di Paolo Pagliaro
Tra Piano Nazionale di Ripresa e fondi della politica di coesione, da fine 2021 al 2029 all’Italia arriveranno 484 miliardi di risorse straordinarie ed aggiuntive. In media 54 miliardi l’anno, una quantità di denaro senza precedenti che dovrà servire, tra l’altro, a ridurre il divario tra il Nord e il Sud del Paese.
È un obiettivo che ha a che fare, oltre che con la qualità della vita di chi risiede nel Mezzogiorno, anche con la competitività dell’Italia nel confronto internazionale.
La legge impone di trasferire alle regioni del Sud il 40% delle risorse stanziate dal Piano. Un obbligo che sono tenuti a rispettare anche i singoli ministeri, nell’ambito degli investimenti di loro competenza. Lo stanno rispettando più o meno tutti, ad eccezione dei due guidati dai leghisti Giorgetti e Garavaglia, che sono in assoluto i più distanti dall’obiettivo. Il primo, titolare del ministero dello sviluppo economico, ha finora destinato al Sud circa il 25% delle risorse con destinazione territoriale. Il ministero del turismo, affidato a Garavaglia, fa leggermente meglio ma non raggiunge comunque il 29%.
Il monitoraggio, che si deve alla Fondazione Openpolis, rivela che si avvicinano al 40% ma non lo raggiungono anche due ministeri a guida Pd: Andrea Orlando con il ministero del lavoro è fermo al 37%, Dario Franceschini e il ministero della cultura sono al 38,4. I ministri pià attenti alle esigenze del sud si sono rivelati finora quelli di Forza Italia, Brunetta, Gelmini e Carfagna. Ma quest’ultima è sensibile per legge, essendo ministro per il Sud.
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