sono i territori regionali che presentano le variazioni, in valore assoluto, più alte seguite da Sicilia (quasi +15 mila), Lazio (quasi +14 mila) e Piemonte (quasi +13 mila). Le variazioni percentuali raccontano, invece, una storia diversa restituendo un’immagine più legata alla “demografia regionale”; è, dunque, il Trentino Alto Adige a inaugurare la classifica (6,5%), seguito da Lombardia (6,1%), Piemonte (5,3%) e, a distanza, dalla Valle d’Aosta (4,8%).
MIGRANTES: ITALIANI RESIDENTI ESTERO, 48,1% DONNE
Le donne – di cittadinanza italiana, con passaporto italiano e diritto di voto – residenti fuori dei confini nazionali sono 2.227.964, il 48,1% (+75.158 rispetto al 2014): è quanto si legge nel Rapporto italiani nel mondo 2015 curato dalla Fondazione Migrantes. Il Friuli Venezia Giulia è l’unica regione che ha più donne residenti all’estero che uomini (1.134 unità di differenza) perché in tutte le province friulane la presenza femminile supera quella maschile. Si uniscono poi le province di Macerata, Cuneo, Fermo e Alessandria. I minori sono 706.683, il 15,2% del totale. Di questi il 45% (319.233) ha meno di 10 anni; il 33,1% (235.644) ha tra i 10 e i 14 anni e il 21,0% (151.806) ha tra i 15 e i 17 anni. La comunità “anziana” è costituita da 922.545 persone che hanno più di 65 anni (19,9% del totale). Di questi, più nel dettaglio, 445.672 hanno meno di 75 anni (48,3%); 317.779 hanno tra i 75 e gli 84 anni (34,4%) e 159.094 hanno più di 85 anni (17,3%). In valore assoluto, sono aumentati in un anno, di oltre 16 mila unità, gli over 85enni, di quasi 14 mila coloro che hanno tra i 65 e i 74 anni, e di poco più di 14 mila quelli che hanno dai 75 agli 84 anni. L’Europa è il continente più giovane: la Germania è la nazione in cui vivono più cittadini italiani con meno di 10 anni; la Francia è il paese che accoglie la più numerosa comunità di cittadini italiani anziani. La maggior parte degli over-sessantacinquenni iscritti all’Aire è calabrese di origine, proviene dalla provincia di Cosenza e risiede in America latina.
MIGRANTES: 101.297 ITALIANI ESPATRIATI ALL’ESTERO NEL 2014
Da gennaio a dicembre 2014, hanno trasferito la loro residenza all’estero per espatrio 101.297 cittadini italiani, in prevalenza uomini (56%), celibi (59,1%), tra i 18-34 anni (35,8%), partiti dal Nord Italia (con ogni probabilità dalla Lombardia) per trasferirsi, soprattutto in Europa (probabilmente in Germania o Regno Unito): è quanto si legge nel Rapporto italiani nel mondo 2015 curato dalla Fondazione Migrantes. La crescita, in valore assoluto, è di tutte le classi di età. In particolare: 62.797 sono in età lavorativa avendo tra i 18 e i 49 anni; i minori sono 20.145 e di questi il 12,8% ha meno di 10 anni; hanno più di 65 anni 7.205 persone di cui 685 hanno più di 85 anni. Tra questi ultimi è utile evidenziare che le donne sono il 54,2% e il 58,4% tra coloro che hanno, rispettivamente, tra i 75 e gli 84 anni e per gli over 85enni. Questo elemento viene avvalorato dal fatto che la percentuale di vedovanza è significativamente più alta tra le donne (79,9%). Gli oltre 100 mila italiani che hanno deciso, nel corso del 2014, di risiedere fuori dei confini nazionali si sono spostati in 196 destinazioni diverse. La Germania, con 14.270 trasferiti, è stata la meta preferita. A seguire il Regno Unito (13.425) – primo paese lo scorso anno – la Svizzera (11.092) e la Francia (9.020). Nelle prime 11 nazioni della graduatoria dei paesi per numero di iscritti per solo espatrio da gennaio a dicembre 2014, vi sono ben tre continenti: Europa, America (del Nord e latina) e Oceania. Si tratta, quindi, di situazioni geografiche e culturali profondamente differenti. Quanto detto acquista ancora più valore guardando il dettaglio nazionale. Il paese che presenta la crescita più elevata tra il 2014 e il 2015 è la Colombia (+27,1%), seguita dalla Germania (+21,6%), dal Lussemburgo (+19,8%) e dagli Emirati Arabi (+19,3%); molto al di sopra della media nazionale (+7,6%) anche i valori dell’Irlanda (+18,5%), dell’Australia (+17,6%) e dell’Austria (+15,3%). In calo, anche se di poco, rispetto a quanto rilevato lo scorso anno i trasferimenti in Cina (-0,9%), in Argentina (-3,6%), in Canada (-3,9%) e soprattutto in Venezuela (-19,8%). Si conferma, anche per il 2015, che la recente mobilità italiana è soprattutto settentrionale. La Lombardia, con 18.425 partenze, è, infatti, per il secondo anno consecutivo, la prima regione seguita da una importante novità ovvero il balzo in avanti della Sicilia che dalla quarta posizione del 2014 arriva, nel 2015, alla seconda. Sono ben 110 le province da cui sono partiti gli italiani nel corso del 2014. Milano, con 6.386 persone, guida la classifica e ha superato, rispetto allo scorso anno, Roma (5.974). Gli aumenti più consistenti tra le prime 10 province per numero di partenze si sono registrati a Udine (86,1%) e Varese (46,2%). Udine è anche il territorio con la variazione annuale più alta (46,3%), mentre Cosenza è l’unico territorio con una variazione negativa (-7,5%) e un decremento annuale di -7%.
