di Paolo Pagliaro
Cittadini, imprese, comuni possono associarsi per produrre localmente, attraverso fonti rinnovabili, l'energia necessaria al proprio fabbisogno, condividendola e traendone benefici economici e ambientali. Si chiamano comunità energetiche, in Germania sono 1750, in Francia 70 e in Italia 20 , ma da quest’anno sono destinate rapidamente ad aumentare grazie al Piano di Ripresa che per incentivarle stanzia due miliardi.
In un rapporto – “Orange book” , curato da Rse e Utilitalia - che verrà presentato domani, si spiega perché le comunità possono essere un mezzo per ovviare al problema della povertà energetica, che riguarda oltre due milioni di famiglie, l’11% della popolazione. Grazie soprattutto ai pannelli solari, ma anche a piccoli impianti idroelettrici e a biogas, si produce ciò che si consuma e se la produzione è in eccesso si cede o si accumula ciò di cui non si ha bisogno.
Proprio ieri la Lombardia ha approvato la legge che promuove l’autoconsumo dell’energia rinnovabile, lo stesso si annuncia in Umbria, mentre nuovi progetti stanno prendendo il via in Sardegna Puglia, Sicilia e Veneto.
Il prototipo di un’efficiente comunità energetica si trova in Val di Funes, Alto Adige, dove l’energia viene prodotta da tre piccole centrali idroelettriche, un impianto fotovoltaico e da due impianti di teleriscaldamento a biomassa. Riuniti in cooperativa, i 2.600 abitanti hanno reso la valle capace di produrre più energia elettrica di quella consumata. Ciò che resta è immesso nella rete nazionale e i ricavi diventano investimenti per nuovi impianti. Funziona così dal 1921.