di Paolo Pagliaro
(18 febbraio 2022) Dopo aver varato nuove costose misure contro il caro bollette, il governo sarà indotto a ripensare ai suoi rapporti con le grandi aziende pubbliche che si occupano di distribuire gas ed elettricità. E si chiederà, forse, se sia stato giusto utilizzare Snam e Terna come bancomat per il fabbisogno del Tesoro invece di lasciare che investissero i loro ingenti profitti nel potenziamento delle reti e nell’efficientamento dei servizi resi a cittadini e imprese.
Ieri su Milano Finanza abbiamo letto che in dieci anni Snam ha distribuito dividendi per 8 miliardi e mezzo, Terna per 4,7. Ma nel frattempo, a causa anche dell’invecchiamento degli impianti, l’Italia è scivolata al 44mo posto su 63 paesi nella graduatoria mondiale della competitività, mentre per infrastrutture di distribuzione di energia è scesa addirittura al 52° posto.
Riccardo Gallo, presidente dell'Osservatorio sulle Imprese della Facoltà di Ingegneria della Sapienza, fa notare che il livello abnorme di utili fatti registrare da Snam e Terna, senza nulla togliere alla capacità degli amministratori, nasce da regolazioni tariffarie obiettivamente generose. In sostanza i consumatori sono stati costretti in questi anni a fare un prestito forzoso con la prospettiva di poter un giorno contare su reti e servizi moderni, efficienti e a un prezzo onesto.
Gallo si attende che a metà marzo, quando si riuniranno i consigli di Snam e di Terna, ci sia finalmente la svolta: meno dividendi e più investimenti.