MIGRANTES: DA MIGRANTE “BISOGNOSO” A “DESIDERANTE”
Da migrante “bisognoso” a migrante “desiderante”: è la chiave di lettura proposta del fenomeno della migrazione italiana proposta dalla Fondazione Migrantes nel Rapporto Italiani nel Mondo 2015. “La sfida alla quale siamo chiamati è culturale – si legge nel rapporto -, quella cioè di un Paese da troppo tempo fermo su se stesso, che non si evolve e non costruisce nuove teorie sociologiche di riferimento. Dalla cultura all’educazione il passo è breve. Se la ‘cultura alla differenza’ è inesistente o inadatta è chiaro che la conseguente ‘educazione alla differenza’ non segue i tempi che viviamo e si crea la forbice, più o meno larga a seconda dei diversi territori, di chi conosce ed è sensibile alla diversità e di chi invece non solo non sa, ma la sua non conoscenza alimenta paure e disagi. Questo è quanto stiamo vivendo in Italia, una nazione che ha scarsamente considerato la mobilità come qualcosa di positivo e produttivo ancorata tutt’oggi all’idea ancestrale dell’emigrazione dei più poveri, di chi aveva fame e usciva dalla guerra, dei volti emaciati con in tasca pane e cipolla e un fagotto o al più una valigia di cartone. L’emigrazione tutta, italiana in particolare, è oggi altro; essa si è evoluta portando alla cultura del diverso in quanto altro da noi e quindi potenziale arricchimento per la nostra identità e la nostra personalità”.
MIGRANTES: NELL’ULTIMO DECENNIO EMIGRAZIONE ITALIANA +49,3%
Nell’ultimo decennio la migrazione italiana è cresciuta notevolmente e si è passati dai 3.106.251 iscritti all’Aire del 2006 ai 4.636.647 del 2015, registrando una crescita del +49,3%: è quanto si legge nel Rapporto italiani nel mondo 2015 curato dalla Fondazione Migrantes. I paesi che, nel mondo, accolgono le comunità di italiani più numerose sono quelli che mostrano anche le crescite più incisive nel decennio come l’Argentina, la Germania e la Svizzera. Oltre a questi paesi è importante segnalare che gli italiani, negli ultimi anni, si sono diretti prevalentemente in Spagna, Venezuela e, soprattutto dal 2013, in Irlanda, Cina ed Emirati Arabi complici, probabilmente, le competenze lavorative e linguistiche specificatamente richieste da questi territori “emergenti”.
MIGRANTES: ESPATRIANO SOPRATTUTTO I GIOVANI (44%)
Nel 2013 il numero delle cancellazioni per l’estero di cittadini italiani sono state pari a 82.095, di cui 34.798 donne (42,4%), mentre il numero delle iscrizioni anagrafiche dall’estero è stato pari a 28.433 individui, di cui 12.722 donne (44,7%). I cittadini italiani che decidono di cambiare la propria residenza per trasferirsi in un paese estero, dunque, sono in prevalenza uomini (57,6%), con un’età mediana compresa nella classe 30-34 anni per entrambi i generi e nel 61% dei casi sono celibi/nubili. Ad espatriare sono in particolare i giovani (oltre il 44% nella fascia di età 25-39 anni), mentre la percentuale di ultracinquantenni si attesta al 15,7%, in diminuzione rispetto al 2012 (18%): è quanto si legge nel Rapporto italiani nel mondo 2015 curato dalla Fondazione Migrantes, che cita dati Istat. Per quanto concerne il titolo di studio, nel 29,9% dei casi gli individui che si trasferiscono all’estero hanno un diploma di scuola superiore, con una leggera prevalenza degli uomini (il 30,5% contro il 29,0% delle donne). In linea con il quadro nazionale, le donne si caratterizzano per uno svantaggio di genere maggiore in termini di livello di istruzione con il crescere dell’età, tanto che le ultrasessantacinquenni sono, per oltre un terzo dei casi, senza alcun titolo di studio e con la sola licenza elementare (36,2% contro il 31,2% degli uomini). Le regioni per le quali è più importante il flusso migratorio di cittadini italiani verso l’estero sono la Lombardia (16.325, pari al 19,9% del totale delle cancellazioni), il Lazio (7.861 pari al 9,6%), il Veneto (7.367, pari al 9,0%), la Sicilia (7.044 pari all’8,6%) e il Piemonte (5.969 pari al 7,3%). La quota più elevata di donne che espatria si attesta tra il 44,5% e il 43,7% e si registra a Trento, Bolzano e nel Lazio; la più bassa in Puglia (40,1%). Le prime cinque province di cancellazione sono Roma, Milano, Torino, Napoli e Varese, che nel complesso rappresentano circa il 26% delle migrazioni in uscita. Osservando i cittadini iscritti dall’estero, tornati in Italia nel 2013, risulta che sono anch’essi prevalentemente uomini (55,3%), hanno un’età mediana più elevata degli espatriati e compresa nella classe 35-39 anni, sono per la maggior parte celibi/nubili (54,5%) e hanno un titolo di studio basso. Il 31,2% dei cittadini italiani rimpatriati ha oltre 50 anni, percentuale che sale a 32,9% se si considerano i soli uomini; tale dato risulta in aumento se si confronta con quello del 2012, anno per il quale gli ultracinquantenni rientrati in Italia si sono attestati sul 30,6%. I rientri avvengono principalmente verso la Lombardia (4.921 pari al 17,3% del totale delle iscrizioni), la Sicilia (2.847 pari al 10%), il Lazio (2.776 pari al 9,8%), il Veneto (2.254 pari al 7,9%) e la Campania (2.199 pari al 7,7%). Le regioni per le quali è più elevata la percentuale di donne, rispetto agli uomini, che effettuano iscrizioni anagrafiche dall’estero sono l’Abruzzo (48%), il Veneto (47,3%) e il Molise (47,2%); d’altro canto la più bassa percentuale si registra in Basilicata (40,7%). A livello provinciale, i rimpatri avvengono principalmente verso Roma, Milano, Torino, Napoli e Firenze (per un totale del 24,6%).
