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Quota 100, un addio
con pochi rimpianti

Quota 100, un addio <BR> con pochi rimpianti

di Paolo Pagliaro

Sta per finire l'avventura triennale di quota 100, la riforma fortissimamente voluta dalla Lega che consente di andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi. Ci si aspettava che ne approfittassero un milione di persone aprendo le porte all'assunzione di altrettanti giovani. Il bilancio è molto più modesto. Incrociando i dati di Inps, Banca d'Italia e Corte dei conti risulta infatti che i neopensionati con il meccanismo di quota 100 siano stati finora circa 340 mila a fronte di 135 mila nuovi assunti.

È dunque con un tasso di sostituzione del 40% e con un saldo per l'occupazione addirittura negativo.

Come racconta oggi Ferruccio De Bortoli sul Corriere Economia, ci sono stati settori come quello bancario che hanno usato la riforma per sfoltire gli organici. A fronte di quota 100, per i giovani - scrive De Bortoli - l' orizzonte previdenziale è quota zero, nel senso che molti di loro hanno ormai la consapevolezza che una pensione adeguata non l'avranno mai. Servirebbe una cultura della previdenza complementare che in Italia stenta ad affermarsi anche per la miopia e la bramosia di parte del mondo finanziario e assicurativo.

Ci si congeda dunque da quota 100 con pochi rimpianti. Secondo i calcoli della Ragioneria, nel 2028 la riforma sarà costata alle casse pubbliche 46 miliardi. Nel frattempo, messe a punto nuove forme di flessibilità per chi fa i lavori più duri, saremo tornati alla riforma Fornero, l'unica in grado di garantire la sopravvivenza del sistema pensionistico quando, tra poco, il numero dei pensionati avrà superato quello di chi lavora.

(© 9Colonne - citare la fonte)