di Paolo Pagliaro
Tra il materiale che l’Italia potrebbe presto trasferire in Ucraina c’è un oggetto che si spera resti a lungo inutilizzato. Si tratta di un drone per la ricerca e la localizzazione delle sorgenti radioattive, utile in casi di emergenza radiologica e nucleare. Lo ha messo a punto l’Enea e lo scopo è di consentire la misurazione delle radiazioni ionizzanti in una specifica area senza esporre alla contaminazione radioattiva eventuali tecnici e soccorritori.
Grazie a un algoritmo, il drone è in grado di individuare in maniera selettiva l’area contaminata, riducendo i tempi di ricerca e localizzazione delle sorgenti.
La nuova tecnologia è stata presentata ieri sulla pagina facebook di Roma Drone, canale in streaming specializzato in normativa, tecnologia e mercato dei droni.
Nelle stesse ore in cui Enea presentava il suo prototipo, Greenpeace International spiegava, sulla base di una nuova mappatura e analisi tecnica, perché il rischio di un incidente nucleare in Ucraina non è mai stato così alto. Ci sono truppe e attrezzature militari a poca distanza da ciascuno dei 15 reattori nucleari del Paese. Perché ci sia un rilascio importane di radioattività nell’ambiente non occorre che le centrali vengano bombardate: è sufficiente che venga danneggiata la rete di alimentazione elettrica. Verrebbe così compromesso il funzionamento dei sistemi che raffreddano l’acqua delle vasche e permettono di tenere sotto controllo la temperatura dei reattori, evitando che si diffonda materiale radioattivo. Il tipo di incidente che si verificò nel 2011 a Fukushima.
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