MIGRANTES: CRESCE MOBILITA’ PER MOTIVI DI STUDIO
Nel Rapporto Italiani nel Mondo 2015 della Fondazione Migrantes vi sono molti contributi che, partendo da analisi statistiche, mettono a fuoco nodi problematici importanti per quanti desiderano accostarsi al tema della mobilità giovanile attuale in maniera scientifica e consapevole. Un primo aspetto da considerare è relativo all’aumento dei liceali che scelgono di fare un’esperienza di studio all’estero. Grazie al contributo di Intercultura – Associazione Onlus ed Ente Morale, rappresentante in Italia dall’AFS Intercultural Programs, organizzazione che promuove programmi scolastici internazionali in più di 60 Paesi di tutto il mondo – è possibile conoscere i numeri del fenomeno. La scomposizione in percentuale per continenti dei 1.800 studenti partiti con Intercultura per l’anno 2014-2015 – sottolinea il Rim 2015 - rileva quote di tutto rispetto per l’America latina (408; 22,9%) e l’Asia (236; 13,2%), numeri largamente superiori a quelli che la stessa Intercultura registrava nell’anno Duemila. Paesi come la Cina, l’India, la Malesia, il Costarica, l’Honduras e l’Ecuador si sono presentati nel panorama degli scambi con quote di partecipazione significative. A seguire le restanti aree continentali: Europa (602, 33,8%), Nord America (421; 23,6%), Oceania (92; 5,2%) e Africa (24; 1,3%). L’internazionalizzazione dei flussi per motivi di studio è in crescita anche per gli universitari che partecipano a programmi di scambio formativo (Erasmus e affini). Fra i laureati del 2014 coloro che hanno preso parte alla mobilità prevista dai programmi dell’Unione Europea sono l’8%, cui si aggiunge un ulteriore 2% che ha maturato un’esperienza di studio all’estero diversa ma comunque riconosciuta e un altro 3% che è partito su iniziativa personale.
MIGRANTES: CRESCE EMIGRAZIONE TRA LAUREATI
Il fenomeno dell’emigrazione per ragioni lavorative, tra i laureati, è tendenzialmente in crescita negli ultimi anni. L’ultimo rapporto AlmaLaurea conferma infatti un quadro occupazionale tuttora difficoltoso in Italia, pur rilevando, con esclusivo riferimento ai laureati ad un anno dal titolo, qualche timido segnale di ripresa: il tasso di disoccupazione figura infatti in leggera contrazione e le retribuzioni risultano in lieve aumento: è quanto si legge nel Rapporto italiani nel mondo 2015 curato dalla Fondazione Migrantes. Il titolo di studio posseduto risulta più efficace per chi si è trasferito all’estero. L’indice adottato da anni da AlmaLaurea combina due elementi relativi alla corrispondenza tra titolo e professione svolta: l’effettivo utilizzo delle competenze acquisite all’università e la richiesta (formale o sostanziale) della laurea per l’esercizio del lavoro. In particolare, le differenze più consistenti tra i laureati impiegati all’estero e quelli occupati in Italia riguardano le prospettive di guadagno (7,4 in media contro 6,2 su una scala 1-10) e di carriera (7,4 contro 6,3), la flessibilità dell’orario di lavoro (7,7 contro 6,9) e il prestigio che si riceve dal lavoro (7,6 contro 6,8). La rilevazione effettuata ad hoc da AlmaLaurea mette in evidenza che la gran parte (82%) degli intervistati ha trovato occupazione in Europa e un ulteriore 10% è invece oltreoceano, nel continente americano; marginali le quote di chi si trova in altre aree. Regno Unito (16,5%), Francia (14,5%), Germania (12%) e Svizzera (12%) risultano i paesi europei più attrattivi per motivi di lavoro. I laureati di secondo livello dichiarano di essersi trasferiti all’estero principalmente per mancanza di opportunità di lavoro in Italia (38%) e, in subordine, per aver ricevuto un’offerta interessante (in termini di retribuzione, prospettive di carriera e competenze tecniche o trasversali meglio valorizzate) da un’azienda o un ente estero (24%). Che mobilità richiami mobilità è confermato dal 16% dei laureati che ha dichiarato di essere rimasto o tornato per motivi di lavoro nello stesso paese estero dove