di Paolo Pagliaro
Tra i meriti di Julian Assange, il giornalista inventore di WikiLeaks che ora rischia di finire i suoi giorni in una prigione degli Stati Uniti, c’è quello di averci spiegato – in tempi non sospetti – come nacque la dipendenza italiana dal gas russo.
Nell’inverno 2010, tra le migliaia di file riservati pubblicati da WikiLeaks, c’erano anche numerosi cablo in cui i diplomatici americani in Italia e in Georgia informavano il loro governo che le relazioni tra Berlusconi e Putim erano straordinariamente strette, così strette da includere generosi regali e lucrosi contratti in campo energetico.
Ma lucrosi per chi? Non certo per i consumatori italiani. Il 3 dicembre 2010, sul Corriere della Sera, il vicedirettore Massimo Mucchetti pose il problema chiedendosi perché si volevano raddoppiare le importazioni dalla Russia quando c’era nel mondo tanto gas più conveniente.
Scriveva Mucchetti che l'amicizia speciale tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin aveva distorto a favore del Cremlino gli storici rapporti tra Eni e Gazprom. Il rischio, rischio serio e grave, era che l'Eni, allora guidata da Paolo Scaroni, potesse subordinare le sue scelte strategiche verso il grande fornitore russo ad accordi opachi, raggiunti a quattr'occhi tra il premier italiano, formatosi alla scuola della tv commerciale, e il nuovo zar, addestrato dalla scuola del Kgb. Con ricche prebende per improbabili mediatori.
Draghi l’altro giorno si è chiesto perché la quota di gas russo è aumentata molto negli ultimi 15 anni. Una risposta la potrà trovare nei file di WìkiLeaks. E nello spirito della ritrovata solidarietà atlantica potrà chiedere la grazia per Julian Assange, che ci ha aperto gli occhi.