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direttore Paolo Pagliaro

L’integrazione
silenziosa 

L’integrazione <BR> silenziosa 

di Paolo Pagliaro

Poiché non ci sono elezioni alle porte, si parla poco di immigrati. Eppure le notizie non mancano. La più significativa è che sono diventati un milione e mezzo gli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Erano meno di 300 mila al censimento del 2001. I più numerosi sono di origine albanese e marocchina, seguiti da romeni, brasiliani, indiani, argentini, peruviani, tunisini, francesi e macedoni. Ci sono pochi cinesi perché Pechino non consente il doppio passaporto. Questa integrazione silenziosa che Cinzia Conti, Enrico Tucci e Salvatore Strozza analizzano in un volume del Mulino dal titolo “Nuovi cittadini” - compensa almeno in parte il nostro calo demografico. 
Un calo che in Europa penalizza soprattutto l’Italia. Negli ultimi due anni il nostro paese ha perso oltre mezzo milione di residenti, il Regno Unito ne ha guadagnati 600mila, la Spagna 400mila, la Francia 300mila, la Germania poco più di 100mila. 
Sul quotidiano Domani l’economista Innocenzo Cipolletta scrive che una delle prime cose da fare è avviare una politica per l'immigrazione fatta di processi di integrazione, piuttosto che di respingimenti e di concentramento in campi profughi. Si tratta di colmare, con il deficit demografico, anche i vuoti che penalizzano il sistema economico. Nei cantieri mancano almeno 100 mila addetti per realizzare i progetti del Revovery Plan e nei campi un prodotto su quattro “viene raccolto da mani straniere”, per usare il linguaggio della Coldiretti. In virtù del nuovo decreto flussi saranno consentiti 81.000 nuovi ingressi rispetto ai 31.000 dei precedenti anni. Ma la realtà dei fatti imporrebbe una pianificazione più robusta e strutturale, un corridoio permanente. Scrive Neodemos che se la parola migranti spaventa, possiamo chiamarle risorse umane aggiuntive.

(© 9Colonne - citare la fonte)