aveva compiuto un’esperienza di studio (Erasmus o simile, preparazione della tesi, formazione post-laurea, ecc.). Un ulteriore 15% si è invece trasferito per motivi personali o familiari; infine, chi si è trasferito su richiesta dell’azienda presso cui stava lavorando in Italia ammonta al 7%. La prospettiva di rientro in Italia, nel medio termine (cinque anni), risulta modesta: il 42% dichiara che è molto improbabile a causa della grande incertezza rispetto al mercato del lavoro italiano. All’opposto, solo 1 su 9 è decisamente ottimista, ritenendo il rientro molto probabile; i restanti si dividono tra chi lo ritiene poco probabile (28%) e chi non è in grado di sbilanciarsi (18,5%). Per completare il quadro della mobilità giovanile è importante porre l’attenzione sulla situazione dei dottori di ricerca. È possibile riflettere sul tema grazie alle indagini condotte da AlmaLaurea su un sottoinsieme di università aderenti che rappresentano circa il 20% del complesso dei dottori italiani usciti ogni anno dal sistema formativo nazionale. L’analisi di Almalaurea mette in luce che si tratta di profili di alto livello, ovvero caratterizzati da performance di studio decisamente brillanti: il 72% ha conseguito la laurea con 110 o 110 e lode (il 28% tra i laureati); provengono da contesti familiari avvantaggiati (45% da famiglie con almeno un genitore laureato e 33% da famiglie abbienti, si tratta rispettivamente del 28% e del 22% tra i laureati). Inoltre, il 55% ha maturato esperienze di ricerca tra il conseguimento della laurea e l’inizio del dottorato ma, nonostante questo, il 51% consegue il titolo entro i 30 anni. Il 37% dei dottori ha passato un periodo di ricerca all’estero di almeno un mese (restano esclusi convegni, project meetings, ecc.): più nel dettaglio, il 22% vanta un periodo fra 1 e 6 mesi, il 15% oltre 6 mesi. Tutto ciò nonostante per 83 dottori su 100 l’esperienza all’estero non fosse obbligatoria (seppure con alcune interessanti differenze in termini di area disciplinare; l’obbligatorietà è infatti più consistente nelle aree umanistico-sociali). Sono prevalentemente i dottori di Scienze di base (ovvero scienze matematiche, chimiche, fisiche e scienze della terra, 18%), di Scienze umane (17%) e Ingegneria (16%) ad aver sperimentato periodi più lunghi di soggiorno all’estero (superiori ai 6 mesi). Ma cosa accade in termini occupazionali? All’aumentare del titolo di studio aumenta il tasso di occupazione: infatti, se per i laureati magistrali il tasso di occupazione è del 70%, per i dottori di ricerca è prossimo al 90%, ad un anno dal titolo. Se si considerano solo i cittadini italiani, il 90% dei dottori di ricerca risulta occupato in Italia, mentre il 10% lavora all’estero. Si osserva anche in questo caso una maggiore mobilità dei dottori rispetto ai laureati per motivi di lavoro oltre che per motivi di studio (si ricorda che la quota di laureati magistrali ad un anno dal titolo occupati all’estero è pari al 5%). I dottori che lavorano all’estero ad un anno dal titolo sono, prevalentemente, uomini, più giovani e provengono da contesti familiari più favoriti. A conferma che mobilità porta mobilità, decidono di trasferirsi all’estero soprattutto i dottori di ricerca in Scienze di base (18%) e Ingegneria (11%); per le altre macroaree i valori sono inferiori al 9%, addirittura si riducono al 6% nell’area in Scienze economico-giuridico-sociali. Il ramo di attività economica in istruzione e ricerca, coerentemente con gli studi dottorali compiuti, è il prevalente; resta pur sempre vero che all’estero è assorbito da tale settore il 55% dei dottori, 12 punti percentuali in più rispetto a quanto osservato in Italia. Ciò è vero in particolare per i dottori di ricerca di Scienze di base e di Ingegneria. Ad un anno dal dottorato ben 52 dottori su 100 risulta occupato all’estero come ricercatore o docente universitario, senza particolari differenze per macroarea, contro i 21 dottori su 100 osservati in Italia.
