di Paolo Pagliaro
Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria saranno i primi paesi ad accogliere gli ucraini in fuga. Ma non saranno i soli. Oggi il Consiglio europeo ha chiesto anche gli altri di aprire le loro frontiere.
L’ultima volta che l’Italia ha dovuto misurarsi con un’emergenza rifugiati è stato lo scorso agosto, quando da Kabul arrivarono a Roma 5 mila afghani. Alcuni di loro erano collaboratori della nostra ambasciata, gli altri, la maggioranza, erano civili in fuga dalle rappresaglie talebane. In Europa, dopo la Gran Bretagna, l’Italia fu il paese che ne accolse di più. Non era stato così in passato, perché in valori assoluti, tra il 2011 e il 2020 era stata la Germania il Paese il paese più ospitale, con oltre 700 mila ingressi.
A distanza di sette mesi, il Post è andato a verificare quale è stata la sorte dei 5 mila afghani arrivati a Roma in agosto e ha accertato che 3 mila si trovano ancora nei Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas). Chi ci lavora li chiama parcheggi perché garantiscono soltanto i servizi minimi: un letto, tre pasti al giorno, un bagno pulito, una piccola somma per acquisti personali. Altri profughi, circa un migliaio sono stati invece più fortunati, perché hanno trovato posto in un centro della Rete Sai, gestita dai Comuni, che garantiscono l’accesso ai servizi, all’istruzione e alle opportunità di lavoro. Infine ci sono circa mille afghani che mancano all’appello probabilmente perché hanno raggiunto parenti e amici in altri paesi europei.
Pochi giorni fa sei città - Bari, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino – hanno firmato un patto per favorire l’integrazione sociale, culturale ed economica delle persone rifugiate. Ma se le dimensioni dell’esodo ucraino saranno quelle ipotizzate in queste ore, e dunque nell’ordine dei milioni, le capacità di accoglienza e integrazione saranno messe a dura prova. (24 feb)