di Paolo Pagliaro
Ci sono comportamenti virtuosi che consentono di risparmiare energia e denaro: chi vuol sapere come fare può utilmente seguire i dieci consigli dell’Enea. Ma un cambio di passo sarebbe necessario anche per quanto riguarda i consumi alimentari, visto che continuiamo a sprecare enormi quantità di cibo. L’anno scorso in Europa il cibo finito nei cassonetti ha addirittura superato quello importato: 153 milioni di tonnellate contro 138. Oggi il quotidiano digitale Il Fatto Alimentare pubblica un rapporto dell’associazione Feedback EU, presente in 20 paesi, secondo cui lo spreco di cibo, che interessa circa un quinto di quello che viene prodotto, costa ai cittadini europei 143 miliardi di euro, ed è associato al 6% delle emissioni di gas serra dell’Unione. Sono cifre non più tollerabili, anche senza scomodare l’etica, in un momento in cui tutto il mondo fa i conti con i cambiamenti climatici e la crisi alimentare innescata dalla guerra e dall’impazzimento dei costi energetici. Il rapporto cita aziende grandi e piccole che da tempo hanno intrapreso la strada del risparmio, dalla mensa di Ostenda che in un anno ha eliminato il 40% degli sprechi all’albergo di Varsavia che ne ha tagliati la metà.
In Italia ogni persona butta via in media 31 chili di cibo all’anno. Lo spreco domestico vale 7 miliardi e mezzo di euro, che diventano 11 se si aggiungono gli sprechi cosiddetti di filiera, cioè nelle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione. La Francia ha reso obbligatorio il recupero di ciò che rimane invenduto nei supermercati, in Italia le donazioni sono volontarie. Se non si sprecasse, forse il cibo ci sarebbe per tutti.