MIGRANTES: GIOVANI IN MOVIMENTO, DA “MILLENNIALS” A “EXPAT”
Chi sono i giovani che decidono non solo di investire in formazione guardando all’estero ma anche di cercare lavoro fuori dai confini nazionali? Esistono varie categorie sociologiche che li descrivono, come sottolinea il Rapporto italiani nel mondo 2015 curato dalla Fondazione Migrantes. La prima, la più generica, è costituita dai Millennials, una generazione istruita, la più istruita dal Secondo dopoguerra ad oggi; una generazione in possesso di qualificati titoli di studio post-laurea: corsi di specializzazione, master, dottorati di ricerca, certificazioni delle lingue, programmi di studio per scambi internazionali (Erasmus prima e ora addirittura Erasmus+). Ma al contempo sono anche la generazione più penalizzata dal punto di vista delle possibilità lavorative, sono i più esposti alla disoccupazione. Di fronte a questo triste paradosso, ovvero bravi e senza prospettive, una soluzione prospettata da molti Millennials è quella di non perdere tempo e partire, per poi eventualmente ritornare, nel caso si presentasse una buona e concreta occasione lavorativa: si forma, così, la sottocategoria degli Expat. Gli Expat sono i giovani in movimento della generazione dei Millennials, quelli che scelgono di emigrare. Potrebbe sembrare una storia già vissuta, in realtà le nuove emigrazioni italiane hanno caratteristiche differenti rispetto a quelle precedenti del XX secolo. Innanzitutto le valige degli Expat non sono più di cartone, ma soprattutto il capitale culturale di chi lascia l’Italia è molto elevato. Sono giovani istruiti, che hanno voglia di mettere a frutto concretamente le conoscenze apprese e che cercano una opportunità concreta e a breve termine per poterlo fare. Decidono pertanto di partire, la maggior parte resta nel nostro continente, altri si spingono oltre, in luoghi in cui hanno più possibilità di mettersi alla prova, di spendere le proprie competenze e di farsi apprezzare in azienda, nei centri di ricerca, di dare vita a una propria attività, di lavorare in team, di fare network, di essere promotori di innovazione sociale e tecnologica. Le nuove emigrazioni italiane sono costituite in larga parte da giovani cresciuti con il paradigma dell’euro-mobilità. Molti di loro hanno usufruito di programmi di scambio formativo fin dai tempi dell’università, esperienza, quest’ultima, riconosciuta da molti come fondamentale anche nella capacità di orientare la scelta futura di emigrare nuovamente in cerca di un’occupazione adeguata ai propri titoli di studio: vivono cioè l’emigrazione come un’opportunità, una carta importante da spendere. La meta preferita per i Millennials è l’Europa, già a partire dagli studi universitari. Sembrerebbe, dunque, che gli Expat siano euromobili, quindi favorevoli alla partenza, ma sono, in realtà, al tempo stesso frustrati dal non poter scegliere fino in fondo, dal non poter scegliere di “fare ciò che si vuole, dove si vuole”. Siamo di fronte a un universo molto eterogeneo perché se da una parte molti non hanno problemi ad emigrare, nello stesso tempo però, chi è partito, lamenta una forte nostalgia per la propria terra, per i legami sociali locali, anche se in pochi sarebbero disposti a tornare indietro, a casa.
MIGRANTES: DA VIERI A DEL PIERO, 1043 CALCIATORI ITALIANI ALL’ESTERO
Sono 1.043 i calciatori italiani che dall’inizio delle emigrazioni calcistiche hanno rappresentato l’Italia nello scacchiere del calcio professionistico mondiale. È quanto si legge nel Rapporto italiani nel mondo 2015 curato dalla Fondazione Migrantes. Nella sola stagione 2013-2014, ben 105 calciatori italiani hanno giocato nei campionati di 28 paesi diversi confrontandosi con 22 nuove lingue. Per aver militato in 16 squadre diverse, tra quelle italiane e estere, tale da meritarsi l’appellativo di zingaro del calcio, Christian Vieri (cresciuto nelle giovanili dei Marconi Stallions a Sydney) è stato sicuramente un esempio di “giocatore globale”. La presenza dei calciatori italiani in paesi come Israele, Filippine, Trinidad e Tobago, Vietnam, India, ecc. ha giustificato le parole di Alessandro Del Piero al suo arrivo in Australia nel 2012: “Cercavo qualcosa di nuovo, di diverso, che non avesse punti di contatto con il mio passato: un’esperienza davvero nuova. E l’ho trovata a Sydney”.
MIGRANTES: LE PROPOSTE DEL RIM 2015
“Ripensare l’associazionismo come molteplicità di luoghi”. È da diverso tempo che vengono avanzate richieste di una rilettura delle associazioni partendo dalla considerazione che queste, nelle loro caratteristiche attuali, non sono al passo con i tempi ma profondamente legate ad un passato e a una generazione destinata presto ad esaurirsi non fosse altro che per cause anagrafiche. È una delle proposte contenute nel Rapporto italiani nel mondo 2015 curato dalla Fondazione Migrantes. Le nuove generazioni, non identificandosi in esse, non vengono attirate ma al contrario sono allontanate con forza. Occorre ripensare all’associazionismo in un’ottica moderna e alla luce dell’evoluzione sociale. Essa deve diventare: un luogo culturale, dove la cultura non è meramente accademica ma è vita, storia; un luogo, quindi, di appartenenza per aiutare e sostenere una cittadinanza a distanza, globale, che valorizzi la persona e la sua storia linguistica, culturale e sociale; di conseguenza un luogo politico dove il tema della partecipazione, del voto, della tutela del lavoro e di quella dei diritti faccia evitare i sempre più ricorrenti strabismi politici, ideologici e i nazionalismi. Ancora, associazione quale luogo identitario in cui riconoscersi, costruire il proprio sé rispetto all’altro e con l’altro creando ponti istituzionali: un luogo di sussidiarietà e di solidarietà che accolga e accompagni, che sproni e che vigili, un luogo di azione e inter-azioni che stimoli a crescere, a impegnarsi attivamente e a fare sempre meglio. “Cittadinanza e partecipazione nell’universalità” è un’altra delle proposte contenute nel Rim 2015, ovvero legare il concetto di cittadinanza a quello di patria universale, di spazio cioè aperto alla partecipazione di tutti perché è di tutti e non di pochi. Cittadinanza diventa quindi partecipazione e coinvolgimento, dove