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Montecitorio
Sceming

di Arnaldo di Latebiosa

(6 febbraio 2020) Abbiamo appreso che la tutela alle vittime di bullismo si arricchisce ora, come ulteriore strumento, di un numero telefonico. Il fine è indiscutibile, ma resta da chiedersi se il mezzo cui si è fatto ricorso, addirittura una Legge ordinaria dello Stato, approvata nei giorni scorsi da un ramo del Parlamento, risulti per caso sproporzionato. L’attivazione di una linea telefonica, per noi privati cittadini, ad esempio, mica richiede un atto notarile. Fuor di paragone, predisporre un numero telefonico a tutela di una determinata categoria rientra perfettamente nelle prerogative degli uffici pubblici che di tale categoria si prendono cura, senza bisogno del Parlamento, ancorché certamente entro il limite dei fondi da quest’ultimo stanziati in legge finanziaria. Insomma difficile immaginare chi, contro l’attivazione della linea telefonica, intimerebbe ai suddetti uffici pubblici un’altolà, sul presupposto che occorreva il previo intervento del Legislatore! Il quale mantiene pur sempre, come prerogativa, l’interpellanza e l’interrogazione, per esortare gli uffici pubblici, ed in definitiva anche la sfiducia contro il governo che si rifiutasse di incalzarli. Ma sostituirsi a questo o a quelli ci sembra, per il Parlamento, contrario anzitutto al principio di sussidiarietà oltre che inutile, o meglio illusorio, per non dire infantile: il dirigente statale o il ministro di turno potranno infatti comunque arroccarsi indefinitamente dietro la solidissima ammuina, specie dinanzi a comandi contenenti termini così giuridicamente indeterminati quali “servizio di messaggistica istantanea” o “versione smartphone” come appunto ne contiene la Legge in questione.
E non basta. Del numero telefonico a disposizione delle vittime, le legge si è spinta finanche ad indicare quale, così apparentemente richiedendosi in futuro, per modificare di esso anche solo una singola cifra, addirittura un emendamento, un nuovo intervento del Parlamento dunque. Sembra a questo punto quasi una negligenza l’aver invece omesso, nella legge, di indicare quali tasti premere per accedere alle varie opzioni del sopra indicato servizio di messaggistica istantanea.
Inoltre, nell’iter parlamentare di una legge è indispensabile, per carità, la voce di coloro cui essa si rivolge, nella fattispecie le persone derise per il proprio aspetto fisico, fra cui a quanto pare rientra un parlamentare, l’On. Filippo Sensi: ma a tal fine soccorrono le sedute in Commissione; in Aula tutto ciò forse lo si potrebbe dare per acquisito ed i nostri rappresentanti il tempo a disposizione potrebbero impiegarlo per ragionamenti politici anziché per affermazioni tipo “io sono stato un cicciabomba, un panzone, un trippone e una palla di lardo”.
Fra l’altro un parlamentare con il passato da obeso è competente, in materia di obesità, in modo assai diverso da come un parlamentare, poniamo, musicista, o uno sportivo, lo sono nelle rispettive discipline. Altrimenti, nel dibattito sul soccorso telefonico per i suicidi, anziché ad un medico, si darà ascolto in aula ad un parlamentare tentato suicida? Eppure, il precedente a quanto pare istituito dall’Onorevole Sensi auspichiamo si consolidi: in occasione della prossima legge sul recupero dalla tossicodipendenza il Presidente dell’Aula potrebbe ad esempio esortare a prendere la parola i parlamentari, e da più parti si ritiene ve ne siano, che di tali sostanze fanno uso. Un gesto siffatto meriterebbe sì di essere “applauditissimo” e ben altrimenti che lo pseudo coraggio mostrato dall’Onorevole Sensi in relazione al ‘bodyshaming’.


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