di Paolo Pagliaro
Ci sono tra i venti e i trenta milioni di russi che vivono al di fuori dei confini della Federazione russa. La maggior parte si trova in Paesi che facevano parte dell’Unione Sovietica, come l’Ucraina. Ma ci sono un milione di russi anche in Israele e tre milioni negli Stati Uniti. La logica della guerra rischia di trasformarli in altrettanti nemici dell’occidente mentre in molti casi sono essi stessi vittime dell’autocrate insediato al Cremlino. Come d’altra parte le migliaia di cittadini di Mosca o San Pietroburgo che ogni giorno finiscono in carcere per aver protestato contro l’invasione dell’Ucraina.
“Punire Putin e non la Russia”, titolava ieri lo Spiegel dando voce al timore, condiviso in Europa dagli osservatori più avveduti, che la battaglia di Kiev possa diventare uno scontro di civiltà o di opposti nazionalismi. Non è una buona notizia il fatto che la piattaforma americana online Coursera, 140 milioni di utenti, abbia sospeso i corsi di lingua e letteratura russa. Così come non lo sono state le iniziative di un’università milanese addirittura contro Dostoevskij
Ci sono 40 mila russi anche in Italia e oggi l’Avvenire dà conto delle divisioni al loro interno e in molti casi di un dissenso spesso radicale con le politiche di Putin. Il messaggio è semplice: un conto è il popolo, un altro il Cremlino. L’associazione Italia-Russia di Milano ha sospeso tutte le attività. “Siamo in lutto – spiega la sua portavoce - per l’atrocità della guerra, per la popolazione ucraina, per i russi che rischiano la libertà e la vita dissentendo dall’operato di Putin, e siamo in lutto per la cultura russa che questa guerra scellerata sta offendendo e umiliando”.