il principio dell’aiuto e del sostegno sia fondamento per un cammino comune nel rispetto di ciascuno e nella produzione di ricchezze comuni e a cui tutti indistintamente possono accedere. Oggi, mentre crescono le migrazioni di tipo economico, la mobilità mette a rischio, ad esempio, i diritti fondamentali dei lavoratori che andranno tutelati con nuove formule che rispettino i diversi principi di spazio e tempo in cui ci ritroviamo a vivere. Occorre, perciò, impegnarsi alla costruzione di una Europa fondata sulle mobilità, come elemento che tiene insieme la “casa comune” sostituendosi a ciò che fino ad oggi hanno fatto il mercato e la moneta unica. Superando l’ottica economicistica bisogna riportare, quindi, l’uomo al centro della visione e dell’operato in modo che si arrivi a una cittadinanza che si allarghi e sia capace di estendere il principio di uguaglianza, di libertà e di fraternità e a una rappresentanza che sia effettivamente rappresentativa ed interpreti le necessità di tutti, anche dei bambini, dei giovani, degli anziani facendosi carico delle esigenze che maturano nei diversi contesti territoriali le quali, inevitabilmente, non sono mai uguali tra di loro. Il Rim 2015 propone inoltre un’idea della “pastorale come attenzione all’integralità della persona”. La pastorale della mobilità richiede oggi, oltre alla cura per l’amministrazione dei sacramenti, l’attenzione all’integralità della persona, nella sua piena e completa dignità. Una pastorale che sia attenta alla tutela dei diritti universali a seconda del ruolo preso in considerazione – donna, famiglia, lavoratore, anziano, pensionato, ecc. – e dei contesti specifici in cui ci si ritrova ad operare – città, posto di lavoro, scuola, amministrazione pubblica. La fede deve mantenersi come collante naturale di appartenenza al di là dei confini nazionali che si sono lasciati o entro i quali ci si ritrova a vivere. Non bisogna dimenticare mai che la religiosità popolare degli italiani è stata capace di creare identità senza chiusure, ghetti o ibridi. Essa è diventata forza propulsiva di integrazione che ha permesso ai nostri connazionali all’estero di sentirsi, a pieno titolo, non solo cittadini, ma anche fedeli laici attivi e partecipi alla vita ecclesiale della Madre Chiesa che non ha confini geografici, ma si apre all’universalismo dell’accoglienza: è cattolica di nome e di fatto. Uno dei luoghi dove rendere concreta la pastorale così concepita è la Missione Cattolica di Lingua Italiana (MCI) all’estero. Attualmente le MCI sono 366 presenti in 39 nazioni nei 5 continenti (dati aggiornati al 1 settembre 2015; si veda: www.lemissioni.net). Una rete sinergica che segue i cambiamenti e le evoluzioni del complesso tema sociale che è la mobilità umana. Basti pensare che gli oltre 670 operatori specificatamente al servizio degli italiani (laici/laiche consacrati e non, sacerdoti diocesani e religiosi, suore, sacerdoti in pensione) hanno iniziato ad operare in nuove realtà territoriali quali Hong Kong, la Finlandia, il Kazakistan e la Spagna, meta quest’ultima sempre più scelta dai giovani italiani che si spostano fuori dei confini nazionali. Il rapporto sottolinea inoltre la necessità di “nuovi occhi per guardare alla mobilità italiana”. Più volte la Migrantes ha richiamato la necessità di guardare alla mobilità italiana con nuovi occhi superando la necessità avvertita in partenza, ma sottolineando le opportunità che nascono dal confronto con altre realtà, dall’arricchimento che deriva dalla vicinanza col diverso.
MIGRANTES: NO A “STRABISMO” TRA EMIGRAZIONE E IMMIGRAZIONE
In questo momento l’Italia sta vivendo una nuova fase di partenze e arrivi: partenze di “migranti desideranti”, italiani ma anche di immigrati in Italia, tutti alla ricerca di migliori e più appetibili condizioni di vita e di lavoro e l’arrivo di richiedenti protezione internazionale con progetti migratori il più delle volte finalizzati al Nord Europa e che transitano solamente nei nostri territori chiedendo, al Belpaese, lo sforzo del primo soccorso o l’asilo. Bisogna tenere ben presente questa nuova stagione della mobilità, un corso nuovo che determina numeri diversi e storie nuove. È quanto si legge nel Rapporto italiani nel mondo 2015 curato dalla Fondazione Migrantes. “A tal proposito – si legge nel rapporto -, occorre con forza dire ‘no’ a una sorta di strabismo che oggi si rischia di avere nella lettura dei fenomeni migratori tale per cui si legge con un occhio l’emigrazione, dove viene fermamente affermata la tutela dei diritti, mentre dall’altro nel nostro Paese assistiamo ad un grave sfruttamento lavorativo degli immigrati. Un secondo “no” è quello contro il ritorno dei nazionalismi, con una grave penalizzazione dell’emigrazione italiana che significa la non tutela dei nostri giovani che vanno all’estero. Vi è poi, infine, il ‘no’ ad una integrazione schiacciata sull’assimilazione, perché oggi è sempre più importante creare insieme una nuova forma di meticciato, per non perdere la ricchezza culturale di origine, per creare legami diversi, arricchenti e realizzare forme nuove di scambi reciproci. In una Italia che da sempre è terra di spostamenti, di saluti e di accoglienze, la gratitudine si dispiega non solo nell’efficacia del soccorso prestato, ma nella capacità di solidarietà e di condivisione; la condivisione che annulla qualsiasi distanza tra il passato e il presente e che non porta a fare confronti, come recentemente invece sta sempre più spesso capitando in Italia. Il confronto continuo, cioè, tra quando eravamo noi i migranti, quando sono stati gli italiani le vittime di naufragi e l’Italia che si trova in questi mesi a raccogliere corpi senza vita dal Mediterraneo o ad accogliere diverse centinaia di profughi piegati e terrorizzati dalla guerra, dai cambiamenti climatici e dalla fame. Se la storia è davvero ‘maestra di vita’ – sottolinea la fondazione Migrantes -, oggi un tale confronto non ha alcun senso ma potrebbe averlo solo se a partire da esso si tiene presente che il vero fine dell’andare avanti nella riflessione sulle migrazioni, è riuscire a far sì che ci sia un giorno in cui la decisione di partire per ogni migrante derivi da una scelta e non da un obbligo”.
