di Paolo Pagliaro
A cent’anni dalla marcia su Roma, Mussolini resta una garanzia di successo editoriale: il suo nome è al centro di una fiorente industria, che non fa capo ai suoi ammiratori, ma al circuito culturale ufficiale. Si stampano tanti libri su di lui e il suo nome in copertina promette sempre buone vendite. Le ragioni vengono spiegate da Sergio Rizzo e Alessandro Campi nel saggio “L’ombra lunga del fascismo” pubblicato da Solferino. L’Italia è ancora ferma a Mussolini perché nella cultura popolare è prevalsa una interpretazione del fascismo bonaria, edulcorante, giustificatoria e minimalista, e per molti altri motivi elencati dai due autori.
Il principale è che nulla sarebbe potuto accadere senza la collaborazione attiva, il sostegno o, magari, il silenzio complice e opportunistico di milioni di uomini e donne. Il fascismo l’abbiamo inventato noi italiani. E toccherebbe dunque a noi farci i conti senza indulgenze. Se non è accaduto è per quella scelta di continuità che il libro di Rizzo e Campi illustra nei suoi vari aspetti.
Sono nel segno della continuità anche i fatti raccontati da Mirella Serri, che indaga sulle radici fasciste del maschilismo italiano. Certo, c’è la raffica di leggi e restrizioni del ventennio, ma in “Mussolini ha fatto tanto per le donne”, editore Longanesi, Serri ci ricorda anche che l’abolizione del reato di adulterio arriverà nel 1968, l’introduzione del divorzio nel 1970, la riforma del diritto di famiglia nel 1975, l’aborto sarà legalizzato nel 1978 e le disposizioni sul delitto d’onore saranno abrogate solo il 5 agosto 1981. Il maschilismo italiano ha radici fasciste, ma la democrazia ci ha messo un bel po’ per estirparle