EMIGRAZIONE, PEREGO (MIGRANTES) : +50% IN 10 ANNI, SOPRATTUTTO GIOVANILE
"In questi dieci anni l'emigrazione italiana è cresciuta del 50% passando da 3 a 4,6 milioni persone che varcano i confini nazionali. C'è un'emigrazione soprattutto giovanile che riguarda non solo le regioni del sud Italia ma anche quelle del nord". A dirlo è monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della fondazione Migrantes, a margine della presentazione del Rapporto Italiani nel mondo 2015, arrivato quest'anno alla decima edizione. "L'emigrazione è cresciuta anche rispetto all' anno scorso passando da 94mila a 101mila persone" ha continuato il direttore generale della Migrantes sottolineando che "stiamo vivendo una nuova importante stagione dell'emigrazione italiana". Perego ricorda che "a fronte di un immigrato che arriva da noi ci sono tre giovani italiani che emigrano" e che quindi "il problema dell'Italia non è l'immigrazione ma l'emigrazione, che si delinea un problema sul piano politico, sociale e culturale".
EMIGRAZIONE, PEREGO (MIGRANTES) : RIPENSARE ASSOCIAZIONISMO SU PIANO POLITICO
"Sul piano politico occorre ripensare l'associazionismo e la rappresentanza degli italiani nel mondo come elemento importante per non lasciare soli i nostri connazionali emigrati e per valorizzare l'emigrazione come ponte tra l'Italia e i Paesi di arrivo". Lo ha detto monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della fondazione Migrantes, a margine della presentazione del Rapporto Italiani nel mondo 2015, arrivato quest'anno alla decima edizione.
EMIGRAZIONE, PEREGO (MIGRANTES) : TEMA CITTADINANZA E' GLOBALE
"Un tema che il Rapporto Italiani nel mondo affronta è quello della cittadinanza degli italiani all'estero: il rischio che corriamo è quello di ridurre questo tema solo a ragioni di sicurezza mentre l'emigrazione aiuta ad allargare la cittadinanza e a trasformarla da tema locale e europeo e globale". Lo ha affermato monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della fondazione Migrantes, a margine della presentazione del Rapporto Italiani nel mondo 2015, arrivato quest'anno alla decima edizione.
EMIGRAZIONE, PEREGO (MIGRANTES) : NOSTRO RUOLO E' ACCOMPAGNARE NUOVI EMIGRANTI
"Per quanto riguarda l'aspetto ecclesiale, un tema di fronte al quale il Rapporto Italiani nel mondo ci pone è quello di riprendere e continuare l'accompagnamento dei nuovi emigranti anche sul piano religioso con le nostre 400 missioni all' estero e i 670 operatori coinvolti". Così monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della fondazione Migrantes, a margine della presentazione del Rapporto Italiani nel mondo 2015, arrivato quest'anno alla decima edizione. Un accompagnamento per far vivere "l'emigrazione anche all'interno di un esperienza di fede e di comunità - ha continuato Perego - affinché la partenza non significhi la rottura di questo legame".
MIGRANTI, PEREGO (MIGRANTES) : DELETERIA DISTINZIONE TRA FORZATI ED ECONOMICI
"La distinzione tra migrante forzato e quello economico rischia di essere deleteria quando non si rispettano i diritti fondamenti delle persone". Lo ha detto monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della fondazione Migrantes, a margine della presentazione del Rapporto Italiani nel mondo 2015, arrivato quest'anno alla decima edizione. "Questo rapporto - ha sottolineato Perego - mette al centro la necessità di rispettare la dignità delle persone, e come fondazione Migrantes affrontiamo le diverse facce e i diversi volti dei migranti cogliendo sempre lo stesso volto, e cioè quello di una persona, di una famiglia e di un lavoratore che va sempre accompagnato".
EMIGRAZIONE, DI TORA (MIGRANTES) : ITALIANI NON HANNO SMESSO DI PARTIRE
Il Rapporto Italiani nel mondo "è uno strumento culturale voluto dalla Chiesa italiana e affidato alla fondazione Migrantes, che ci mostra come l'emigrazione sia un movimento globale e che gli italiani non hanno mai smesso di partire". Così monsignor Guerino Di Tora, presidente della fondazione Migrantes, durante la presentazione del Rapporto Italiani nel mondo 2015, arrivato quest'anno alla decima edizione. Di Tora, affermando che la "persona in cammino è al centro del nostro pensiero" ha sottolineato che "l'Italia continua a cambiare" e si dice pronto, come fondazione, "a camminare sempre accanto al migrante: è un compito che portiamo avanti con serietà collaborando con altri attori e ponendoci come interlocutori attivi".
EMIGRAZIONE, MIGRANTES: CRESCIUTA QUELLA EUROAMERICANA
"Dal 2006 al 2015 l'emigrazione italiana è cresciuta del quasi 50% crescendo soprattutto in Europa ma anche in Argentina e in Brasile". Lo ha sottolineato Delfina Licata, curatrice della decima edizione del Rapporto Italiani nel mondo, presentato dalla fondazione Migrantes. "I dati del rapporto - ha continuato Licata - ci restituiscono la fotografia di un'Italia intera in movimento, in un mondo caratterizzato dalla mobilità che in 10 anni è cambiata e che chiede quindi un'attenzione diversa". Affermando che il Rapporto, in dieci anni, ha raccolto "4891 pagine, 440 saggi e 516 autori" la professoressa ha ricordato che le fonti principali sono state l'Aire (l' anagrafe degli italiani residenti all' estero), l'Istat e l'annuario statistico del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.
EMIGRAZIONE, MICHELONI (PD) : DONNE HANNO CONTRIBUITO A INTEGRAZIONE
"Se dobbiamo ringraziare qualcuno di aver contributo all' integrazione degli italiani all'estero, dobbiamo ringraziare le donne, le nostre mamme e le nostre nonne". Così il senatore del Pd eletto all' estero, Claudio Micheloni, intervenendo alla presentazione della decima edizione del Rapporto Italiani nel mondo, presentato dalla fondazione Migrantes. "Dimentichiamo, soprattutto in Europa, l'importanza del loro lavoro - ha continuato Micheloni - e che la storia dell'emigrazione è stata possibile perché sono arrivate le donne che hanno cambiato il rapporto dei nostri padri con il territorio di accoglienza".
EMIGRAZIONE, MICHELONI (PD): POPOLO MIGRANTE CI METTE DAVANTI A RESPONSABILITÀ
"Il popolo migrante ci mette davanti alle nostre responsabilità; è lo specchio della nostra cattiva coscienza". Lo ha affermato il senatore del Pd eletto all'estero, Claudio Micheloni, intervenendo alla presentazione della decima edizione del Rapporto Italiani nel mondo, presentato dalla fondazione Migrantes. "L'emigrato ci mette di fronte all' organizzazione del nostro Paese" ha detto Micheloni sottolineando l'importanza "della nostra memoria e della nostra storia: per questo abbiamo convocato il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini al Comitato per le questioni degli italiani all'estero del Senato, per affrontare il tema dell'insegnamento dell' emigrazione nelle scuole italiane".
EMIGRAZIONE, NISSOLI (PI) : RAPPORTO ITALIANI NEL MONDO E' STRUMENTO PREZIOSO
"Oggi è stato presentato il decimo Rapporto italiani nel mondo della Migrantes. Si tratta di uno studio che è sempre più apprezzato da studiosi ed operatori in un contesto dove l' emigrazione si trasforma seguendo i cambiamenti in atto a livello globale e nel nostro Paese". Lo ha dichiarato la deputata Fucsia FitzGerald Nissoli (PI) dopo aver ascoltato la presentazione del volume della Migrantes, alla Domus Mariae, in Roma. "Gli italiani - ha proseguito la deputata eletta nella ripartizione America Settentrionale e Centrale - non hanno mai smesso di partire e di conseguenza siamo chiamati ad avere una attenzione particolare nei loro confronti così come la si sta avendo per i nuovi italiani, frutto dei processi immigratori. In questo contesto la cittadinanza è l' elemento centrale di collegamento, assieme alla cultura e mi piace ricordarlo proprio mentre proprio mentre l ' Aula di Montecitorio si appresta ad esaminare il Disegno di Legge sulla cittadinanza". "Penso - ha concluso Nissoli - che questo Rapporto sarà molto utile anche ai parlamentari, perché leggendolo potranno farsi una idea della complessità e dell' attualità dell' emigrazione italiana nel mondo e di come questa rappresenti una risorsa".
EMIGRAZIONE, DI BIAGIO (AP): NON PREOCCUPANO DATI ESODO ITALIANI MA IL NON RIENTRO
"I dati che emergono dal decimo Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes tracciano certamente un quadro interessante per il futuro del Paese che vede l'incremento del 7,6% dell'esodo di cittadini italiani verso l'estero di cui il 35,8% sono giovani laureati e diplomati. Sicuramente non è l'incremento dell'esodo a destare preoccupazioni quanto invece alcune variabili collegate ad esso che dovrebbero indurre ad una riflessione sistemica più ampia". E' quanto dichiara Aldo Di Biagio, senatore di AP in una nota. "L'incremento del numero dei cittadini che emigra rientra in uno scenario di comprensibile dinamicità del mondo del lavoro soprattutto sul versante europeo - spiega - che non può che essere inquadrato come un dato armonico con quanto registrato anche in altre Paesi UE. Ciò che fa riflettere sta nel fatto che molti dei giovani migranti non rientrano più in Italia probabilmente perché l'esperienza maturata oltre confine non trova un ambiente valorizzante in patria". "A questo elemento - continua Di Biagio - bisogna poi aggiungere il fatto che a differenza di altri Paesi europei, di indiscutibile appeal migratorio, l'Italia continua ad essere una terra di transito e l'esperienza migratoria extrauropea degli ultimi mesi ne rappresenta la metafora per eccellenza". Di Biagio conclude: "Credo che per ripensare al ruolo dell'Italia in uno scenario europeo non si possa prescindere dall'analisi del quadro delle dinamiche migratorie che lo interessano e che evidenziano certamente una sproporzione nel transito dei flussi a cui bisogna rispondere con quelle riforme strutturali che si fa tanto fatica ad approvare".
(6 ottobre 2015)
(© 9Colonne - citare la fonte)